Paolo Santanchè: “Non vendo sogni, ma soluzioni reali”

Etica, esperienza e responsabilità: il dottor Paolo Santanchè racconta la chirurgia plastica come dovrebbe essere

Quando si parla di medicina estetica e chirurgia plastica, serve più che mai una bussola fatta di buon senso, esperienza e onestà intellettuale. È quello che ho ritrovato chiacchierando con il dottor Paolo Santanchè, chirurgo plastico a Milano e Torino. Un confronto ricco, schietto, senza filtri, dove abbiamo toccato tanti temi – dalla stagionalità dei trattamenti alla questione etica, dai device estetici agli errori più comuni, fino al futuro della professione. Un dialogo illuminante con uno specialista che ha fatto della chiarezza e della responsabilità il suo marchio di fabbrica.

Un tempo si diceva che certi interventi si facevano solo in inverno o in autunno: ha ancora senso parlare di stagionalità in medicina estetica e chirurgia plastica?

Una volta si parlava di stagionalità, ma oggi medicina estetica e chirurgia plastica non hanno più stagioni. Chi vive a Rio de Janeiro dovrebbe forse rinunciare per sempre a un intervento perché lì è sempre estate? È impensabile. Quando ero ragazzo, le città d’estate si svuotavano: io abitavo a Torino e quando la Fiat chiudeva la città diventava deserta. Oggi le città sono vive tutto l’anno, Milano ad agosto è solo un po’ più tranquilla, e la pianificazione degli interventi segue più i ritmi personali e lavorativi che non rispettano le stagioni. Certo, con un clima fresco si recupera con la necessità di meno precauzioni per il sole, ma non c’è più una ‘finestra giusta’: ognuno sceglie il momento in cui ha tempo e comodità.

Ci sono momenti dell’anno più indicati per prendersi cura della pelle? E quali trattamenti consiglia in vista dell’estate o dell’inverno?

E’ utile però  distinguere due periodi chiave: prima dell’estate e prima dell’inverno. Ma la cura della pelle deve essere costante, 365 giorni l’anno. Anche quando il sole sembra non esserci, i raggi UV passano attraverso le nuvole. Proteggersi è sempre fondamentale. Il mio consiglio? In vista dell’estate o dell’inverno, di programmare trattamenti rivitalizzanti: acido ialuronico idratante, ad esempio. Ricordiamoci che non serve solo a riempire: è un ottimo alleato per idratare e migliorare la luminosità e il turgore della pelle, come pure le cellule staminali e i precursori cellulari del lipofilling.

Negli ultimi anni si è parlato molto di interventi sempre più rapidi e “soft”: quanto sono davvero cambiati i tempi di recupero post-operatorio e cosa significa oggi, per un paziente, affrontare un intervento chirurgico?

Oggi i tempi di recupero post-operatorio sono notevolmente ridotti. Una volta bisognava programmare un intervento con almeno tre mesi d’anticipo rispetto alle ferie. Oggi, dopo un mese, si può partire tranquillamente per le Maldive anche dopo un lifting, una blefaroplastica o una mastoplastica additiva. Il progresso sta proprio qui: tecniche meno invasive, ma con risultati equivalenti. Per meno invasivo non dobbiamo intendere  fare ‘meno’ perché se si fa meno, si ottiene meno, ma ottenere lo stesso risultato lavorando con più precisione e meno traumi. Questo è il vero compito del chirurgo.

Copertina del libro "Come difendersi dal chirurgo estetico" di Paolo Santanché, con immagine di quattro chirurghi in sala operatoria.**
“Come difendersi dal chirurgo estetico” del dottor Paolo Santanché, pubblicato da Mariotti Editore. Un testo diretto e informato che aiuta i pazienti a orientarsi tra interventi estetici, professionisti del settore e rischi nascosti, offrendo strumenti concreti per riconoscere un buon chirurgo e fare scelte consapevoli.

Secondo lei, qual è il confine tra una chirurgia estetica utile e una spinta solo da logiche commerciali? E cosa significa davvero fare una chirurgia “etica”?

Una chirurgia estetica etica è quella che risolve un disagio psicologico autentico. Se hai un difetto che ti crea malessere, è giusto intervenire. Ma la prima cosa che un medico deve ‘vendere’ – anche se è una parola che detesto – è il consiglio giusto. Quello che darei a mia moglie, a mia figlia, a mia sorella. Purtroppo oggi si cerca spesso di creare un problema al paziente per potergli vendere una soluzione con il relativo guadagno, oppure accondiscendere alle sconsiderate richieste di assomigliare alla propria immagine filtrata. Questo non è il giusto approccio.

Molti pazienti oggi preferiscono trattamenti non invasivi come fili, radiofrequenze o ultrasuoni. Quali sono i reali rischi nascosti dietro queste soluzioni apparentemente “miracolose”?

Negli ultimi anni si è diffusa la moda di trattamenti alternativi non chirurgici: fili, ultrasuoni, radiofrequenze, laser. “Sono soluzioni che sembrano miracolose, ma spesso danneggiano profondamente i tessuti. Quando poi andiamo a fare un lifting vero e proprio, troviamo tessuti fibrosi, duri, con meno elasticità. È come operare la suola di una scarpa. Molti device cosiddetti non invasivi provocano retrazioni cicatriziali e ustioni interne. Il risultato è minimo e la pelle invecchia più velocemente, ma nessuno lo dice. È una tendenza pericolosa, alimentata da marketing e scorciatoie.

