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Come riconoscere i sintomi di un’intolleranza alimentare

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L’intolleranza è spesso difficile da diagnosticare: vediamo come riconoscerne i sintomi, come individuarla e quali sono gli elementi che possono scatenarla

L’intolleranza alimentare può essere considerata come una difficoltà che l’organismo incontra in seguito all’assunzione di alcuni alimenti. In caso d’intolleranza si possono avere sintomi piuttosto lievi, come gonfiore e difficoltà digestive che tendono a comparire a poche ore dal pasto, ma anche manifestazioni più fastidiose e marcate che, spesso, dipendono dalla quantità di cibo assunto.
L’intolleranza è spesso difficile da diagnosticare, anche perché non risulta dei test allergologici. Inoltre, le manifestazioni dell’intolleranza possono essere confuse con quelle dell’allergia. Tuttavia, chi è intollerante non va incontro a shock anafilattici, in quanto non viene coinvolto il sistema immunitario.
A volte, i sintomi delle intolleranze possono confondersi con altre manifestazioni e disturbi, quali orticaria, mal di testa, problemi digestivi e dell’intestino che tendono a persistere nel tempo.

Disturbi digestivi legati all’intolleranza: ecco quali sono

Tra i sintomi più comuni legati all’intolleranza alimentare ci sono alcuni disturbi dell’apparato digerente. Tra questi, oltre al gonfiore e una sgradevole sensazione di pesantezza, può comparire il reflusso gastroesofageo. Questo avviene quando i succhi acidi provenienti dallo stomaco risalgono verso la gola, oltre il quantitativo ritenuto normale, facilitati anche dallo scarso funzionamento del cardias, una valvola che di norma regola questo processo.

Solitamente, nel caso dell’intolleranza alimentare il reflusso gastroesofageo si può accompagnare anche a nausea, gonfiore, bruciore e dolore, e tende a comparire qualche ora dopo il pasto. Ci sono dei cibi che indipendentemente dalla sensibilità personale, tendono comunque a irritare le mucose dello stomaco, ovvero gli alimenti acidi: come pomodori, agrumi, caffè, bevande fredde o calde, bibite gassate e alcolici.

Tuttavia, se il reflusso gastroesofageo e altri disturbi tendono a diventare cronici, oltre a cercare d’individuare il cibo che provoca l’intolleranza, è bene chiedere consiglio al medico per escludere eventuali patologie.

Come individuare l’intolleranza alimentare

Riuscire a individuare il fattore scatenante di un’intolleranza alimentare è spesso difficile perché non sempre si individua l’alimento che innesca questa reazione; infatti, oltre ai test eseguiti in laboratorio per l’intolleranza al lattosio e al glutine, non esistono test specifici per le altre intolleranze con una buona valenza scientifica.

Si consiglia, quindi, di prendere nota dei cibi che vengono assunti quotidianamente redigendo un diario alimentare. Qui andranno riportati i sintomi che compaiono dopo aver mangiato e le tempistiche, ovvero dopo quanto tempo aver assunto il cibo compaiono i disturbi.

Se si riesce a individuare quale alimento scatena l’intolleranza, allora è bene iniziare a escludere i cibi uno alla volta e osservare cosa succede. Solitamente, il miglioramento dei sintomi non si verifica subito, ma bisogna aspettare un periodo che va dalle 2 alle 6 settimane. Introducendo nuovamente l’alimento, invece, si potrebbe verificare poi una riacutizzazione delle problematiche: in questo caso, con una buona probabilità, si avrà individuato la causa dell’intolleranza alimentare.

Quali alimenti possono scatenare l’‘intolleranza alimentare

Gli alimenti più comuni responsabili delle intolleranze alimentari e che scatenano disturbi digestivi sono solitamente il lattosio e i farinacei. In realtà, la lista di cibi che possono scatenare disturbi legati all’intolleranza alimentare è molto lunga e spesso soggettiva: comprende sostanze come caffeina, alcool, coloranti artificiali, conservanti e aromi.

A volte, le intolleranze possono comparire solo in alcuni periodi specifici della vita oppure presentarsi fin da bambini: in quest’ultimo caso, insieme a disturbi digestivi e rash cutanei, possono esserci anche ritardi nella crescita, per cui è necessario rivolgersi subito al pediatra.

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