INTERVISTE – Signoresidiventa.com https://signoresidiventa.com Il sito per le donne che vivono con appagamento ed entusiasmo la bellezza dei primi 50 anni. Cultura, moda, bellezza, benessere, tendenze, consigli di stile, cucina, animali e molto altro ancora. Thu, 03 Mar 2022 18:03:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Tra musica e canzoni, a tu per tu con Giovanna https://signoresidiventa.com/tra-musica-e-canzoni-a-tu-per-tu-con-giovanna_cantanti-italiani/ https://signoresidiventa.com/tra-musica-e-canzoni-a-tu-per-tu-con-giovanna_cantanti-italiani/#comments Thu, 03 Mar 2022 18:03:35 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=41265 In questa intervista esclusiva il nostro Dario Contri incontra Giovanna Nocetti, che continua ad affascinarci con la sua voce e la sua musica

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A poche settimane dal “sold out” al Teatro San Babila di Milano per il suo “Giovanna – Omaggio a  Milva”, abbiamo incontrato Giovanna Nocetti, che tutto il pubblico conosce con il suo nome di battesimo, per parlare del concerto, del suo nuovo album e ripercorrere insieme la sua carriera.

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Foto di Francesco Razzino ©

Partiamo da questo tour dedicato a Milva: come ti è venuta l’idea?
“Milva ci aveva lasciato da poco più di un mese, e sono andata a una celebrazione in suo suffragio. Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che in chiesa ci fosse  pochissima gente e mi sono sentita pervadere da una grande tristezza.  E’ stato lì che ho deciso di dedicare un intero spettacolo a lei, alla sua voce e alle sue canzoni, per celebrarla e continuare a tenere viva la sua musica. Quest’idea è diventata un tour, che è iniziato la scorsa estate, è ripreso a gennaio al Teatro San Babila di Milano, e che continuerò a portare in giro per l’Italia accompagnata al pianoforte e alla fisarmonica dal Maestro Walter Bagnato. Sull’onda dell’emozione, ho anche scritto delle poesie che ho voluto inserire tra una canzone e l’altra e che permettono allo spettatore di entrare ancora di più nell’atmosfera. Questa iniziativa ha permesso anche a molti giovani che non la conoscevano di avvicinarsi alla musica di questa artista immensa”.

La regia dello spettacolo è di Dario Gay, che non avevo mai visto in questo ruolo. Come l’hai convinto?
“Dario è un grande cantautore, e Milva ha inciso con lui il suo ultimo duetto, “Libero”. Anche lui era presente a quella messa di cui raccontavo prima, e parlandone poco dopo è stato quasi naturale che avesse questo ruolo nel progetto. Tra l’altro nei concerti riproponiamo insieme proprio quel brano, che trovi anche nell’album uscito in questi giorni”.

Infatti “Giovanna canta Milva” costituisce la prima parte del tuo nuovo cd che è appena uscito.
“Abbiamo registrato interamente una delle prime date l’estate scorsa e abbiamo voluto riproporla in cd per chi, a causa di problemi logistici, non riusciva ad assistere allo show dal vivo. Non abbiamo toccato volutamente nulla, lasciando anche magari qualche piccola imperfezione, proprio per mantenere invariata l’emozione della serata”.

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Dario Contri intervista Giovanna – Foto di Francesco Razzino ©

Milva ha un repertorio enorme: come hai scelto le canzoni?
“Anche in questo caso ho seguito il mio cuore, mi sono lasciata guidare dalle emozioni, selezionando pezzi storici e di grande successo, come “La filanda”, “Canzone” o “Milord”, ma anche brani meno noti o tratti da suoi spettacoli teatrali, un altro mondo che le apparteneva completamente. Ho voluto inserire anche un pezzo splendido, presentato a Sanremo nel 1993 e che all’epoca non era stato capito, “Uomini addosso” e che oggi è uno dei più applauditi in questi concerti”.

La seconda parte del cd invece è  “Io Giovanna, Ieri e Oggi”, quindi una sorta di retrospettiva della tua carriera, ma che guarda anche al presente e al futuro…
“Sì, ho voluto ripercorrere un po’ del mio passato e reinterpretarlo. Nel disco ci sono nuove versioni di miei successi, ma anche brani che all’epoca non hanno avuto la visibilità che meritavano e ai quali ho voluto dare una seconda occasione. Inoltre ci sono alcuni brani che canto per la prima volta”.

