RIFLESSI DI CINEMA

La sottile linea tra verità e rappresentazione

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Il nuovo film di Todd Haynes è un inno alla raffinatezza e all'amore per il cinema a cui Julianne Moore e Natalie Portman danno vita

May december

regia di  Todd Haynes
con  Natalie Portman, Julianne Moore, Charles Melton

4 stelle  _____________________________________________________________

Che raffinatezza, che cura, quanto amore per il cinema e che capacità di analisi sul sottile confine fra la verità e la rappresentazione! C’è poco da fare, questa è la cifra di tutti i lavori di Todd Haynes, a cominciare da Lontano dal paradiso dove il regista americano si rifaceva ai melodrammi alla Douglas Sirk, portando in superficie però tutto quello che il moralismo ipocrita degli anni Cinquanta obbligava a nascondere come polvere sotto i tappeti.

Nel suo nuovo film, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, il regista si accanisce con ossessione da entomologo su un complesso gioco di specchi (che non a caso spiccano in tante inquadrature), mettendo a confronto due donne e le loro vite, due esistenze in cui il limite fra la verità e l’apparenza è magmatico, sia che si tratti di finzione scenica o di finzione sociale: tutti, sembra dirci il regista, incarniamo un ruolo e spesso la nostra recita serve a proteggere noi stessi e forse venire a contatto con il dolore altrui può aiutare a non percepire il nostro.
Insomma, lo avete capito, May december è un film ambizioso e stratificato che mira a scardinare le nostre certezze spesso puntellate da pregiudizi. Il titolo criptico, che il distributore ha scelto di conservare nella versione italiana, indica un rapporto fra due persone lontane per età, come la primavera e l’inverno. E presto si chiarirà il motivo del titolo.

Siamo nella lussureggiante Savannah, in Georgia, terra che non a caso ha fatto da cornice a tanti drammi di Tennessee Williams. Gracie (Julianne Moore) vive serena con Joe (Charles Melton), il secondo marito e i figli. La casa è ordinatissima e lei con precisione maniacale cucina torte che poi vende ai vicini, presentandosi come una perfetta madre di famiglia. Elizabeth (Natalie Portman) è una star del cinema che deve portare sullo schermo la storia di Gracie e, fedele al metodo di recitazione americano, decide di passare del tempo con la famiglia per conoscere e quindi costruire il personaggio.

Ma che cosa ha di così interessante la vita di Gracie per essere raccontata in un film? La donna è stata protagonista di uno scandaloso caso di cronaca una ventina di anni prima perché, adulta, già moglie e madre, si era innamorata di un  ragazzino dodicenne, Joe, appunto, da cui aveva avuto un bambino, finendo sotto processo e in prigione. Ma con quel “bambino” le cose sono andate avanti, si sono sposati, vivono assieme da 24 anni e hanno avuto altri due figli ormai pronti per il college. Quando ci è capitato di leggere casi analoghi (il film di Todd Haynes prende spunto da una vicenda di cronaca)  abbiamo probabilmente reagito con emozioni contraddittorie. Scandalizzati, incuriositi, moralisti, sicuri nel condannare e subito dopo magari nell’assolvere se una vicenda, come succede nel film di Haynes, era sfociata in  una solida vita coniugale. Ma siamo in grado dall’esterno di sapere quello che  c’è di vero nelle vite e nelle famiglie, ignorando i profondi motivi delle scelte delle persone, il loro bisogno di proteggersi, l’ambiguità dei comportamenti e le manipolazioni? Sembra proprio questo l’interrogativo alla base di tutti i film di Todd Haynes, in quest’ultimo più ancora che nei precedenti.

A evidenziare le contraddizioni, a far emergere quello che non si vuole vedere, a inserirsi come un virus letale nell’ordine costituito fino a attaccare il sistema immunitario della coppia sarà proprio Elizabeth. Mescolando curiosità professionale e una morbosità vampiresca passa sempre più tempo con la donna che deve interpretare, “interrogando” i protagonisti, compreso l’avvocato difensore e l’ex marito, convinta di poter arrivare alla verità. Solo un’illusione, perché la verità è cangiante e le sguscerà fra le dita come sabbia. Neppure Elizabeth uscirà immune dall’incontro: il mestiere dell’attore prenderà colori torbidi e non saprà più come leggere i segreti e i disagi rimossi che la sua presenza ha svelato. Impossibile alla fine del film assolvere, impossibile condannare, impossibile capire: l’unica certezza è la dolorosa presa di coscienza di Joe (il bravissimo e premiato Charles Melton), bloccato come le farfalle che alleva alla fase di crisalide, costretto dal destino a essere diventato padre quando ancora era solo un figlio.

Il film si snoda per scarti lievi e poi con colpi di scena improvvisi, il confronto fra le due donne diventa sempre più disturbante e per le due star è una grande prova attoriale. Scena dopo scena Elizabeth assomiglia sempre più a Grace, confondendosi con lei, mutandone non solo le movenze e le espressioni ma persino i tratti del viso. Come in Lontano dal paradiso a essere sotto la lente di ingrandimento sono la “zona comfort” e i tabù sociali. Tutte le finzioni vengono a poco a poco svelate e solo il più forte saprà resistere quando il re si troverà, come nella famosa favola, nudo.

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