
Le paure di Joaquin Phoenix
Beau ha paura
un film di Ari Aster
con Joaquin Phoenix e con Nathan Lane, Amy Ryan, Patti LuPone
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Attenzione: stiamo parlando di un film molto particolare, unico nel suo genere.
Attenzione: dura qualche minuto meno di tre ore.
Attenzione: non è un horror come troverete girando in Rete.
Attenzione: Joaquin Phoenix si porta sulle spalle tutto il film ed è semplicemente strepitoso. Lo sarà di certo anche in Joker: folie à deux. Ma per il seguito del mitico nemico di Batman dovremo aspettare il 2024.
Bene, adesso entriamo nel merito. Che cosa è Beau ha paura? Un incubo materializzatosi sul grande schermo in cui il regista dà corpo ai suoi fantasmi. Provate a interrogarvi: voi, di che cosa avete paura? Azzardo qualche ipotesi: della violenza, delle guerre, di essere aggrediti, di subire furti o violenze, di trovarvi soli, di non riuscire a fare quello che volevate, di perdere quello che avete conquistato, che siano oggetti, persone, o sicurezze, di avere un passato con cui non potete riconciliarvi, di essere costretti a fare qualcosa contro la vostra volontà. Ovvio che potrei continuare all’infinito, perché infinite sono le paure che affliggono gli uomini e le donne. Ari Aster, regista di culto per certuni, personaggio non banale in ogni caso, prova a raccontare le paure del suo protagonista che in gran parte sono anche le sue.
Ma chi è Ari Aster? 36 anni, madre poetessa e artista visiva, padre musicista, entrambi ebrei americani, nasce a New York ma poi segue gli avventurosi genitori prima in Inghilterra dove il padre apre un jazz club, poi torna con la famiglia e il fratello negli Stati Uniti per stabilirsi in New Mexico. Più ossessionato che appassionato di cinema, amante degli horror e dei B movie, studia al Santa Fe college e poi all’American Film Institute. Si fa notare fin dal suo saggio d’esame The Strange Thing About the Johnsons (lo trovate su Youtube: sconvolgente vicenda di incesto che scardina ogni certezza). Con Hereditary – Le radici del male, film a basso budget, rifonda il genere horror e riscuote un enorme successo al botteghino. Con Beau ha paura fa un passo più in là, attribuendo al protagonista le sue paure e le sue ossessioni in un viaggio onirico di tre ore dove Darren Aronofsky incontra Wes Anderson sotto lo sguardo benevolo di Benjamin Button.
Il film si divide in blocchi, nel primo il magnifico Joaquin Phoenix parlando con lo psichiatra dice che andrà a trovare la madre con la quale, capiamo subito, il rapporto è devastato. Tutto congiurerà per non farlo partire, come in quei sogni dove ogni nostra azione viene sabotata. In un crescendo angoscioso il mondo si rivolta contro Beau che passivamente si lascia sommergere dalla violenza di cose o persone, che siano le persecuzioni dei vicini di casa, le aggressioni in strada o anche una bizzarra famiglia caritatevole che pretende di adottarlo, in sostituzione del figlio morto in guerra.
Ogni immagine ha i contorni dilatati del grandangolo e molte sono le riprese dall’alto come se si osservasse la terra dal corpo astrale. I personaggi che incontra lungo la sua strada sono tutte maschere deformate e ciascuna a suo modo terrorizzante anche quando si presenta all’inizio col suo volto più affidabile. Beau fugge da tutto perché in nessun posto trova pace o amore e finisce in un bosco da fiaba dove incontra una compagnia di attori girovaghi. Qui, pescando a piene mani dalla psicanalisi, dall’immaginario collettivo e dall’universo delle fiabe il regista lo fa scorrazzare avanti e indietro per la sua vita, da prima della nascita fino alla morte. E ancora una volta la passività di Beau, la sua vinta rassegnazione coadiuvate dalla perfidia del destino gli impediscono di prendere in mano le redini della sua vita. E arriviamo alla fine, a quell’incontro che incombeva fin dall’inizio: la comparsa della madre. Ancora una volta incubo e liberazione, scontro col tabù e disvelamento, e ovviamente paura, paura, paura.
Nel gran pentolone delle vicende e delle immagini (Ari Aster gira molto bene e sa dosare il pathos) troviamo l’oppressione di una madre castrante e quindi modello di ogni futura figura femminile, l’inadeguatezza e il senso di colpa per non essere stato all’altezza delle aspettative famigliari e del mondo intero (la paranoia non gioca mai al risparmio), la sensazione di non essere mai stati davvero voluti, desiderati e quindi amati e lo sgomento di fronte a un ideale di virilità ormai inarrivabile. Ci sono la fiaba, il romanzo di formazione, il mélo alla Douglas Sirk rivisto attraverso lo sguardo di Todd Haynes e tanto tanto altro.
Non sono concesse vie di mezzo: o vi lasciate prendere per mano e entrate con Joaquin Phoenix (gigantesco in ogni fotogramma) nel castello delle streghe o scappate subito a gambe levate. In ogni caso, provate ad avere meno paura dei vostri incubi.
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