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Foto di Francesco Razzino ©

Moltissimi pezzi portano la firma di Paolo Limiti…
“Con Paolo c’era un’amicizia e un’affinità artistica uniche, una cosa senza precedenti. Qui ho voluto riproporre classici come “Vi amo tutti e due” o “Il mio ex”, in un’inedita versione dance, ma anche la versione integrale di “Ahi mi amor”, rifatta anche da Mina, e una mia versione de “La voce del silenzio”, che portò Dionne Warwick a Sanremo del 1968. Inoltre c’è uno degli ultimi brani che abbiamo firmato insieme io e Paolo, “Dietro un grande amore”, che ha dato il titolo a un box di Orietta Berti. Pensa che l’ho scritta di getto portando a spasso una mattina la mia cagnolona. Sono tornata a casa, mi sono messa al pianoforte e poco dopo la canzone era nata. Orietta quando l’ha sentita ne fu entusiasta! Qui ho voluto interpretarla proprio come l’avevo pensata io. Questa però non sarà l’ultima canzone mia e di Paolo, lui infatti mi ha lasciato alcuni testi che ho musicato e che inciderò per il mio prossimo album di inediti”.

C’è anche una “E penso a te”, che avevi presentato a una lontana “Canzonissima” e che non era mai stata pubblicata.
“E’ vero! E’ una canzone che ho sempre amato e che per qualche strano meccanismo discografico, all’epoca non era più uscita. Tra l’altro era andata anche piuttosto bene e avevo ricevuto parecchie richieste da parte del pubblico, ma era rimasta nel cassetto, quindi ho voluto finalmente darne una mia interpretazione”.

Foto di Francesco Razzino ©

Parliamo anche del tuo rapporto con la musica lirica e operistica: nell’album canti “Nessun dorma” e  da anni con la tua Kicco Records ti occupi soprattutto di questi generi musicali…
“Ho studiato per anni con la Professoressa Ida Neuheusler Masini: a lei va il merito di avermi avvicinato e fatto amare la lirica e l’operistica. Questa è la musica che non passa mai di moda, è sempre di attualità ed è una di quelle cose per le quali l’Italia è conosciuta in tutto il mondo.  La Traviata e la Turandot si ascoltano da secoli, e appena ne esce una nuova versione, migliaia di melomani si precipitano ad acquistarla su qualsiasi supporto venga proposta, compresi gli store digitali: un motivo ci sarà… È la musica che affonda le radici nella nostra cultura, l’abbiamo creata noi e le prime “canzoni” erano propri le arie delle opere: pensa a “La gelida manina”, “Lucean le stelle” o, appunto a “Nessun dorma” che ho voluto inserire nel mio “Ieri e oggi”, proprio perché è parte della mia storia artistica”.

Tu sei stata anche una delle prime donne direttrici d’orchestra in uno show televisivo…
“Anche di questodevo ringraziare Paolo Limiti, che proprio 10 anni fa, nel 2012 ha voluto fortemente che fossi io a dirigere l’orchestra del suo spettacolo televisivo “Estate con noi in TV”. Mi è stata data carta bianca e ho formato un’orchestra tutta al femminile, scegliendo personalmente ogni strumentista, tutte bravissime. Oltretutto sono riuscita a portare in televisione brani inusuali, anche di un certo spessore. E’ stata davvero un’esperienza esaltante che spero un giorno di poter ripetere”.

Negli anni hai partecipato a moltissimi concorsi musicali, da Settevoci a Canzonissima, a Un Disco per l’estate, ma non ti abbiamo mai visto a Sanremo. E’ stata una scelta o è stato un caso?
“C’è stato un anno che sembrava cosa fatta: avevo già inciso il pezzo, mi ero preparata sia musicalmente che psicologicamente ad affrontare il Festival, che come puoi immaginare è un’esperienza estremamente stressante, improvvisamente, una settimana prima, mi chiama il mio discografico e mi dice che la partecipazione è saltata. Ci sono rimasta talmente male che da allora non ho più voluto saperne. Non per la delusione in sé di non essere stata a Sanremo, ma per tutto il lavoro e la preparazione sprecati”.

