
Sanremo 2022: ecco cosa ne pensiamo
E dopo la consueta serata fiume, si è chiuso anche il 72° Festival di Sanremo. Visto che l’ora è tarda e l’etá avanza, per non perdere i pezzi ho deciso di organizzare le mie considerazioni finali in capitoli, quindi andiamo per ordine…
LA CLASSIFICA FINALE
Nessuna sorpresa per le prime due posizioni che hanno fatto salire sul podio esattamente i nomi che ci si aspettava: vincono Mahmood e Blanco, presentati come vincitori annunciati giá da tempo. Che siate d’accordo oppure no, è andata così. Elisa al secondo posto, anche lei quotatissima dai bookmakers, ha confermato le previsioni. L’outsider in questo caso è stato solo l’inossidabile Gianni Morandi che nelle interpretazioni dal vivo con l’orchestra è riuscito a dare corpo a una canzone di Lorenzo Jovanotti che a un primo ascolto sembrava essere un pó fuori dalle sue corde e a convincere anche i televotanti che per un fatto anagrafico sono tendenzialmente fuori dal suo fan base, guadagnando un’inaspettato terzo posto. Ormai non si parla piú di vendite di dischi, ma le radio e gli ascolti in streaming riscatteranno indubbiamente il 16° posto di “Chimica” di Rettore e Ditonellapiaga e di “Ciao Ciao” de La Rappresentante di Lista che nella serata finale si attesta solo al 7° posto. Peccato anche per un brano splendido come “Lettera al di la del mare” di Massimo Ranieri relegato all’8° posto, ma siamo certi che diventerá un classico e si aggiudica meritatamente il Premio della Critica Mia Martini.
MUSICA & CANZONI
Quest’anno dobbiamo riconoscere ad Amadeus che la musica è stata selezionata in modo inappuntabile, con canzoni in gara che abbracciano davvero tutti i generi della musica italiana e che finalmente non sono esageratamente pretenziose. Abbiamo attraversato infatti anni e anni ad ascoltare al Festival pallidissime copie de “La Canzone dell’amore perduto” o de “La cura”, con enormi pretese qualitative, ma che alla fine risultavano solo di una noia mortale. Quest’anno siamo tornati a una selezione di canzoni con una buona percentuale dal sapore pop o danzereccio, che magari non saranno capolavori ma le si ascolta volentieri e ti entrano in testa. Com’era storicamente nella mission sanremese.
Anche la serata delle cover, che alla presentazione suonava un po’ decontestualizzata, privata del vincolo dell’origine festivaliera dei brani e addirittura di quello che fossero canzoni italiane, è stata esplosiva, variegata e costellata di performance strepitose, prima fra tutte quella di Gianni Morandi con Jovanotti che fa letteralmente impazzire teatro e sala stampa aggiudicandosi il primo posto in classifica. Colpisce nel segno anche Elisa, con “What a feeling”, che attira l’attenzione negli States dell’autore Giorgio Moroder, emoziona una splendida Iva Zanicchi, che omaggia Milva con “Canzone”, impreziosita da un arrangiamento meraviglioso e dall’intro originale con la voce della Pantera di Goro. Tra le altre “punte di diamante”, La Rappresentante di Lista che travolge il palco rileggendo “Be my baby” con Cosmo, Ginevra e Margherita Vicario, ma anche Mahmood e Blanco, che mantengono il mood sweet & tender di questa loro settimana sanremese personalizzando un evergreen italiano come “Il cielo in una stanza”, canzone che poteva sembrare lontano anni luce dal loro mondo. Una citazione infine per Emma Marrone, che brilla più nella cover che con il suo brano in gara: “Baby one more time” di Britney, in duetto con Francesca Michielin rinasce a nuova vita e spettina di nuovo il pubblico del teatro.
LOOK & OUTFIT
Anche il capitolo outfit di questo Festival è stato variegato, partendo dalla folle eleganza di Orietta Berti, che in quarta serata indossa un remake del suo storico abito di Mila Schön e troneggia iconica come Techno Fata Turchina cantando “Luna Piena” nella serata finale. Fantastici gli abiti in tutte le nuance di rosa di Aka7even, Sangiovanni e Dargen D’Amico, che invece nella serata dei duetti sfoggia un completo esageratamente floreale di Federico Cina che vorrei avere il coraggio di indossare anch’io. A proposito di rosa, una citazione particolare a La Rappresentante di Lista che non ha sbagliato un colpo, né nelle performance, sempre inappuntabili e travolgenti, né nei look eleganti e trasgressivi. Erano partite bene anche Rettore & Ditonellapiaga, ma nella serata finale Dada ha ceduto alla tentazione di scoprire le gambe riciclando un abitino del periodo “Kamikaze rock’n’roll suicide”: mai cedere a queste tentazioni!
