La “Furiosa” versione al femminile di Mad Max
Furiosa – A Mad Max Saga
Regia di George Miller
con Anya Taylor-Joy, Chris Hemsworth, Alyla Browne, Tom Burke
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Una montagna di denaro: la cifra oscilla fra i 160 e i 230 milioni di dollari, a seconda delle fonti e a seconda che si consideri o meno la gigantesca macchina promozionale che sostiene il film, Furiosa, l’ultimo (per ora) episodio della saga di Mad Max, presentato in anteprima al Festival di Cannes. Anche nella manifestazione più cinefila e glamour lo spazio per i blockbuster hollywoodiani da anni ha conquistato una posizione privilegiata, perché neppure la sofisticata kermesse sulla Croisette può ignorare la potenza del denaro. Insomma, si annichilisce a fronte di cifre e impegni che le persone comuni faticano a figurarsi e continua a sfuggire a noi comuni mortali come poi certi investimenti possano rientrare anche quando seguono grossi incassi, così alziamo le braccia e ci arrendiamo, accontentandoci, e credetemi non è poca cosa, di vedere il film. Non è poca cosa a cominciare dalla durata: due ore e 28 minuti, da vedere rigorosamente su un megaschermo, altrimenti si perde la metà del piacere e … non si rispettano gli investimenti miliardari.
Il secondo e più corposo sforzo riguarda la capacità di orizzontarsi nella vicenda perché le saghe cinematografiche fin da Guerre stellari mettono a dura prova la lucidità e la memoria dello spettatore. Ritenendo banale un racconto che segua l’ordine cronologico, gli sceneggiatori si divertono ad andare avanti e indietro nel tempo, raccontandoci tutto quel che accadde prima per poi precipitarci in un futuro lontano e di nuovo si imbizzarriscono e tornano alla notte dei tempi. Allenati dal cinema, siamo diventati bravissimi anche con le serie tv e seguiamo senza fare un plissé il loro andare avanti e indietro nel tempo, appassionandoci persino agli spin off, ovvero la nuova mania di far diventare all’improvviso cruciale un personaggio secondario e decidere di svelarne tutti i segreti fin da prima che nascesse.
Insomma, inizia il film e noi spettatori siamo già preoccupati di non riuscire a tenere le fila della vicenda anche se abbiamo studiato: Furiosa ci svelerà il passato dell’amazzone che abbiamo ammirato in Mad Max Fury road protagonista l’atletica e cattivissima Charlize Theron. Tanto per dire, cosa avrà provocato la sua sete di vendetta e perché e come ha perso un braccio? Il nuovo film ha un inizio bucolico, in un giardino dell’eden, verde e lussureggiante con bambini che giocano in mezzo agli alberi da frutto, fra loro spicca la giovanissima Furiosa (accidenti ma quanto sono bravi i direttori di casting americani a trovare bambini di talento). Siamo nel Luogo verde delle molte madri, unica oasi felice di un mondo in inarrestabile caduta. Purtroppo un’orribile orda di feroci motociclisti irrompe nella valle della felicità e a farne le spese è la piccola Furiosa che viene rapita e a niente servirà il coraggio della madre che, nella prima lunga sequenza spettacolare non riuscirà a liberarla e anzi verrà massacrata dal signore della guerra Dementus. Da quel momento in poi Furiosa, mito femminile e eterno femminino sempre a un passo dal martirio passa da una tribù all’altra, forgiata dalle difficoltà, incattivita per il fallimento di tutti i suoi tentativi di fuga, pronta al riscatto.
Come nel Signore degli anelli anche qui abbiamo le Terre desolate, ma abbiamo anche Cittadelle meccaniche con i cascami dell’archeologia industriale molto più sofisticati rispetto al primo Mad Max (correva l’anno 1979) protagonista un giovanissimo Mel Gibson lanciato a fama mondiale proprio da quel film.
Seguire la storia più di tanto non vale la pena, tanto lo si sa che alla fine Furiosa diventata donna (col volto magnifico di Anya Taylor-Joy, ex Regina degli scacchi) riuscirà a fuggire (e perderà un braccio). Appunto, seguire i contrasti fra le varie tribù alla ricerca di cibo e benzina annoia, quello che non annoia è immergersi, come fossimo a Disneyland, nelle incredibili scene spettacolari, quasi tutte con lo sfondo delle ampie dune desertiche, con tempeste, rovinose cadute, acrobazie su macchinari da film tedesco espressionista. Le macchine sono arzigogolate, mostri meccanici dadaisti, i costumi da apocalisse imminente, i volti deformati dai segni delle battaglie, in un grande gioco distopico in cui però, inaspettata, c’è l’ironia. Secondo me voluta da Chris Hemsworth, il cattivo e folle Dementus per dare uno spessore originale al suo personaggio (sui nomi, c’è pure Scrotus, si potrebbe scrivere un piccolo saggio). Cattivo e ottuso, Dementus, ma con un’ironia baluginante e surreale che ne ammorbidisce il carattere, rendendolo meno spaventoso.
E l’amore? Fa capolino, romanticamente, ma è risaputo, le amazzoni non possono gioire neppure di un bacio. Per loro solo qualche illusione travolta prima di nascere dalla sabbia delle dune. Solo così il mito può essere immortale.
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