RIFLESSI DI CINEMA

Riabbracciare Parigi dopo la tragedia del Bataclan

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Sopravvissuta al terribile attentato, per la protagonista del film l’unica strada per ritrovare l’umanità è quella di ricordare

Riabbracciare Parigi

 

Di Alice Winocour
con  Virginie Efira, Benoit Magimel  _____________________________________________________________

Un film notturno, zoppicante, incerto, confuso: come Mia, la protagonista, sopravvissuta agli attentati del Bataclan. Non è facile ricominciare a vivere dopo un’esperienza traumatica come quella, non si sa come rimettere assieme i cocci di uno specchio andato in frantumi. Da qualunque parte si guardi alla propria vita, non potrà mai essere la stessa di prima.
Riconciliarsi con il mondo e con se stessi, fare i conti col senso di colpa dell’essere vivi, dibattersi fra la voglia di dimenticare e il bisogno di ricordare, impossibilitati a condividere un’esperienza così devastante con i parenti o gli amici, perché solo chi ha vissuto gli stessi momenti può capirti davvero.

Il fratello della regista era al Bataclan e, come Mia, è sopravvissuto. Il film è dedicato a lui e pensando a lui la regista ha scritto la storia che ha portato sullo schermo. E’ tutto terribile, è tutto poco comprensibile, perché l’orrore non ha spiegazioni né tantomeno giustificazioni, ma il film allontana lo sguardo dagli autori del massacro (vediamo solo i loro piedi, i mitra puntati, gli spari) per concentrarsi con la più delicata empatia sulle vittime. Che sono persone, non numeri come quelli che riportano i giornali, sono uomini e donne e ciascuno ha una storia e una sensibilità differente.

Siamo nel cuore di Mia e vediamo coi suoi occhi. Mia è giovane, serena fino a pochi attimi prima, fa la traduttrice, ama molto il suo lavoro e ha un compagno medico. La sua è una vita come tante altre di una grande città. Dopo il Bataclan tutto crolla, come se uno spirito malvagio ti avesse succhiato tutte le energie vitali. La reazione iniziale è quella di salvarsi nel passato, infatti resta tre mesi dalla madre, in campagna, ma non può essere per sempre così torna nella sua Parigi: qual è la strada per poter riabbracciare la sua città dopo quello che è successo?

I ricordi di quella terribile sera sono confusi, ha un vuoto di memoria che riempie lentamente, sulle prime cerca di mettere una pietra sul passato, poi capisce che l’unica strada per ritrovare l’umanità è quella di ricordare. Di ricostruire. Non si può fare da soli, bisogna essere almeno in due, racconta il film, ed ecco che Mia (ma quanto è brava Virginie Efira?) cerca a passi incerti, chi può aiutarla. Torna nel ristorante teatro della strage e scopre nei dettagli i frammenti della memoria perduta. Cerca i volti di chi c’era nel locale quella sera frequentando il gruppo dei sopravvissuti, legge il sito dedicato, la pagina Facebook e man mano qualcosa affiora.
Che può essere prezioso, perché al centro del trauma si può anche trovare un diamante.

Torna con la memoria alla sera dell’attentato e si chiede cosa succeda quando ti senti a un passo dalla morte. Pensi a quello che hai lasciato di incompiuto, fosse anche solo lo yogurt mangiato a metà rimesso nel frigorifero e poi guardi lo sconosciuto che il caso ti ha messo di fianco e lo abbracci come se fosse la persona più importante del mondo e ti lasci tenere per mano per farti confortare. Secondo alcuni studi essere tenuti per mano sviluppa ossitocina, e dà una sicurezza paragonabile a quella di un neonato allattato al seno materno. Un mondo a parte ospita tutti quelli che hanno condiviso un’esperienza estrema e Mia sente il bisogno di trovarli, di parlare, di confrontare i suoi ricordi e le sue emozioni con le loro. Chi era quel ragazzo che l’ha tenuta per mano? Chi c’era vicino a lei al tavolo? E si apre lo spazio per nuovi incontri, per inaspettate intese.

Il film scorre emozionante ma sempre asciutto nella dignità profonda del dolore e racconta una Parigi multietnica dove la tragedia non ha risparmiato nessuno ma ha anche fatto affiorare le contraddizioni della nostra società. Perché “se a Parigi all’improvviso sparissero tutti i senegalesi e gli srilankesi non mangerebbe più nessuno”.  La morte non fa sconti e nella follia del terrorismo sono stati colpiti tutti. Solo cercarsi, parlarsi, aprirsi può dare speranze per quel dopo in cui tutti vogliamo credere ancora.

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