Chiudo il capitolo dei look toccando un argomento di cui non volevo parlare, ma proprio non ci riesco: la canottiera di Giovanni Truppi. Credo che nel 2022 la canottiera per l’uomo dovrebbe essere un indumento vietato dalla legge. Punto. Se proprio hai un motivo particolare per indossarla, vai dal medico, te la prescrive, la compri in farmacia e la indossi SOLO in casa tua. Se la devi indossare in pubblico, e sottolineo SE, il medico ti fa spogliare e valuta se hai un fisico diciamo tra Raul Bova e Roberto Bolle: a quel punto, previa prescrizione di canotta elasticizzata CK o Dolce e Gabbana sei sdoganato. Altrimenti niente! Soprattutto sul palco di Sanremo! Al limite se vuoi giocartela sul ti vedo e non ti vedo, ti accontenti di un voile come Blanco o del centrotavola di nonna Pina di Irama.
SIGNORE & SIGNORINE
Affrontiamo anche il capitolo co-conduttrici. Dopo un inizio imbarazzante con una rigidissima Ornella Muti e un’impacciata e spaesata Lorena Cesarini, la qualità e salita alle stelle con Drusilla Foer, splendida, originale, travolgente, ironica e autoironica nei suoi purtroppo pochi e brevissimi interventi, e immensa nel suo monologo sull’unicità, che resterà nella storia del Festival di Sanremo anche se inspiegabilmente è stato relegato all’una del mattino. Brava anche Maria Chiara Giannetta che in un divertente “dialogo tra innamorati” con il suo collega in “Don Matteo” Maurizio Lastrico, cita in due minuti e mezzo una raffica di brani storici della musica italiana, da “Parole parole” a “Musica leggerissima”. Per la finale abbiamo Sabrina Ferilli sempre fedele a se stessa: spontanea e caciarona, magari un pó troppo, ma piace anche per questo.
OSPITI MUSICALI & NON
I cosiddetti superospiti non hanno convinto, fatta eccezione per i Maneskin che meritano un capitolo a parte e dei quali abbiamo già parlato negli articoli precedenti. Laura Pausini è alla sua settima partecipazione come superospite a Sanremo, quindi definirla tale è quantomeno una forzatura, visto che praticamente fa parte dell’arredamento come le poltroncine nel foyer dell’Ariston. L’atteggiamento da ragazza della porta accanto comincia a mostrare crepe da tutte le parti e ci sembra anche eticamente poco rispettoso nei confronti dei suoi colleghi che lei possa promuovere il suo nuovo singolo su quel palco senza mettersi in gioco.
Lo stesso vale per Cesare Cremonini, che pur bravissimo nella sua performance, pare un po’ sovrastimato nella veste di superospite, visto che non “infila” il pezzo giusto da anni. Prova ne è il fatto che la platea si accende solo sulla vecchia “50 Special”. Nella serata finale ci è invece piaciuto molto Marco Mengoni e la domanda sorge spontanea: perché a lui cosí poco spazio rispetto agli altri ospiti?
Emozionante il tributo a Raffaella Carrá con la presentazione del musical “Ballo ballo”, tratto dal film spagnolo “Explota explota” di cui partiranno a breve i casting e che dovrebbe andare in scena l’anno prossimo. Le musiche sono state rielaborate dal Maestro de Amicis e suonate dal vivo dall’Orchestra del Festival, mentre la voce era quella di Raffaella, anche nelle parti parlate. Davvero emozionante.
Pollice completamente verso invece sugli ospiti fuori luogo, tradizione che continua anche se con un trend fortunatamente in calo. Quest’anno sono stati pochi, ma quello di Roberto Saviano, assolutamente apprezzabile in una sede appropriata, ha “ammazzato” la terza serata con un intervento di mezz’ora che ha messo in pausa il ritmo della manifestazione riportandola agli orari a cui ci aveva abituato Amadeus lo scorso anno. Giusto parlare dell’anniversario delle stragi di mafia, ma il Festival di Sanremo non è la sede appropriata.
Complessivamente quindi un bilancio positivo per l’Amadeus ter, che ha sfrondato un pó dei difetti delle due edizioni precedenti confezionandone una dinamica e gradevole, con ascolti ancora una volta da record. Chissá che l’anno prossimo non faccia poker.
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