Chiudiamo questa intervista con un gioco: ti mostrerò alcuni tuoi 45 giri che rappresentano in qualche modo le fasi della tua carriera e ti chiedo di associare un ricordo a ciascuno di essi. Il primo è “Il muro cadrà”, del 1969…
“Era un pezzo scritto dai Bee Gees! Quelli erano gli anni dei sogni, di una ragazza che aveva lasciato il suo paese per trasferirsi nella grande città e cercare la sua strada. Ricordo che dividevo una stanza con tre amiche in corso Sempione e giravo per la città in moto con Christian a bussare a tutte le case discografiche: mangiavamo solo pane e mortadella perché altro non ci potevamo permettere!”

Il secondo è “Cronaca nera”, del 1970
“Il mio primo 45 giri per la Ariston di Alfredo Rossi. Lì i sogni cominciavano davvero a prendere forma. Pensa che questo pezzo l’aveva scritto per me Bruno Lauzi, avevo finalmente occasione di collaborare con altri autori molto importanti e di lì a poco avrei pubblicato il mio primo album”.

Arriviamo al 1979, con “Il mio ex”…
“Forse uno dei miei più grandi successi, contenuto in uno dei miei album che amo maggiormente, “Giò” del 1980, dove c’erano anche “Vi amo tutti e due” e “Un baffo diabolico” che reinciderò la prossima estate in una versione dance. “Il mio ex” uscì anche in spagnolo: fu un periodo fantastico, ricco di grandi soddisfazioni”.

 

Infine “Dimmelo”, l’ultimo 45 giri che hai pubblicato, poi il vinile ha lasciato il posto al digitale…
“Era il 1989 e già da qualche anno incidevo per la mia etichetta, la Kicco Records. Quelli erano gli anni della maturità artistica, in cui potevo scegliere in prima persona cosa volevo fare. Il lato B di questo disco “Se Arbore ti cucca” era molto divertente, parlava del fatto che, dopo anni di lotte femministe, improvvisamente sembrava che tutte le ragazze non desiderassero altro che coprirsi di piume per fare le “ragazze coccodè” nei programmi di Arbore! Che ironia!”

 

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Cristian Stelluti: quando il cinema “Forse è solo mal di mare” https://signoresidiventa.com/cristian-stelluti-quando-il-cinema-forse-e-solo-mal-di-mare_attori-italiani/ https://signoresidiventa.com/cristian-stelluti-quando-il-cinema-forse-e-solo-mal-di-mare_attori-italiani/#respond Thu, 03 Dec 2020 09:00:10 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=40091 Nel film in cui recita a fianco di Maria Grazia Cucinotta, Cristian Stelluti interpreta un pescatore tombeur des femmes, ma nella vita è innamorato solo del suo mestiere d'attore

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Negli ultimi mesi, il lockdown per l’emergenza sanitaria ha contribuito alla diffusione delle piattaforme streaming video, che nel bene e nel male sono entrate sempre più nelle nostre vite. Questo mi ha permesso di riscoprire alcuni film che magari, per un motivo o per l’altro, mi erano sfuggiti al cinema, come nel caso di Forse è solo mal di mare una commedia delicata, molto ben recitata e girata in location fantastiche, inserita in questi giorni tra le novità di Amazon Prime Video. Questo film, in un periodo di negatività mediatica diffusa, ci regala un paio d’ore di serenità, di leggerezza, trasportandoci nell’atmosfera magica di Linosa, “sorella minore” di Lampedusa, meno contaminata dal turismo, che vive come in una bolla d’aria fuori dal tempo. In questo scenario si intrecciano diverse storie: quella di un fotografo affermato che per amore va a vivere sull’isola, ma che viene lasciato dalla moglie con una figlia adolescente e tutti i problemi connessi, quella di un’insegnante trasferita nella scuola locale che vorrebbe costruirsi una nuova vita lì e quella di un pescatore, giovane, bello e sfrontato che aspetta ogni anno l’arrivo delle turiste per tirar fuori le sue doti di tombeur des femmes. Per parlare del film, ma non solo, abbiamo incontrato l’attore che interpreta proprio questo personaggio, Cristian Stelluti.

