La Babilonia di Brad Pitt e Margot Robbie
Babylon
un film di Damien Chazelle
con Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jean Smart, Jovan Adepo, Li Jun Li, P.J. Byrne, Lukas Haas, Olivia Hamilton, Tobey Maguire, Max Minghella, Rory Scovel, Katherine Waterston, Flea, Jeff Garlin, Eric Roberts, Ethan Suplee, Samara Weaving, Olivia Wilde
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Damien Chazelle pensa e agisce in grande, il minimalismo neppure lo sfiora. Dopo La la land, incoronato da molti Oscar (14 candidature, 6 statuette) gli sono piovute addosso molte antipatie, un po’ come era accaduto a Leonardo DiCaprio per il Titanic: in molti non perdonano il successo. Lui però non si cura dei detrattori e prosegue orgoglioso e fin esaltato per la sua strada, che potremmo sintetizzare come un grande omaggio al cinema, forse perché sente in cuor suo che l’età dell’oro è ormai un pallido ricordo. Così la rievoca nella modalità più esagerata che è riuscito a immaginare, trascinando la Paramount in un kolossal costato circa 90 milioni di dollari e che difficilmente rientrerà degli investimenti. Anche se io glielo auguro di tutto cuore, perché i sognatori vanno sostenuti e premiati.
Babylon è un film di scene madri e set elefantiaci, anticipati e annunciati nelle prime immagini: un tuttofare messicano, Manny, mette in campo tutte le sue risorse per far arrivare un elefante nella lussuosa villa di un magnate del cinema che sta organizzando una festa memorabile. Dove poche sequenza dopo il regista trascinerà gli spettatori che vengono travolti dagli eccessi a base di sesso e droga della Hollywood degli anni Venti, dove tutto era concesso, dove niente sembrava impossibile.
Fra luci e ombre si dimenano come forsennati attori, attrici, attricette e tutto il variopinto parterre che vorrebbe essere protagonista della nuova industria o almeno sfruttarne vizi e virtù. Nudi, orge, persino omicidi e, fra tutti, due volti che brillano. Sono Brad Pitt, attore affermato, una sorta di Rodolfo Valentino e Margot Robbie, bellissima, senza arte né parte, una giovane donna che riesce a imbucarsi alla festa certa del suo futuro da diva. Lo diventerà e sarà anche l’ossessione di Manny, il tuttofare messicano, innamorato senza speranza di lei e che per lei scalerà tutti i gradini del successo.
Sembra quasi che Chazelle abbia preso ispirazione dal bel film di Quentin Tarantino, C’era una volta Hollywood, inno al cinema degli anni Settanta e abbia coinvolto i due protagonisti, Brad Pitt e Margot Robbie, sempre loro, in un viaggio nel tempo, facendoli atterrare nel 1923. Da quell’anno parte per raccontare la fabbrica dei sogni poco prima che il muto ceda il passo al sonoro. C’è persino una scena che è un omaggio esplicito al film di Tarantino, quella in cui Margot che ha appena esordito sul un set entra sola in una sala e felice, occhi sgranati, si guarda sullo schermo, sicura che quello è solo il primo di mille successi. Identica fin nelle angolature a quella di C’era una volta Hollywood.
Siamo al tempo stesso all’apice e all’inizio della decadenza, gli ultimi fuochi gloriosi del cinema muto a cui spesso non servivano gli studi, perché si gira all’aperto, come pionieri, come cow boy, senza regole. La seconda scena monstre (Chazelle è un campione di bravura e che lo ammettano anche quelli che lo criticano) è proprio quella di una serie infinita di set all’aperto, nella valle di Hollywood dove, quasi miracolosamente, si portano a casa i ciak e pazienza se qualche comparsa muore sul serio: è il cinema degli inizi, bellezza. Ma in ogni sequenza a farla da padrone è l’Hollywood Babilonia raccontata da Kenneth Anger in due gustosi libri, con citazione esplicita anche di Fatty Arbuckle, un comico obeso che durante un incontro a luci rosse provocò la morte di una poveretta, ma erano tempi in cui non si guardava per il sottile e vigeva l’impunità dei potenti. Anche se qualche giornalista pettegola (c’è anche questa figura nel film) riusciva a documentare tutto per soddisfare la pruderie di milioni di lettori e spettatori.
Babylon non prevde mezze misure o ne ami la follia, il delirio, la strabordanza o cominci a far le pulci a ogni inquadratura, sottolineando irritata con la matita rossa come la professoressa più antipatica della scuola. Quanto a me, sono stata incantata dalle prime due ore, magnifiche, avvolgenti e ho sofferto la terza parte (il film dura 183 minuti), tutta sbagliata, sempre secondo me. Da quando poi entra in scena Tobey Maguire (come produttore esecutivo ha alzato la voce e ha preteso un ruolo?), in un personaggio ancora più sopra le righe di quanto già tutto non sia sopra le righe, be’, si sfiora il disastro, non si sa più dove stia andando il film e si ha l’impressione che il regista si sia fatto prendere la mano dal delirio e non controlli più niente. Non è detto che accada a tutti perché si può anche essere avvinghiati in una visione totalmente onirica, aderendo anche al quarto d’ora finale in cui si mescolano frammenti di tutto il cinema a venire, a metter in scena l’ultimo atto disperato di un animale morente.
Brad Pitt e Margot Robbie sono perfetti, bellissimi, bravi, emanano luce. Senza sbavature, attori di razza che hanno creduto al film, dall’inizio alla fine e si sono messi docili, talentuosi, malleabili nelle mani di quel visionario di Chazelle. No, non si può proprio parlar male della follia dei geni.
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