
Sanremo 2021: Amadeus e Fiorello perdono ma vince il rock
7 Marzo 2021. Ore 2.41: anche questa edizione è andata!
Hanno vinto i Maneskin, lontani da qualsiasi pronostico, sono la conferma che ormai il televoto è l’ago della bilancia e, conseguentemente, chi viene da un talent ha sempre una possibilità in più di salire sul podio. Possono piacere o non piacere, ma sono indubbiamente d’impatto. Portano per la prima volta su questo palco un rock con influenze quasi punk e, se accetteranno di andarci, anche buone possibilità di successo all’Eurovision Song Contest.
Al secondo posto i vincitori annunciati, Fedez e Francesca Michielin che, sempre grazie al televoto, risalgono la mezza classifica dove li avevano relegati i voti delle giurie “di qualità”, ma pagano forse la non più giovanissima età del Signor Ferragni nonché la sua incredibile rigidità sul palco, cosa che non ti aspetti certo da uno che qualche anno fa riempiva gli stadi con J-Ax.
Come da tradizione, al terzo posto ci dev’essere “la qualità”, e infatti ci si attesta Ermal Meta, che Orchestra e Sala Stampa avevano posizionato sul gradino più alto del podio. Il resto della classifica non riserva sorprese particolari, se non un’Orietta Berti che con i suoi eclettici outfit entra nei primi dieci, segno che la costante presenza televisiva ha il suo ritorno trasversale, o un Renga al 22esimo posto, forse vittima di qualche problema di voce. Curiosamente, dei primi tre classificati, l’unica ad avere già un album nei negozi è la Michielin. Per gli altri bisognerà aspettare qualche settimana. In un mondo in cui il mercato discografico naviga in pessime acque da anni, è una mossa indubbiamente sbagliata: oggi nessuno “aspetta” più l’uscita di un disco dopo il Festival di Sanremo: o glielo fai trovare a catalogo, o altrimenti fra due settimane molto probabilmente non lo cercherà più. Meditate discografici, meditate.
I dati di ascolto certamente non entusiasmanti credo proprio scongiureranno il rischio di un terzo Amadeus che qualcuno già ventilava. Questo gli consentirà di rilassare un po’ le mascelle, dopo le ore di matte risate che si è fatto (beato lui!) e speriamo consenta a Fiorello di rinnovarsi un po’ visto che in questo Sanremo ha rasentato l’avanspettacolo manco fosse al Bagaglino.
Mi ero ripromesso di non chiudere questa difficile edizione del Festival con una raffica di critiche per non cadere nel clichè di quello a cui non va mai bene nulla, per cui partirò dicendo che mi è piaciuta molto la scelta delle presenze femminili a rotazione, tutte assolutamente all’altezza del ruolo e che, per una volta, sono stata una presenza su quel palco molto più dignitosa dei conduttori titolari. Un bel cambiamento dopo decine di bellone pervenute da tutto il mondo, spesso incapaci di dire anche solo due parole in italiano di senso compiuto.
Mi è piaciuto rivedere all’Ariston personaggi che hanno contribuito a costruire la fama del Festival di Sanremo, dall’immensa Ornella Vanoni (mitica nel bacchettare Fiorello!), alla travolgente Loredana Bertè, passando per Gigliola Cinquetti, Leali, Tozzi, Marcella e Pausini. Invece di parlare per ore di cose assolutamente fuori contesto, raccontare un po’ del passato della manifestazione con le voci che quel passato l’hanno vissuto, non può fare che bene alla musica italiana di oggi.
Mi è dispiaciuto invece, proprio perché è stata una mancanza di rispetto alla storia del Festival che siano stati estromessi dal cast parecchi nomi che si erano candidati e che ci avrebbe fatto piacere rivedere, per fare spazio invece ad almeno una decina di nomi pressochè sconosciuti ai più, pescati a caso nell’ambiente indie, rap e trap. Incidentalmente il grosso di questi nomi giace negli ultimi posti della classifica, a riprova che il loro pubblico continua a non guardare il Festival, malgrado la loro presenza. Senza nulla togliere al loro valore artistico e allo spessore delle loro carriere, di questo passo la conformazione della categoria “Campioni” andrebbe forse ripensata o riformulata. Tra parentesi, sono certo che i brani proposti da una Mietta o una Giusy Ferreri, per dire due nomi a caso, non potevano certo essere peggio di altri presenti in gara.
Non posso esimermi su una considerazione su Achille Lauro, che stavolta è stato messo a fare la cosa che gli riesce meglio: quadri, immagini, citazioni. Cita infatti Renato Zero, David Bowie, Mina… geniale e inappuntabile. Mi piacerebbe però che ci fosse un po’ più di musica alle spalle: Zero e Bowie hanno usato la trasgressione per far notare la loro musica, Achille Lauro al momento non mi pare abbia ancora trovato una sua identità sotto questo punto di vista… ma diamogli tempo.
Inevitabile infine affrontare la questione delle serate di lunghezza biblica. Le più lunghe, la finale e quella di mercoledì, si sono concliuse dopo le 2.30. Notte fonda. Perché? Sicuramente ci sarà qualche meccanismo che mi sfugge legato agli ascolti, altrimenti non trovo alcuna spiegazione plausibile. Non si chiede la telegraficità di un Eurovision Song Contest, in cui in meno di tre ore si ascoltano 26 canzoni, ci sono un paio di segmenti con ospiti e balletti e si vivono le votazioni in diretta, ma non si possono più tollerare queste serate fiume, infarcite di qualsiasi cosa, che affossano le canzoni in gara in un mare di noia e banalità. Qui mi tirerò addosso le ire di tutto il mondo calciofilo (che peraltro credo proprio non segua Sanremo), ma a cosa è servita la presenza su cinque serate di Zlatan Ibrahimović? Un’ospitata sarebbe stata più che sufficiente, se proprio ci si doveva spendere il nome. I vari siparietti dove è stato collocato, tutti pressochè uguali, sono serviti solo a “diluire una minestra” già sufficientemente lunga.
Chiudo dicendo che mi è piaciuto molto l’appello di Alessandra Amoroso e Matilde Gioili per i lavoratori dello spettacolo, messi in ginocchio dall’anno di pandemia. Non mi è piaciuto per niente invece che sia stato relegato quasi all’una del mattino della serata di giovedì, quando avrebbe dovuto essere collocato in apertura della prima serata o della finale, dimostrando che, nell’unico teatro che ha aperto i battenti in questi mesi, almeno il pensiero sia andato a tutti quei sipari chiusi da troppo tempo. Nella speranza e con l’augurio che possano riaprirsi presto e per sempre.
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