Cristian Stelluti

Su Amazon Prime Video è da poco uscito Forse è solo mal di mare. Cosa pensi delle piattaforme streaming? Possono danneggiare in qualche modo il cinema?
“E’ una domanda complicata… il mio animo romantico ti risponderebbe certamente di si, i film nascono per il cinema e vanno visti al cinema, sul grande schermo e nell’atmosfera della sala. Indubbiamente però, possono essere un grande aiuto per diffondere il cinema indipendente: ci sono tanti film infatti, che a causa del budget ridotto, non possono permettersi promozione o distribuzione capillare e quindi inevitabilmente non raggiungono il grande pubblico. Queste piattaforme danno loro una seconda possibilità. Forse è solo mal di mare, quando è uscito al cinema lo scorso anno, non ha avuto grande successo, ma oggi, grazie alla diffusione digitale lo stanno vedendo in tanti e ogni giorno attraverso i social mi arrivano molti messaggi di gente a cui è piaciuto tanto! Il rischio, forse, è che, quando finirà l’incubo che stiamo vivendo, il pubblico si sarà adagiato e continuerà a guardare i film in TV disertando i cinema, ma voglio sperare che sia solo una mia visione troppo pessimistica”.

Parlami un po’ di questo film. Com’è nata l’idea, come è stato realizzato….
“L’idea è venuta al regista, Matteo Querci, circa dieci anni fa dopo una vacanza a Linosa. Nel tempo questo progetto continuava a girargli in testa, fino a quando un paio d’anni fa ha trovato un gruppo di industriali di Prato che hanno voluto finanziarlo e da lì è partito tutto. A causa di una malattia, Matteo ha dovuto passare la regia a Simona De Simone, che ha aggiunto un tocco femminile alla pellicola, regalandole forse quella delicatezza che la contraddistingue. Per le riprese, abbiamo trascorso quaranta giorni ininterrottamente sull’isola, in bassa stagione, praticamente senza cellulari e con pochissimi contatti con la terraferma, vivendo insieme con gli abitanti del posto. E’ stata davvero un’esperienza fantastica, e credo che questa cosa si percepisca dalle immagini”.

forse è solo mal di mare film

Come ti sei trovato sul set con i tuoi colleghi ?
“Come ti dicevo, abbiamo vissuto come in una “comune” per quaranta giorni: abbiamo parlato molto, camminato lungo la spiaggia, ci siamo integrati con gli abitanti del posto. Francesco Ciampi, il fotografo protagonista, Beatrice Ripa, la figlia adolescente, Annamaria Malipiero, la nuova insegnante, Orfeo Orlando e Barbara Enrichi: con loro siamo diventati un gruppo affiatatissimo! Anche Maria Grazia Cucinotta, che si è fermata solo qualche giorno con noi, non ha avuto certo l’atteggiamento da superstar, facendosi coinvolgere perfettamente dall’atmosfera. Abbiamo incontrato anche delle difficoltà a causa del mare grosso, per qualche giorno non sono arrivati approvvigionamenti e io, che sono vegano, mi sono ritrovato ad aprire le scatolette di fagioli! Per tutti gli altri invece, il pesce non mancava… ironia della sorte, visto che nel film interpreto un pescatore.”

Scopriamo un pò il tuo personaggio? Chi è Nino?
“Nino forse è il personaggio più “vero” del film ed è ispirato a un ragazzo che vive davvero a Linosa. Lui fa il pescatore tutto l’anno, un lavoro duro e faticoso, ma in estate, quando arrivano le turiste, tira fuori il suo fisico scolpito e un sorriso travolgente, si inonda di profumo per coprire l’odore del pesce che ha sempre addosso e parte alla conquista. Certo, per i modi un po’ rozzi, ogni tanto prende un “due di picche”, ma spesso raggiunge il risultato!”