Nel corso della sua lunga carriera ha visto cambiare molto la medicina estetica. Cosa pensa dell’approccio delle nuove generazioni di medici e del rischio che il profitto prevalga sull’etica professionale?

Voglio raccontarle un aneddoto. Negli anni ’80, prima dei trapianti di capelli, andava di moda il ‘lembo di Juri’, un intervento abbastanza cruento. Ne praticai un certo numero, anche con un discreto successo; oltretutto era molto richiesto ed eravamo in pochissimi chirurgi a praticarlo. Una notte sognai che avevano sottoposto me a un lembo di Juri… fu un in cubo…E alla fine mi domandai? ‘Mi sottoporrei io a questa tecnica?’ No. Allora perché proporla ad altri? Il problema è che oggi molti giovani – e non solo – sono attratti dal guadagno facile. Ma non è un fenomeno solo della chirurgia estetica: vale per tanti ambiti. Pensiamo alla chirurgia ortopedica: su dieci specialisti che fanno una vista per il ginocchio, nove propongono la protesi, quando spesso basta una puntura di acido ialuronico.

Oggi si assiste a un abuso di filler e trattamenti estetici non sempre necessari. Quanto è importante, secondo lei, saper dosare gli interventi e avere una visione “artistica” della chirurgia plastica?

Ha ragione, si vedono in giro facce gonfie come palloni: troppi filler, troppi trattamenti inutili. A volte interveniamo chirurgicamente su pazienti che hanno fatto di tutto prima, e non dicono nulla al chirurgo. Il lifting è uno degli interventi più complessi, così come la rinoplastica. Serve una notevole sensibilità artistica, così come nella liposuzione, che è davvero una forma di scultura (il dottor Santanché stato il primo a praticare la liposuzione nel nostro Paese, ndr). Io stesso ho progettato le prime cannule per poter eseguire in modo preciso la liposuzione. Quando opero, sento il tessuto, capisco se è fibroso o gommoso e questo non è possibile con la vibroliposuzione, un laser o con gli ultrasuoni, che oltretutto richiedono abbondanti infiltrazioni che deformano il tessuto che dovremmo modellare.

Sedazione o anestesia generale? Su questo tema circolano molte convinzioni. Può aiutarci a fare chiarezza sui pro e contro di entrambe e su cosa determina una scelta consapevole e sicura?

C’è un falso mito: si crede che la sedazione sia più sicura dell’anestesia generale. Non è così. Anzi, una sedazione lunga può essere più complessa. Con i farmaci attuali, leggeri e sicuri, sedazione e generale si praticano con gli stessi prodotti, con una differenza del 10 per ceno. Il punto è che molti interventi vengono “reclamizzati” in sedazione per due motivi: primo perché la maggior parte dei pazienti credono che sia più sicura e con una ripresa più rapida (falso) e secondo perché spesso vengono praticati in strutture che non sono abilitate all’anestesia generale, senza tutte le sicurezze e la sterilità che hanno le strutture abilitate e quindi promuovono la sedazione come una scelta più sicura, quando in realtà è solo una necessità logistica mascherata da vantaggio per il paziente.

Oggi molti pazienti sono attratti da offerte low cost e pacchetti “all inclusive”. Quali sono i rischi dietro a questa corsa al risparmio e perché è importante dare il giusto valore alla visita specialistica?

Un altro grande problema è l’ossessione per il risparmio. Chi propone pacchetti ‘all inclusive’ non è così generoso da pagarsi le spese di maggior materiale o maggior tempo di sala operatoria: taglia sui materiali o riduce i tempi. Io ritengo più corretto far pagare la clinica al paziente, separando onorario e struttura. E poi c’è la questione della visita: non può essere gratuita. Durante la visita,  il chirurgo studia il problema del paziente, mette in campo anni di formazione e sacrifici per raggiungere una competenza completa per trovare la soluzione più giusta, non solo tecnicamente, ma anche per lo specifico problema psicologico del paziente.  In più, in questo Far West, ci sono i millantatori: si inventano specilizzazioni e tecniche miracolose dopo appena cinque anni di laurea. Ai pazienti dico di fare molta attenzione e di usare anche la testa nella scelta del chirurgo, non solo il portafoglio.

Oggi la chirurgia estetica è spesso al centro di una narrazione social poco controllata. Quanto è importante regolamentare il settore e garantire che a operare siano solo chirurghi plastici specializzati?

Le società scientifiche ( SICPRE,  Società Italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica eAICPE , Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica) si stanno battendo affinché la chirurgia estetica venga eseguita esclusivamente da chirurghi plastici specializzati, formati secondo criteri rigorosi. È una battaglia lunga, ma imprescindibile per tutelare la sicurezza dei pazienti e preservare la qualità degli interventi. Il futuro, purtroppo, appare complesso: la disinformazione diffusa sui social, l’influenza di figure non qualificate e la rincorsa a risultati immediati alimentano un mercato confuso e spesso poco trasparente. Serve un impegno condiviso per riportare al centro competenza, etica e consapevolezza.

 

 

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