
Torna il Furore di Alessandro Greco
Ritornare non significa necessariamente essere andati via. Ritornare a volte significa semplicemente ripresentarsi laddove tutto è iniziato. Addirittura 20 anni fa. Per Alessandro Greco il momento è finalmente arrivato: da venerdì 31 marzo sarà infatti di nuovo in prima serata su Raidue al timone di un cult della Rai, Furore, lo show musicale prodotto da Endemol Shine Italy che ha segnato un’epoca, ha cambiato il linguaggio televisivo ed è entrato nell’immaginario collettivo di una intera generazione. E che, dopo 20 anni, conserva ancora il suo furore di allora. Ad affiancarlo in questa nuova avventura in quattro puntate ci sono Gigi e Ross, il duo comico di Sbandati ed ex conduttori di Made in Sud.
Greco, come vive questo ritorno in prima serata, proprio con il suo programma d’esordio?
La vivo come un grande regalo: per me, di carriera, per il pubblico, che ciclicamente ne ha chiesto il ritorno, e per la tv: questo venerdì riapro la discoteca degli italiani e ne sono felicissimo.
La Rai ha ripescato programmi storici come Furore, Rischiatutto, Soliti ignoti. Operazione nostalgia?
La nostalgia ha un sapore un po’ negativo: è invece importante guardare avanti attingendo sempre dai punti fermi del passato, perché le cose nuove non possono prescindere dalle cose che sono già esistite. Per questo non parlerei di operazione nostalgia, ma di operazione omaggio a un programma mitico, che ha fatto la differenza e ha fatto ascolti che oggi si sognano.
Per anni la sua presenza in tv è stata ridotta: come mai? Ha commesso qualche errore o pestato qualche piede?
Ma no! Io dalla tv non sono mai stato allontanato. Sì, forse c’è stata una esposizione mediatica minore rispetto agli anni 1997-2002, ma ho fatto sempre cose interessanti: mi riferisco ad esempio a Uno Mattina Effetto Estate, a Tale e Quale Show, a Il grande concerto. E poi c’è sempre stata la radio, che ha un pregio enorme: è meritocratica. E la tv dovrebbe prendere molto più spunto da lei.
Che pubblico si aspetta di portare venerdì davanti alla tv?
La tv è cambiata e con lei il pubblico e l’offerta televisiva si è frammentata. Sono quindi assolutamente sereno e tranquillo, per me la cosa importante è fare bene e che tra noi ci sia “furore”. Poi quello che sarà il risultato, per citare Via col Vento, “francamente me ne infischio”. Se una cosa la fai bene, alla fine ti porta il risultato.
A proposito di cambiamenti, questa sarà una edizione social di Furore…
Esatto. Come allora, anche oggi mi rivolgo direttamente a casa per coinvolgere i telespettatori a partecipare al nostro gioco; ma se allora mi basavo sulla mia immaginazione, non potendo vedere realmente cosa facesse il pubblico nel suo salotto, adesso possiamo verificarlo in diretta attraverso lo streaming, i social, gli hastag, le web cam: sarà molto divertente vedere o leggere che le persone stanno giocando veramente a Furore.
Cosa ha di bello questa “nuova” televisione e cosa invece le manca?
Di bello ritengo abbia l’immediatezza, la velocità, mentre le manca un po’ di animo, di cuore, di sentimento.
Che ricordo conserva della prima puntata del Furore targato Carrà-Japino?
Un ricordo straordinario. Quando la telecamera si accese per la prima volta durante la diretta, mi arrivò una botta di adrenalina tale che la mia voce iniziò a tremare E la salivazione si azzerò. Japino dalla regia cominciò a urlare nelle cuffie dei cameraman di portarmi dell’acqua.
Li ha sentiti in questi giorni?
Non ancora, ma prima della diretta di venerdì accadrà; al di là del rapporto artistico, tra di noi si è creato un rapporto personale. Loro sono i miei genitori televisivi: vuoi mettere il loro coraggio di mandare un ragazzetto di 25 anni, semisconosciuto, in diretta in prima serata… è una cosa che non ha avuto precedenti nella storia della Rai e che non si è mai più ripetuta.
Quanto è cambiato Alessandro Greco negli anni?
Sono diventato molto più consapevole, più cresciuto, formato, strutturato.
Se potesse tornare indietro nel suo passato…
Tornerei al 1997, il mio anno di grazia non solo dal punto di vista professionale, ma anche personale. Nel ’97, dopo oltre 10 anni in cui in giro per l’Italia a fare davvero di tutto, con Furore sono arrivato a fare quel botto di successo – che è divenuto poi popolarità – e proprio nel momento di mia massima esposizione mediatica ho incontrato la donna della mia vita, mia moglie (Beatrice Bocci, ndr) e insieme abbiamo subito creato una famiglia, perché c’era già una bambina, che all’epoca aveva 5 anni e mezzo; poi nel ’98 è arrivato il ragazzo.
Non le è mancata un po’ il respirare il pubblico televisivo quotidianamente o almeno in prime time?
Il conduttore è l’artista che che necessità più degli altri di un rapporto costante con il pubblico, perché è quello che trascorre più tempo in video, e più ci si conosce e meglio si sta insieme. Quindi certo,o sono a disposizione sia per un appuntamento settimanale sia – e sarebbe il massimo – quotidiano. Però è bello anche salutarsi, ogni tanto, per poi ritrovarsi. La sovraesposizione è negativa: me lo ha insegnato la Carrà.
0 commenti