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Adesso parliamo un po’ di te: hai fatto teatro, televisione e tanto cinema. Qual è la tua vera dimensione?
“Io di base sono un attore. Voglio recitare, e tendenzialmente non importa in quale situazione. Una volta, forse, potevi selezionare di più: c’erano gli attori di teatro che rifuggivano il cinema e soprattutto la televisione. Oggi purtroppo non è più così, l’offerta di lavoro non è più così ampia e tutti fanno tutto. Il paletto che però mi do sempre è di accettare solo cose che mi piacciono, che mi interessano. Rifiuto le proposte che non mi danno stimoli, possibilità di crescere e cerco di dare il meglio in qualsiasi situazione. Inoltre trovo che il teatro, benchè serva assolutamente da palestra, da scuola per un attore, col tempo ti lascia addosso la gestualità, le espressioni forzate, la voce impostata che attraverso la macchina da presa vengono accentuate e non funzionano”.

Hai fatto parte di due importantissime produzioni internazionali, Rush e Inferno, lavorando con personaggi del calibro di Tom Hanks e Ron Howard. Che differenze hai trovato tra questi set e quelli italiani?
“Le produzioni americane come quelle che hai citato sono enormi macchine che muovono contemporaneamente centinaia di persone con una precisione svizzera. Senza guardare in faccia a nessuno. Per esempio, si recitava a torso nudo, in t-shirt o in bikini per ricreare un gran premio che si corre in primavera, soffrendo un freddo incredibile visto che si girava in inverno, ma nessuno aveva nulla da obbiettare, anche se ogni tanto portavano via qualche ragazza in ipotermia (!). In Italia, anche sui set più importanti, spesso ci sono rallentamenti per personaggi che lavorano in modo un pò approssimativo, sia davanti sia dietro la macchina da presa. Ricordo che Ron Howard, sul set di Rush, girava in mezzo al cast e alle comparse relazionandosi in modo estremamente cortese ed educato con tutti. Qui invece, basta che un regista abbia azzeccato un filmetto natalizio e già si atteggia a premio Oscar”.

Un sogno nel cassetto? Un regista con cui vorresti lavorare?
“In Italia, metterei nell’ordine Garrone, Crialese e Sollima. Amo i loro film e mi piacerebbe davvero lavorare con loro. All’estero invece mi piacerebbe lavorare con un paio di registi giovani, Darren Aronofsky che ha diretto Il cigno nero e Nicolas Winding Refn, regista di Drive. Forse entrambi non sono particolarmente famosi, ma le loro pellicole sono estremamente innovative e interessanti”.

cristian stelluti

Un consiglio che daresti a un ragazzo che oggi vuole diventare un attore…
“Mi trovi in un momento un po’ negativo perciò non me la sento di dare la solita risposta “Credici sempre, insisti, lavora, studia e arriverà il tuo momento!”. E’ un lavoro che dà tante soddisfazioni, ma purtroppo ti fa collezionare molte più delusioni, tante porte in faccia, tante situazioni dove ti vedi scavalcare da qualcuno che si è mostrato per un mese in mutande in un reality, mentre tu studiavi giornate intere per quel provino. E’ un mondo che ti apre a fatica la porta per entrare e che spesso invece la spalanca a chi non ne avrebbe le capacità. Purtroppo non ci sono regole. Ognuno deve affrontare la situazione per come gli si para davanti: se ha la scorza per resistere, continua a studiare e va avanti, ma ci vuole davvero tanto impegno, tanta fatica e la forza per affrontare le delusioni”.

Per finire,  qual è il tuo pensiero in rapporto alla situazione attuale dei lavoratori dello spettacolo?
“Purtroppo credo che non sia il Covid ad aver ucciso il cinema o lo spettacolo in Italia. Certo, è stato un’ulteriore “mazzata”, ma, come diceva Barbareschi in Parlamento, negli anni 60 il cinema fatturava come l’industria metallurgica, ma in Italia non è mai stato considerato un’industria, è sempre stato visto come un hobby, un divertimento. Nel tempo non ci sono stati investimenti, interventi a sostegno, i teatri hanno continuato a chiudere, i film al cinema sono diventati sempre meno e in qualità discutibile. Oggi si acuisce purtroppo una situazione che andava avanti da troppo tempo e che, nel mio piccolo ho vissuto sulle mia spalle. Infatti, quando ero ragazzo e vivevo ancora con i miei genitori, mio fratello si alzava all’alba per fare il primo turno all’Ikea e mia madre salutandolo gli diceva “Buon lavoro”. Quando uscivo io, per andare a girare a qualsiasi ora del giorno o della notte, il saluto era “Divertiti!” (ride) …e questa, nel piccolo è, ahimè, la percezione che abbiamo in Italia del mondo del cinema. Ma speriamo di venirne fuori!”

