
Il nuovo Moretti intiepidisce il cuore ma non lo scalda
TRE PIANI
di Nanni Moretti
con Margherita Buy, Adriano Giannini, Denise Tantucci, Paolo Graziosi, Riccardo Scamarcio, Elena Lietti, Nanni Moretti, Stefano Dionisi, Alba Rohrwacher, Alessandro Sperduti, Anna Bonaiuto, Tommaso Ragno
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Che cosa mi piaceva del cinema di Nanni Moretti? La capacità di cogliere modi e nodi del suo mondo che in gran parte coincideva con il mio, e la leggerezza nel raccontarli senza sconti, spietato e ironico, ma animato da una grande energia volta a far riflettere sulle cose. E magari a farci venire voglia di cambiarle. Poi, quanto ho amato le tante battute memorabili che spesso sono entrate a far parte del linguaggio comune.
Ogni film un colpo al cuore perché Moretti raccontava quello che avevamo bisogno di sentirci dire. Insomma, un autore faro per la sua generazione ma non solo, un autore che arrivava all’universale partendo dalla sua esperienza individuale. Un artista a tutto tondo.
Nel nuovo film cambia totalmente registro e per la prima volta lavora non su una sua idea ma su un romanzo: Tre piani, di Eshkol Nevo, grande autore israeliano, in Italia ancora non abbastanza famoso. Il romanzo è bello e denso e racconta la vita degli abitanti di un palazzo di Tel Aviv con l’ambizione di addentrarsi nell’animo umano, affidando a ciascuno dei protagonisti i tre ambiti dell’Io, in linea con la teoria freudiana: Io, Super Io e Es. Ovvero razionalità, codice morale e irrazionalità. Difficile trasportare tematiche di questo tipo in un film, ancora più arduo conservare lo stesso spessore spostando la scena da Tel Aviv, gravida di passato, contraddizioni e venti di guerra, alla più paciosa Roma.
Purtroppo il film risente di tutti questi ostacoli. L’inizio è bellissimo, di ampio respiro, molto cinematografico. Nei primi dieci minuti entrano in scena tutti i protagonisti, ciascuno col suo carico di problematiche, ma nello sviluppo tutta la vicenda si raffredda in modo esagerato, forse per il troppo rispetto di Moretti nei confronti di Nevo, forse per il timore di scadere nel mélo. Ma tempi rallentati e immobilità non necessariamente spingono verso la profondità. Ahimè capita che facciano invece scivolare verso la noia. Il problema vero del film è che non riusciamo ad appassionarci alla storia della famiglia di Nanni Moretti e Margherita Buy, tutti e due giudici, di grande rigore morale (il Super Io) afflitti da un figlio disgraziato lontano mille miglia dall’etica dei genitori.
Ci dispiace tanto per Alba Rohrwacher, neomamma lasciata sola dal marito Adriano Giannini impegnato per lavoro fuori Roma e l’abbandonarsi all’irrazionalità della donna non ci emoziona. Peccato anche per il tarlo che rode Riccardo Scamarcio, devastato dal dubbio che il vicino di casa abbia molestato la figlia: capiamo, ma restiamo indifferenti. Per disciplina guardiamo il film fino alla fine, seguiamo la storia e apprezziamo anche le prove degli attori, molto misurati fin troppo, ma il nostro cuore resta tiepido. Peccato, ma contiamo tanto sul fatto che Nanni Moretti torni a raccontare il suo mondo, con quel sorriso che tanto abbiamo amato.
FRASARIO PERDUTO
«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?»
(Ecce bombo, 1978)
«Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose»
(Ecce bombo, 1978)
Te lo meriti, Alberto Sordi!»
(Ecce bombo, 1978)
«Non me ne andrò mai da questa casa, non lo voglio superare il complesso di Edipo»
(Sogni d’oro, 1981)
«Parlo mai di astrofisica io? Parlo mai di biologia io? Io non parlo di cose che non conosco»
(Sogni d’oro, 1981)
«Continuiamo così, facciamoci del male»
(Bianca, 1984)
«Come parla? Le parole sono importanti»
(Palombella rossa, 1989)
«Le merendine di quand’ero bambino non torneranno più»
(Palombella rossa, 1989)
«Spinaceto pensavo peggio, non è per niente male»
(Caro diario, 1993)
«Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone»
(Caro diario, 1993)
«Voi gridavate cose orrende e violentissime, e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne»
(Caro diario, 1993)
«La sera del 28 marzo del 1994, quando vinse la destra, per la prima volta in vita mia mi feci una canna»
(Aprile, 1998)
«D’Alema di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà. D’Alema di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci»
(Aprile, 1998)
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