RIFLESSI DI CINEMA

Spielberg si affida al cinema per raccontare se stesso

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Un film necessario e vero che anche quando inventa resta un’autobiografia onesta, poetica, intima e spettacolare di uno dei più grandi registi di ogni tempo

The Fabelmans

un film di Steven Spielberg
con Gabriel LaBelle, Michelle Williams, Paul Dano, Seth Rogen, Judd Hirsch  _____________________________________________________________

Nel 1952 Sammy Fabelman ha sei anni, gli stessi che aveva all’epoca Steven Spielberg, che è nato nel 1946 e a 76 anni ha girato il suo film più personale: non c’è trucco, non c’è inganno, Sammy, il protagonista del nuovo stupendo film di Spielberg, è il regista stesso che si racconta senza più bisogno di filtrare la sua autobiografia attraverso le storie degli altri, che siano gli alieni, i soldati valorosi o gli avventurosi archeologi alla ricerca di arche perdute. In fondo ogni autore racconta sempre se stesso, gira sempre lo stesso film così come ogni scrittore scrive sempre lo stesso libro, partendo da visuali differenti, qualche volta barando con lo spettatore o col lettore, ma il cuore non cambia.

Qui Spielberg bara pochissimo, non si adagia su una piatta autobiografia ma la arricchisce con tutto il suo mondo di vita vera e di immaginazione. E se I Fabelmans entusiasmerà fino alle lacrime chi conosce a memoria la sua filmografia e ama il cinema piacerà comunque anche a tutti gli altri, perché è un film necessario e vero e anche quando inventa resta un’autobiografia onesta, poetica, intima e spettacolare. E proprio per questo universale.

Allora avevamo lasciato Sammy Fabelman bambino, all’inizio del film, quando viene portato per la prima volta dai genitori al cinema, momento, scena primaria direbbe uno psicanalista, che segnerà tutta la sua vita. Sullo schermo scorrono avvolgenti, fluviali le immagini di Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. de Mille e Sammy ne resta stupito e incantato, perché scopre la potenza della fantasia e dello spettacolo. Ciascuno a suo modo, mamma e papà cercano di spiegare al figlio di che cosa si tratta, ma mentre il padre insiste sul versante tecnico, la mamma abbraccia la poesia e il piccolo, proprio come Spielberg, farà tesoro delle due visioni, fondendole.

Paul Dano e Michelle Williams, nel ruolo dei genitori, ricordano certi mélo degli anni Cinquanta ma ancora di più gli americani tipici di tante serie televisive, quelli che credevano nel progresso, in un mondo perfetto e nella grandezza di un’America ancora innocente. Che è poi il contesto che ha fatto da sfondo all’infanzia del regista, su cui ha pesato anche la ferita della separazione dei genitori (raccontata in tanti suoi film), una scoperta che Sammy farà ancora una volta attraverso il filtro del cinema.

In un’alternanza di vita e cinema, indissolubili, Sammy comincia a girare cortometraggi, coinvolgendo i fratelli e gli amici, inventa effetti speciali artigianali, comunica con gli altri e col mondo attraverso le sue storie e la macchina da presa e quello che il padre si ostina a considerare solo un hobby, diventerà invece, come sappiamo, il senso di una vita. Il cinema è onnipotente, può contrastare l’antisemitismo, arginare i bulli, far superare la timidezza verso le ragazze.

La Storia con la S maiuscola sfiora soltanto la vicenda di Sammy che ha al centro del suo mondo solo la famiglia, gli amici e il cinema e quando una passione è così violenta per forza troverà la sua affermazione. Con delicatezza, come per caso, la storia così intima riesce a toccare temi universali: la fatica di crescere, l’inevitabilità del dolore, la frustrazione di non essere accettati, la difficoltà a capire un mondo che cambia e a trovare il proprio posto anche quando sembra impossibile. In ogni filmino girato da Sammy adolescente chi ama Spielberg individuerà echi dei suoi film, chi lo conosce poco sarà lo stesso appagato perché potrà lasciarsi trasportare  dal miracolo di mille invenzioni della fantasia.

Gli ultimi dieci minuti del film sono esplosivi. Sammy, dopo aver scritto senza ricevere risposte a tutte le case di produzione, finalmente viene chiamato negli studi di Los Angeles e qui incontra il mito, l’immenso John Ford, interpretato da un incredibile, bravissimo David Lynch. Non racconto nulla di questa sequenza, perché è da scoprire e gustare istante dopo istante. Anche solo per imparare quale sia l’orizzonte migliore.

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