
La Lady Gaga di “House of Gucci” è da applausi
HOUSE OF GUCCI
Di Ridley Scott
Con Lady Gaga, Adam Driver, Jeremy Irons, Al Pacino, Jared Leto, Salma Hayek, Camille Cottin _____________________________________________________________
Già si annuncia come la polemica del Natale: la famiglia Gucci, non tutti, solo i discendenti di Aldo, hanno minacciato di ricorrere alle vie legali contro il film con Lady Gaga per come sarebbe rappresentata la famiglia, almeno il ramo americano, un manipolo di trogloditi teppisti che ignoravano tutto di moda. Facile prevedere che sia solo l’inizio perché House of Gucci tocca temi delicati e un ambiente particolarmente suscettibile anche se l’attuale maison Gucci, dove non c’è più nessuno legato alla famiglia, sembra aver accolto con favore il film di Ridley Scott, non un regista qualsiasi perché, fra le altre meraviglie che ha diretto, c’è anche Blade Runner.
Chi è milanese e negli anni Novanta era adolescente si ricorda di sicuro quando Maurizio Gucci venne freddato con quattro colpi di pistola nell’androne del palazzo di via Palestro, la mattina del 27 marzo 1995. L’indagine non fu né lunga, né difficile e i colpevoli vennero individuati presto: la moglie Patrizia Reggiani, da cui Gucci stava divorziando per sposare Paola Franchi, Pina Auriemma, maga, chiromante, amica e confidente di Patrizia, Benedetto Ceraulo, esecutore materiale del delitto, Orazio Cicala, autista e complice, Ivano Savioni, organizzatore, una compagnia di criminali da strapazzo. Le pene arrivarono fino all’ergastolo per Ceraulo e ai 26 anni per Patrizia Gucci (in prova ai servizi sociali dal 2014 e ora definitivamente libera).
Un delitto nel mondo del lusso, l’ossessione amorosa di un’arrampicatrice sociale, una guerra di famiglia per contendersi il potere su uno dei marchi più prestigiosi della moda mondiale e lo sfavillio degli anni Novanta. Di materiale ce n’era più che a sufficienza per realizzare un feuilleton in grande stile, considerando poi che alle spalle c’è anche un libro documentatissimo, House of Gucci, appunto.
La produzione non ha badato a spese mettendo sotto contratto un cast grandioso, Lady Gaga è una passionale Patrizia Gucci, volgare, sculettante, sfacciata, arrogante e poi fragile, disperata e a tratti innamorata. Una pazza esaltata che per 600 milioni ha fatto uccidere il marito affidandosi a una banda di dilettanti. Neppure nella pianificazione dell’omicidio è riuscita a incarnare quel profilo da quartieri alti a cui aspirava fin da ragazzina.
Fra le molte polemiche in cui è entrata anche Paola Franchi, la donna che Maurizio stava per sposare, c’è l’accusa al film di avere rappresentato Patrizia come una vittima, una donna abbandonata, geniale nelle sue intuizioni sul marchio e sulla ristrutturazione della società e poi messa da parte in un’azienda maschilista. Mi sembra che non ci siano per niente in questo senso gli estremi di una polemica perché la protagonista Patrizia Gucci è dipinta con tutta la sua meschinità e per l’intero film rimane la ragazza volgarotta che incontra il rampollo Gucci a una festa molto elegante dove si era imbucata ignorando persino l’identità della festeggiata. Ha sprazzi e intuito da donna del popolo, ma se c’è un conflitto non è in termini di maschile femminile, ma di classe: quando i poveri si mettono contro i ricchi a vincere sono sempre i ricchi, persino quando i poveri qualche miliardario riescono a farlo fuori.
Se c’è un disagio che i milanesi e forse anche gli italiani provano è nella parte iniziale in cui la famiglia Gucci viene raccontata in un modo a tratti superficiale e ridicolo. Maurizio è di un’ingenuità sconcertante e cade come un salame nella rete di Patrizia che chiama la mia Elizabeth Taylor, il padre Rodolfo, Jeremy Irons, sullo sfondo della villa più aristocratica di Milano (Villa Necchi, location delle riprese) è uno snob tisico, senza più forze che vive nei ricordi di un magico passato e di un grande amore (una diva tedesca morta troppo presto). Quanto a Al Pacino, che interpreta il ramo americano, Aldo Gucci, qua e là sembra sul set de Il Padrino ma il suo gigioneggiare è accattivante. Jared Ledo è Paolo, il figlio di Aldo, matto, volgare, pasticcione, sfortunato, pecora nera senza riscatto e lo interpreta meravigliosamente, mai sopra le righe e forse, assieme a Lady Gaga è il più bravo della combriccola, dove però tutti non sono male per niente. Salma Hayek è invece la maga che affianca la signora Gucci nel disastro.
C’era tantissimo da raccontare, perché accanto alla parabola sentimentale c’era l’ascesa dell’azienda che doveva rinnovarsi e sfidare i marchi vincenti, da Armani a Dior a Versace. Non conosco a sufficienza la storia della famiglia per sapere se tutto è stato raccontato in adesione alla realtà. Tanto per dire, davvero Maurizio Gucci ha sposato Patrizia contro la volontà del padre, è stato diseredato e ha lavorato per qualche anno nella società di trasporti dei Reggiani? Camionisti, come li definiva papà Rodolfo, e forse neanche onestissimi.
Non c’era abbastanza tempo nel film (forse sarebbe stato meglio realizzare una serie, vista la sovrabbondanza di materiale) per raccontare nel dettaglio la trasformazione dei Gucci, da vaccari e produttori di buoni prodotti in cuoio, scarpe e borse, a star del lusso, ma ugualmente Ridley Scott riesce a mettere in scena sipari di grande impatto. Con una scena madre, l’ingresso dei capitali stranieri, l’estromissione del lato debole della famiglia e un’intuizione geniale: avere assoldato un giovanissimo stilista texano, Tom Ford artefice del successo clamoroso della prima sfilata, che ha fatto pensare a chi stava sotto la passerella che il talento di quel ragazzo nulla aveva da invidiare a quello di Lagarfeld che rilanciò Dior. Si va di fretta in House of Gucci e non ci si annoia, si passa dalla fine degli anni Settanta, un’età dell’innocenza, alle paillettes della moda miliardaria dei Novanta transitando per ville sontuose, feste, Lamborghini e fiumi di champagne.
Su tutto lei, Patrizia Gucci, in perenne affanno, decisa a conquistare le vette della vita, costi quel che costi. Ma poi, alla resa dei conti, incapace di compiere il gran salto a cui aspirava, si lascia trascinare nel gorgo coi miserabili. Che cosa ne sia stato delle due figlie avute da Maurizio Gucci è l’unico punto su cui il film sorvola. Certo, se i feuilleton non vi appassionano, questa non è la vostra tazza di the, ma se avete voglia di un viaggione in una storia che ha riempito le prime pagine dei giornali, andate tranquilli, la noia è scongiurata.
0 commenti