Vivete in coppia? State attente ai quattro cavalieri dell’Apocalisse
C’erano una volta (anzi, secondo le sacre scritture, ci saranno – ahinoi -in futuro) i Quattro cavalieri dell’Apocalisse, ovvero i portatori di punizioni divine che precederanno il Giudizio Universale: i loro terrificanti nomi sono Guerra, Pestilenza, Carestia e Morte. Ma, senza scomodare scenari così catastrofici, pare che di cavalieri altrettanto temibili ce ne siano altri quattro, dai nomi meno paurosi, più vicini a noi e capaci di distruggere non il mondo, bensì l’amore. Secondo i ricercatori americani John Mordecai Gottman e Julie Schwartz Gottman, marito e moglie, nonché coautori del saggio Dieci principi per una terapia di coppia efficace, edito da Raffaello Cortina, essi incombono su ogni coppia e sono i precursori della rottura relazionale e del divorzio. Ecco quali sono, perché riconoscerli (e riconoscersi in essi) può aiutarci a evitarli e quindi a salvare l’unione di coppia.
1. LA CRITICA
è il primo cavaliere. Viene usata da un partner per attaccare e incolpare l’altro in presenza di un problema. In genere viene mossa a partire da un comportamento per poi venire estesa ad aspetti caratteriali dell’altra persona. “Hai dimenticato di fare la spesa: sei uno smemorato buono a nulla”. Dunque una semplice lamentela per un atteggiamento circostanziato, degenera in una vera e propria svalutazione della persona, minacciando l’idea che la persona ha di se stessa, la sua autostima, e non ha quindi alcun utilità in termini di crescita e miglioramento personale, ne tanto meno giova al rapporto a due. A volte chi critica il partner è mosso dalla convinzione di aiutarlo a capire ciò che sbaglia al fine di migliorarsi. Ma nella realtà, la critica viene quasi sempre percepita come una forma di disprezzo, più che di aiuto amorevole. Quindi, se resta inevitabile nella vita a due far notare all’altro comportamenti occasionali che non si apprezzano, non è mai opportuno aggiungere commenti e giudizi di valore sulla persona. Se si tende a ricondurre un problema ai difetti del partner, la relazione rischia il naufragio.
2. LA DIFESA
è lo sbocco naturale agli attacchi e alle critiche ricevute dal partner e di fatto ne costituisce l’inevitabile conseguenza. Una persona che si sente svalutata va in difesa giustificandosi, scusandosi, mostrando disaccordo o assumendo il ruolo di vittima. Dopo le giustificazioni parte il contrattacco, per cui l’interazione è caratterizzata da offese reciproche: “Se io sono diventato così, è anche per colpa tua, perché tu sei una pessima persona…”. L’atteggiamento ideale è quello di evitare di reagire alle provocazioni sul piano personale per cercare di comprendere, al di là delle accuse, come si sente l’altro, empatizzando col suo vissuto che lo porta ad attaccare, più che rispondere difendendosi. E, soprattutto, è sempre utile riconoscere la propria quota di responsabilità per l’accaduto by-passando le offese.
3. IL DISPREZZO
è il terzo cavaliere dell’Apocalisse della coppia e si manifesta sotto forma di insulto, scherno, sarcasmo e sguardi sprezzanti, nonché attraverso il linguaggio del corpo che comunica disapprovazione da una posizione di superiorità. Tipici esempi sono un marito che disprezza la moglie per la sua scarsa attitudine a cucinare, evocando magari le qualità culinarie della madre, o una moglie che corregge il marito per un errore di grammatica, ricordandogli che lei ha un titolo di studio superiore. Quando in una coppia i partner si guardano dall’alto in basso mandando messaggi svilenti e manca il rispetto reciproco, l’unione è rischio.
4. L’OSTRUZIONISMO
l’ultimo cavaliere è rappresentato dalla rinuncia a dialogare col partner per evitare di essere feriti . Una persona può smettere di partecipare a qualunque tipo di conversazione col partner nel timore di essere sopraffatta da dinamiche conflittuali e spiacevoli. Quando il partner attacca e inveisce, l’altro si chiude nel silenzio. E’ necessario, quindi, che i due componenti della coppia siano in grado di individuare quando le invettive sono eccessive e stanno portando a una chiusura dell’altro o a una discussione sterile. Più utile è dare spazio all’altro, fare una pausa per poi riprendere la discussione in un momento successivo quando ambedue i partner sono disponibili a usare modalità più adeguate di comunicazione che permettano di venirsi incontro e comprendersi.
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