
L’immenso Favino segue la legge del cuore
Comandante
Di Edoardo De Angelis
Con Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Johan Heldenbergh e Silvia D’Amico
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Siamo un paese a cui piace far polemica su ogni cosa, un paese di liti perenni fra Guelfi e Ghibellini. E così anche sul bel film di Edoardo De Angelis si è scatenato un dibattito inutile: in molti lo hanno accusato di strizzare l’occhio al governo in carica perché racconta un episodio della Seconda guerra mondiale che ha per protagonista un militare della Marina, fascista ovviamente. Peccato che il progetto del film risalga a ben prima dell’insediamento della Meloni e poi, perché mai dovrebbe essere proibito far conoscere eventi del passato? Detto questo, il film, se proprio vogliamo analizzarlo da un punto di vista politico, non si concentra per niente sulla fede ideologica, ma sulla sua storia personale, del protagonista, Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini, uno dei tanti della nostra Marina quasi tutti andati distrutti durante la guerra. E’ lui che segue la macchina da presa, dall’inizio alla fine del film, senza mollarlo un attimo.
Il fascismo è rappresentato soprattutto e direi solo nella sua estetica e solo nella prima parte del film, dove entrano nella vita privata di Todaro, in famiglia con la bella moglie innamorata, compreso nei suoi dubbi. Già ferito, fasciato in un busto, decide di tornare al fronte, perché questo è il suo dovere di uomo e quello chiedono i tempi. Il fascismo lo respiriamo nei colori metallici e seppia, negli accenni art déco, nelle riprese dal basso che ingigantiscono volti e azioni. E’ lo spirito dell’uomo forte che traspare dal taglio delle immagini, più quello degli uomini di un tempo che non quello dei militanti del Fascismo.
Uomo dei tempi passati, orgoglioso e fiero, legato alla famiglia e alla patria, ma anche affascinato dall’esoterismo, Todaro si imbarca coi suoi ragazzi che protegge con spirito paterno ma solo quando nessuno lo vede, nello sguardo malinconico lascia trasparire la consapevolezza che molti di quei marinai non torneranno più a casa. Il sommergibile parte in missione, con a bordo ragazzi provenienti da tutte le regioni d’Italia, ciascuno col suo carattere, ciascuno col suo dialetto e il clima fa riferimento molto più alla commedia all’italiana che ai tradizionali film di guerra come U boat che anzi sono quanto di più lontano si possa immaginare dal lavoro di De Angelis.
Se è vero che ci sono le attrezzature militari, che ci sono gli scontri e i razzi, restano in qualche modo in secondo piano rispetto alla commedia umana che raggiunge il suo culmine quando, dopo avere abbattuto il mercantile belga Kabalo, Todaro, contravvenendo alle regole militari, accoglie a bordo i naufraghi. Che tecnicamente non sono nemici (il Belgio all’epoca era neutrale) ma già sono vicini agli alleati (infatti si scoprirà poi che sulla loro nave trasportavano armi inglesi).
L’equipaggio accetta di buon grado la decisione del comandante, amato e stimato, anche se condividere gli spazi già angusti del sommergibile e lo scarso cibo coi 26 naufraghi, non è semplice.
Uomo di mare prima che uomo di armi e di guerra, Todaro segue la legge del cuore ed è forse la stessa che fa salvare oggi tanti migranti nel canale di Sicilia. Film edificante e buono anche se non buonista con Favino che giganteggia come sempre. Sulla scia degli attori americani, è dimagrito di otto chili nel corso delle riprese per rendere più credibili le privazioni della lunga navigazione.
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