Quando il coraggio di una donna ci insegna la sopravvivenza
QUO VADIS, AIDA?
Regia diJasmila Žbanić
con Jasna Đuričić, Izudin Bajrović, Boris Ler, Dino Ajrović, Boris Isaković
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Ci sono storie che pensiamo di conoscere, drammatiche vicende del passato su cui vorremmo stendere un velo, perché ci fanno stare male e rivisitarle in modo approfondito potrebbe angosciarci. Ma sono storie che è necessario conoscere nel dettaglio ed è proprio la necessità l’aspetto più intenso che ci turba nel film di Jasmila Žbanić Quo vadis, Aida?, regista di Sarajevo, già premiata con l’Orso d’Oro alla Berlinale nel 2006 con la sua opera prima Il segreto di Esma. Jasmila Žbanić ha lavorato a lungo per riuscire a raccontare i fatti del film, personaggi e dialoghi di fiction, in un contesto assolutamente vero. Ha letto, cercato, intervistato, ha lasciato sedimentare il dolore e poi, quando ha trovato i mezzi per la produzione, perché è un film imponente quindi costoso, ha iniziato a girare.
Quo vadis, Aida? ci porta nella Bosnia del luglio 1995, a Srebrenica. Aida, insegnante, un marito, due figli poco più che adolescenti, è un’interprete che lavora con l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Quando l’esercito serbo occupa la città, gli abitanti terrorizzati fuggono, mentre i serbi devastano ogni cosa. Alcuni trovano rifugio nell’accampamento delle Nazioni Unite, ma sono molti di più quelli che bivaccano all’esterno, perché la struttura non riesce ad accogliere tutti. E lentamente la tragedia si consuma, sia per Aida che per tutti gli altri, forze della Nazioni Unite comprese.
La donna per il suo ruolo sa come procedono le trattative fra l’Onu e i generali serbi, sente il pericolo, tocca con mano le menzogne, si dispera per il destino della sua famiglia, fa tutto quello che può per loro, ma non può sottrarsi al suo ruolo di interprete. Più le ore passano, più la situazione si fa tesa, più è difficile per Aida trovare il modo per salvare il marito e i figli: i serbi preleveranno tutti, separando gli uomini dalle donne e ancora oggi tanti corpi non sono stati trovati. In modo asciutto e rigoroso il film mette in scena la tragedia di una città, un genocidio.
Guardando le concitate trattative, sentendo l’impotenza dell’Onu, abbandonata dalla sede centrale, seguendo la disperazione di Aida ci immaginiamo le tante situazioni simili di cento altri conflitti. Qual era e qual è oggi il comportamento giusto in situazioni simili? Il film non dà risposte, noi ne abbiamo e alla fine pensiamo che forse non esistano. Brutta storia la guerra, gioco che si chiude sempre senza vincitori: l’unico modo per salvarsi è non cominciarla, ma la storia ha dimostrato e continua a dimostrare che non è così.
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