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Eve La Plume: quando la bellezza ha declinazioni diverse https://signoresidiventa.com/eve-la-plume-quando-la-bellezza-ha-declinazioni-diverse_artisti/ https://signoresidiventa.com/eve-la-plume-quando-la-bellezza-ha-declinazioni-diverse_artisti/#respond Fri, 27 Nov 2020 16:53:56 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=40064 Liberare la donna dallo stereotipo che ne imprigiona la sensualità e la sua libera espressione è la missione di Eve La Plume, artefice del suo meraviglioso look che s'ispira alla moda maschile e femminile dal 1880 al 1930

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Eve La Plume, capelli rosso fiamma e un incarnato delicato, sembra essersi materializzata da un album di ricordi. Eppure lei è una donna del nostro tempo che si muove leggera, proprio come una piuma, fuori da qualunque schema dettato dalla moda e dai tempi. Impossibile non notarla, nei suoi abiti di fine ‘800 o inizio ‘900, che lei stessa abilmente crea. Eve La Plume è a tutti gli effetti un’influencer di contro tendenza che dimostra come la bellezza abbia declinazioni diverse e proprie per ciascuno di noi. Una bellezza che non si deve mai omologare a canoni predefiniti e imposti, ma rispettare un’unicità delle sfumature che ci appartengono e ci fanno stare bene.

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“ Sarebbe bello fare un esperimento, sottoponendo alle persone le decadi del ‘900, fino ad oggi e chiedere loro a quale decade si trovano più vicino sia caratterialmente che esteticamente. Un esperimento utile a capire come la bellezza abbia declinazioni diverse, prenderne spunto e trarne sicurezza” Eve.

© Matteo Gastel

© Matteo Gastel

Eve La Plume, un nome d’arte che indossi come la tua stessa pelle. Come sei diventata Eve La Plume?
“Quando ero ragazzina mi chiamavano Eve, un soprannome che mi è sempre piaciuto. Come dice Chiambretti, un nome da primadonna, che mi calza a pennello. Eve è francese, come mia mamma e mia nonna. Mi piace perché palindromo e La Plume, che ne sottolinea la leggerezza, lo completa alla perfezione. Erano un po’ di anni che pensavo di voler fare qualcosa che non c’era. Allora facevo la costumista e, quasi senza accorgermene, mi sono trovata a rappresentare una donna con un’estetica che non era necessariamente quella del momento. Ho esordito in una serata di Capodanno in cui mi sono esibita con il primo burlesque o comunque una prima infarinatura, visto che non sapevo neanche io cosa fosse. Quella sera, però, è successo qualcosa che mi ha dato le risposte che stavo cercando: tutti i presenti, uomini ma soprattutto le donne, avevano capito il senso profondo della mia esibizione rimanendo sorpresi positivamente. Ho capito, da quel momento, che dovevo fare quello e che sarebbe stata la mia missione”.

Quale ritieni sia la tua missione?
“Quella di liberare la donna dallo stereotipo che ne imprigiona la sensualità e la sua libera espressione. Personalmente, ho assecondato me stessa e la mia natura, per essere ciò che sono. Non potrebbe essere altrimenti. Sono sempre stata ossessionata dall’estetica, cosa che oggi è abbastanza comune, ma allora, no. Pensa che a undici anni, ho fatto il mio primo abbonamento a Vogue! Il passo successivo è stato di farmi regalare la prima macchina da cucire, in seguito ho studiato Storia del Costume ed eccomi qua. Posso sembrare strana, ma non lo sono e non m’interessa. Il mio obiettivo è l’eleganza”.

