RIFLESSI DI CINEMA

Pacifiction: una Tahiti diversa

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Una storia notturna, onirica, paranoica, buia che ci racconta la Polinesia Francese attraverso gli occhi del suo protagonista

Pacifiction

un film di Albert Serra
con Benoît Magimel, Pahoa Mahagafanau, Sergi Lopez

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Il primo aggettivo che mi viene in mente è: strano. Il film di Albert Serra è veramente un oggetto complicato da definire e da spiegare. Ben riassunto nel titolo: Pacifiction. Che cosa comunica: che  siamo da qualche parte nell’oceano Pacifico e siamo di fronte a una fiction, una storia inventata. Che però ha continui agganci con la realtà perché molte scene del lunghissimo film (quasi tre ore) sembrano un documentario sui torbidi tropici. E qui arriviamo a un altro punto fondamentale: è vero che il film è tutto girato a Tahiti, Polinesia francese, ma dimenticatevi i dépliant turistici. La storia è tutt’altro, notturna, onirica, paranoica, buia, per niente turistica, mai solare.

Albert Serra, sofisticato regista catalano, comincia a ragionare sulla sceneggiatura partendo da un libro, le memorie di Tarita Tériipaia che per dieci anni fu moglie di Marlon Brando. Si erano conosciuti nel 1962, durante le riprese di Gli ammutinati del Bounty, di cui lei aveva uno dei ruoli principali. Nel libro racconta naturalmente il suo rapporto con l’attore, ma anche la sua vita, a cominciare dall’infanzia in cui la purezza di Papeete viene contaminata dalla cultura occidentale, dal colonialismo  e poi occupata dai set hollywoodiani. Anche se poi la storia ha preso un’altra strada, quell’atmosfera di incontro scontro fra due mondi è rimasta il cuore luminoso di Pacifiction.

Protagonista assoluto e straordinario è Benoît Magimel che interpreta De Roller, Alto Commissario della Repubblica, rappresentante dello stato francese. Un uomo abituato alla diplomazia della politica e dei rapporti internazionali, che per tutto il film non fa altro che girare per la terra a cui sovrintende cercando di capire quello che sta succedendo e arginare eventuali conflitti. Infatti la vita languida e indolente dell’isola, scandita da night club, spiagge e ristoranti di lusso, viene guastata da una voce: solo un pettegolezzo? Forse, ma gli abitanti più giovani sono convinti che riprenderanno gli esperimenti nucleari di cui la zona era stata oggetto dagli anni Sessanta ai Novanta. E covano rivolte.

De Roller non riesce a crederci ma segnali preoccupanti irrompono qua e là, c’è forse un sottomarino al largo, la malavita locale carica sui motoscafi giovani prostitute dirette chissà dove, un ammiraglio fa il misterioso e vari personaggi, emblematiche incarnazioni neocolonialiste, hanno comportamenti inspiegabili.  Magimel, presente in tutte le inquadrature, si porta sulle spalle tutto il film ed è magnifico, lo spettatore indaga coi suoi occhi e come lui non viene a capo di nulla, i tempi lenti, le sequenze dilatate, i silenzi conferiscono alla narrazione istanti di cinema verità. Magimel ci piace, è affascinante, elegante, sa muoversi, è attento e calcolatore, impeccabile in ogni contesto. In una sequenza culto lo vediamo con l’inseparabile completo di lino chiaro su una moto d’acqua, solcare le onde dell’oceano durante una tempesta. Anche nel night club dove i camerieri e le cameriere sono seminudi non perde il suo aplomb discreto e ha gli stessi modi garbati  nei confronti di  Shannah, un transessuale che conosce tutti i segreti dell’isola ed è interpretato da un attore polinesiano. Vagamente somigliante ai femminielli napoletani, Shannah (Pahoa Mahagafanau) fa parte di quelli che la tradizione locale chiama RaeRae o Mahu, cioè uomini cresciuti come donne e che le loro famiglie o la società destinano a impieghi “femminili”. Oggi grazie alla chirurgia si può cambiare sesso, ma per molto tempo non è stato così e ciò ha creato un’ambiguità diffusa e morbosa  che nel film si respira a pieni polmoni.

In Pacifiction non siamo nei dolci tropici, ma nei torbidi tropici, dove perdersi è fin troppo facile e succede anche allo spettatore che ha la sensazione di essere su una nave alla deriva con il mare in tempesta, immedesimandosi nel protagonista, vedendo il mondo coi suoi occhi e preoccupandosi con lui. Un’esperienza immersiva e totalizzante.

 

 

 

 

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