RIFLESSI DI CINEMA

È andato tutto bene: il più grande atto d’amore

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Una storia di famiglia che tutti dovremmo vedere. Il nuovo film di Ozon trabocca delicatezza, equilibrio, dubbi, amore vero, rispetto e tolleranza

È ANDATO TUTTO BENE

Regia di FRANÇOIS OZON

Con Sophie Marceau, André Dussollier, Géraldine Pailhas, Charlotte Rampling, Hanna Schygulla, Éric Caravaca, Grégory Gadebois, Jacques Nolot, Judith Magre

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Non che si abbia molta voglia di parlare della morte. Va bene quella spettacolare dei film d’azione dove i personaggi sembrano più insensibili di un cartone animato, vanno bene i serial killer dei gialli, ma quando si passa alla vita vera, be’, non è facile. Certo, non che ci possa sorprendere, lo sappiamo fin da bambini che la morte prima o poi arriva per tutti, ma ce ne scordiamo. Quando succede a qualcuno a cui vogliamo bene, è sempre puro dolore, non è mai il momento, non è mai nel modo giusto. Insomma, vorremmo l’impossibile: che i nostri cari stessero sempre bene e vivessero in eterno. O forse il discorso è più complesso, la morte la accettiamo, in astratto, sono la malattia e il venir meno di una vita autonoma che troviamo ingiusti e che ci terrorizzano. Sono le modalità del passaggio, che possono essere infinite, a procurarci la maggiore angoscia. Ma siamo disarmati di fronte alla fatica di una soluzione. Ed è proprio di questo che il delicato film di Ozon racconta, prendendo spunto da una storia vera: il romanzo autobiografico di Emmanuèle Bernheim (È andato tutto bene, Einaudi) che racconta come il  padre, colpito da un ictus, le abbia  chiesto di aiutarlo a morire.

Géraldine Pailhas, François Ozon, Charlotte Rampling, Sophie Marceau ©Carole BETHUEL_Mandarin_Production–Foz

Scrittrice e sceneggiatrice francese, compagna del critico Serge Toubiana, collaboratrice di Olivier Assayas, sceneggiatrice per Ozon (per lui ha scritto Sotto la sabbia, Swimming pool, Cinque per due) non ha fatto in tempo a vedere il film di Ozon perché un tumore l’ha portata via nel 2017. Ma grazie a come in questo film le dà volto Sophie Marceau impariamo a conoscerla e anche a volerle bene. Il dilemma che l’anziano padre (interpretazione magica e lieve di André Dussolier) pone alle due figlie è un macigno, una di quelle richieste per le quali qualunque risposta è sbagliata. O incompleta, comunque dolorosa.

©Carole BETHUEL

È andato tutto bene racconta attraverso quest’ultimo atto una storia di famiglia. Non è vero che sono tutte uguali, al contrario sono tutte diversissime. Qui abbiamo un padre capriccioso, infantile, eppure seducente, un gentiluomo di grande cultura e gusto che sa argomentare ogni richiesta e al quale è molto difficile rifiutare qualcosa. La malattia è orrenda, la morte pure, anche quando ti libera dal dolore, ma non è la scelta che vorremmo. Il desiderio irrazionale è infatti che tutto vada bene per davvero, e cioè che l’amato guarisca, e continuiamo a pensarlo anche se sappiamo che è impossibile e che non fa parte dell’ordine delle cose.

©Carole BETHUEL

Le due sorelle fanno quello che possono, si tormentano, soffrono, pensano, discutono, cercando con tutto il cuore di comportarsi nel modo migliore ma è come se non ci fosse la possibilità di una scelta senza qualche risvolto negativo. In Francia, come in Italia,  l’eutanasia non è prevista, quindi non resta che andare in Svizzera. Dirlo è semplice, metterlo in pratica molto meno.

©Carole BETHUEL

Fra le battute del film, che nonostante il tema non mancano e sono tutte intense e vere, ce n’è una illuminante: “Ma come fanno i poveri se vogliono morire?”, chiede il padre, perché la strada svizzera non solo è complicata ma pure costosa. “Aspettano”, risponde la figlia. C’è tutto nel film: la famiglia, i conflitti del passato mai sanati fino in fondo, la competizione fra le sorelle fatta di gelosia e sospetti, una madre fredda e assente (cameo impeccabile di Charlotte Rampling), mariti e compagni rispettosi e inutili anche perché c’è ben poco da dire, c’è ben poco da consigliare in un passaggio così delicato dell’esistenza e degli equilibri di una famiglia. Che conosce fino in fondo solo chi di quella famiglia fa o ha fatto parte. Non fatevi spaventare dall’argomento, perché il film trabocca delicatezza, equilibrio, dubbi, amore vero, rispetto e tolleranza.

©Carole BETHUEL

Dipendesse da me, lo farei vedere a tutti, in primis ai nostri parlamentari che di fronte alle leggi che coinvolgono questioni etiche trovano sempre il modo, scandaloso, di rimandare.

 

 

 

 

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