© Matteo Gastel

Intravederti attraversare la strada, o prendere la metro a Milano, dove vivi, riparandoti dal sole con uno dei tuoi bellissimi ombrellini e con un abito degli anni ’20 ti fa sembrare una star del cinema muto. La cosa che colpisce subito è come tu sia perfettamente a tuo agio. Quanto è importante assecondare se stessi e trovare il proprio stile?
“Ognuno di noi ha il suo stile che è assolutamente personale. Dobbiamo poterci sentire liberi di indossare abiti che ci mettono a proprio agio, che assecondano le sfumature della nostra personalità. Personalmente rispetto tutti e anzi sono incuriosita persino da chi si veste tirando fuori dall’armadio la prima cosa che capita. Anche questo è uno stile! Non mi piace, invece, chi segue la scia indossando solo quello che la moda del momento decide. Non esiste l’abito perfetto, ma quello che ci fa sentire bene”.

Per quale ragione, secondo te, moda e influencer hanno sempre maggiore forza nel condizionarci?
“Credo che la ragione sia un’insicurezza di fondo, per cui sia più facile scegliere quello che mi inducono a preferire piuttosto che espormi. Io sono coraggiosa istintiva, non metto mai freno alla mia espressione per cui non mi sono mai posta il problema, ma capisco che spesso sia complicato. Non dimentichiamo quanto possano essere pesanti le critiche e le cattiverie, al punto che si preferisca una sorta di nascondimento nella massa che rassicura e ci fa sentire più forti. Quando si è ragazzini, si è più liberi di sperimentare, poi a un certo punto ci si da una calmata e ci si nasconde. Quella ricerca, invece, non dovrebbe essere mai del tutto abbandonata. Una ricerca che ci rafforza e ci libera, appunto, da qualunque pregiudizio”.

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© Matteo Gastel

L’abito fa il monaco?
“Sì, l’abito e la parola ci danno un quadro abbastanza chiaro delle persone. L’abito e le parole sono i segni caratteristici di una carta d’identità che ci definisce delineando con chiarezza i nostri contorni. Non potrei neanche per scherzo, indossare un paio di jeans, questo è un mio limite. Amo la moda maschile e femminile dal 1880 al 1930. Gli anni ’20, ‘30 per l’estate, la bella stagione, quando il clima mi permette di indossare abiti leggeri; la moda maschile dell’800, per quando fa freddo, è meravigliosa. Per passione, vado alla ricerca di capi dimenticati o li cucio da me. La qualità ormai è calata, il numero di fili e la qualità della trama e dell’ordito sono scesi parecchio, nella moda come nella cucina è tutto “veloce” e usa e getta. I capi che preferisco sono quelli che resistono al tempo, resi intramontabili dalla cura dei particolari e da una bellezza che non scolora”.

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Paola Marella dixit: “A 50 anni si può sedurre anche più che a 30” https://signoresidiventa.com/marella-dixit-a-50-anni-si-puo-sedurre-anche-piu-che-a-30_vip-italiani_femminismo-donne_vip-italiani_artisti/ https://signoresidiventa.com/marella-dixit-a-50-anni-si-puo-sedurre-anche-piu-che-a-30_vip-italiani_femminismo-donne_vip-italiani_artisti/#respond Fri, 05 Jun 2020 03:14:57 +0000 http://signoresidiventa.com/?p=11986 "A questa età, anche per un uomo, è molto più seducente la bellezza della testa di quella del volto. E se curiamo anche il nostro aspetto, saremo molto più affascinanti di allora", dice la regina dell’Home Staging

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paola marella 3
Classe, eleganza, fascino, stile, cultura, simpatia, disponibilità e gentilezza: Paola Marella è tutto questo e molto di più. Splendida milanese doc, innamorata della sua città e di Parigi, Paola non è solo la regina dell’Home Staging, nota al grande pubblico per le sue esperienze televisive e per essere un’icona fashion, ma è soprattutto una meravigliosa donna over fifty.
“Non ho mai nascosto la mia età e anzi, trovo che proprio a 50 anni sia giusto esibirla. Perché è davvero questo il momento della vita in cui ci si reinventa. A me è successo: proprio alla soglia dei 50 anni sono inciampata in una brutta malattia e ho vissuto questa esperienza non come una disgrazia ma come un momento di rinascita. E’ importante per tutti ricominciare, avere la forza di andare avanti e in alcuni momenti fermarsi a riflettere su quella che è la strada più giusta per noi”.

Carattere e determinazione a te di certo non mancano, ma che cosa sta alla base di tutto?

