
Una Biennale di Venezia che invita a riflettere
“E’ ispirata all’umanesimo ed è un umanesimo che celebra la capacità dell’uomo, attraverso l’arte, di non essere dominato dalle forze che governano quanto accade nel mondo e che, se lasciate sole, possono condizionare in senso riduttivo la dimensione umana.” E’ così che Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia, ci introduce alla 57° Esposizione Internazionale d’Arte che fino al 26 novembre 2017 avvolge la città lagunare, i suoi giardini, il suo arsenale e tutti i suoi canali.

Le “Mani giganti” di Lorenzo Queen (figlio dell’attore Antony Queen), sbucano dal Canal Grande per “sorreggere” Ca’ Segredo.
La curatrice Christine Macel (per chi non la conoscesse, dal 2000 è anche la curatrice del Centre Pompidou di Parigi) “affonda il pennello” con un monito culturale: “In un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo. l’arte è il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà”. Da queste considerazioni nasce il grido, l’urlo, l’incitamento che è diventato lo slogan di questa edizione della Biennale: “Viva Arte Viva”. In un momento storico colmo di conflitti, guerre e minacce terroristiche, l’arte rimane un rifugio interiore, riflessivo e prezioso. Un continuum logico, rispetto all’edizione del 2015 All the World’s futures, dove s’indagavano gli effetti delle sollecitazioni esterne sulle opere degli artisti. Oggi con Christine Macel, dopo che le sollecitazioni hanno dato i loro frutti, lo spettatore guarda l’arte in cerca di risposte, per riappropriarsi di quello che è andato perduto.
Visitando gli spazi espositivi, ci si rende subito conto che questa è senza dubbi una Biennale riflessiva, che chiede ascolto e tempo. Nei giardini della Biennale, che ospitano i magnifici padiglioni di ogni singolo Stato, per raccontarsi, le opere d’arte chiedono tempo e attenzione. Sono infatti molte le creazioni che ruotano intorno a video-installazioni o che culminano con un video per completare il progetto artistico.
PADIGLIONE GERMANIA
Da segnalare, sicuramente il padiglione della Germania (facile da riconoscere per la lunga coda di persone all’ingresso) dove l’artista tedesca Anne Imhof mette in scena Faust (Pugno): una performance di ben quattro ore, dove gli spettatori diventano parte della scena, in un padiglione che è teatro, ma anche vita. Pavimenti di vetro rialzati, piedistalli, stanze e angoli, raccolgono i movimenti dei performer che incrociano i visitatori, non arrivando a un vero dialogo ma rimanendo chiusi nella propria individualità, attraverso il loro corpo che diventa oggetto di consumo. Tema quanto mai attuale, se lo si vuole rapportare alla vita social moderna che questo secolo ci sta offrendo. Il padiglione tedesco rappresenta a pieno il voyerismo che in noi si fa sempre più forte, con una decisa mancanza di dialoghi.
PADIGLIONE ITALIA
I messaggi critici sulla società e i messaggi di pace caratterizzano la stragrande maggioranza dei padiglioni. Lasciando i giardini a favore dell’Arsenale, non si può non vedere il Padiglione Italia curato da Cecilia Alemani che ospita Il mondo magico, di Roberto Cuoghi (un genio). Adelita Husni-Bey e Giorgio Andreotta Calò sono, a nostro parere, gli artisti che hanno dato vita ad uno dei padiglioni più interessanti di tutta l’esposizione (dopotutto, noi italiani viviamo della nostra cultura e ce la portiamo dentro come un Dna). Per primo s’incontra Roberto Cuoghi (già protagonista di una personale interessantissima al Museo Madre di Napoli) che porta il visitatore dal buio alla luce, ispirandosi alla dottrina cristiana dell’Imitatio Christi (titolo dell’opera), in una vera fabbrica di oggetti devozionali, freddi, replicanti, ma di forte impatto visivo.
Adelita Husni-Bey, invece, affianca al video la scultura che affronta delicati argomenti prendendo spunto dall’universo dei tarocchi. Ultimo, ma solo in ordine di apparizione, perché ultimo non è, Giorgio Andreotta Calò, che racconta un mondo fatto di ponteggi, sormontato da pannelli di legno dove in fondo una scala permette all’ignaro ospite di vedere cosa si cela sopra quella distesa di legni, ovvero un mondo sommerso dove a fatica si distingue l’inizio.
Una Biennale che si discosta dalle precedenti per un impatto visivo meno imponente e prepotente, una Biennale sicuramente più riflessiva, che lascia nello spettatore un sapore di non-finito e la voglia di continuare il viaggio che Christine Marcel ha iniziato. Ma questo è un viaggio lungo che richiede tempo e che non si può godere a pieno con frugalità. A differenza delle precedenti edizioni, se volete visitare questa 57esima edizione, sappiate quindi che dovrete mettere in conto almeno un paio di giorni e questo è forse proprio il suo limite, perché purtroppo non è sempre così facile averli a diposizione.
BIENNALE ARTE 2017
Venezia, Giardini – Arsenale
fino al 26 novembre 2017
Chiuso lunedì (tranne il 15 maggio, 14 agosto, 4 settembre, 30 ottobre e 20 novembre 2017)
GIARDINI
Orari: 10.00 – 18.00
Biglietteria: 10.00 – 17.30
Ultimo ingresso: 17.45
ARSENALE
Orari: 10.00 – 18.00
Biglietteria (Campo della Tana): 10.00 – 17.30
Ultimo ingresso: 17.45
Orario venerdì e sabato fino al 30/9: 10.00 – 20.00
Biglietteria: 10.00 – 19.30
Ultimo ingresso: 19.45
Biglietteria Arsenale Nord: 11.00 – 16.00
Image credits: Manuel Figliolini
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