Il credere in noi stesse! E’ fondamentale non smettere mai di volerci bene, perché il segreto per piacere agli altri sta tutto nel piacere a noi stesse. Non dobbiamo mai isolarci, ma essere proiettate verso gli altri, disponibili ad accogliere l’energia che ognuno può donarci e vivere sempre ogni cosa con positività. Io sono positiva a oltranza e questo non solo mi permette di vivere bene, ma anche di cogliere quelle opportunità che la vita offre e che non siamo in grado di riconoscere se siamo negative. L’essere arrabbiate col mondo rende tutto più difficile e fa venire le rughe.

L’avere 50 anni nel nuovo millennio, secondo te (e anche secondo noi) è una grande opportunità…
Questa è davvero l’età più bella, quella della consapevolezza e delle scelte. L’età non è più un limite: pensa che io ho i capelli bianchi dal 1999, avevo solo 36 anni e credo che l’intuizione del mio parrucchiere di lasciarmi il viso incorniciato dai ciuffi candidi sia stata vincente. Per fortuna ormai anche la menopausa è stata sdoganata e non c’è più alcuna vergogna a parlarne o sventagliarsi in pubblico per le vampate di calore. Sapessi quante volte l’ho fatto! E poi questa è anche l’età in cui i figli sono grandi e quindi possiamo riappropriarci della nostra libertà. E’ l’età in cui si ha la capacità di avere relazioni sociali con persone di età molto diverse e di costruire nuovi rapporti. Ho molte amiche della mia età che vivono meravigliose storie d’amore con uomini loro coetanei, a riprova che non è più così vero che gli uomini, soprattutto quando si tratta di secondi o addirittura terzi matrimoni, preferiscano le donne giovani.


E a proposito di uomini, cos’è la seduzione a 50 anni?

E’ quella che va oltre l’aspetto fisico, perché a questa età, anche per un uomo, è molto più seducente la bellezza della testa di quella del volto. Questo non significa affatto che non ci si debba prendere cura di noi stesse e lasciarsi andare, al contrario, lo dobbiamo fare molto più ora di quando eravamo ragazze, ma dobbiamo farlo prima di tutto per noi stesse. In questo modo saremo molto più seducenti di allora perché non si finisce mai d’amare, si impara solo ad amare in un modo diverso.

Ma in questo nuovo millennio, la famiglia è più un rifugio o una gabbia?
Purtroppo devo dire entrambe le cose, perché nonostante le donne si siano emancipate lavorativamente e abbiano conquistato una certa indipendenza, a livello sentimentale sono ancora troppo spesso dipendenti dal proprio partner. Soffriamo ancora troppo per amore e questo non deve accadere.

Per quanto riguarda la tanto citata solidarietà femminile, come siamo messe?
Come per tutte le cose non si deve mai generalizzare: è sbagliato dire che tutte le donne sono fantastiche, perché non è così. L’invidia femminile sa essere molto perfida ma non è dovuta all’età ma al carattere, ed è la classica espressione d’insicurezza. Noi donne sappiamo essere meravigliose: sia nel bene che nel male! Per la mia esperienza però, posso dire che è proprio questa l’età in cui ho incontrato maggior solidarietà da parte di persone del mio stesso sesso, che mi è stata dimostrata e che ho dimostrato soprattutto in situazioni di difficoltà importanti”.


Che rapporto ha Paola Marella con i social?

Sincero e onesto. Anche se non sono molto tecnologica, mi piacciono e li uso molto. Sia sulla mia pagina Facebook che sul mio profilo Instagram cerco sempre di avere un rapporto molto diretto con i miei interlocutori e quando mi chiedono dei consigli rirpondo sempre che prima di tutto bisogna capire noi stessi.

Quanto è importante la moda?
E’ importante per star bene con noi stesse. Io amo la moda ma non seguo le mode. Nell’abbigliamento, come nell’arredamento, non mi piacciono gli eccessi: sono molto classica e lascio il tocco eccentrico a dettagli come borse, scarpe (quasi sempre il mio irrinunciabile tacco 12) e come, naturalmente, il mio fedele ciuffo bianco! Nel mio armadio non possono mancare un tubino nero e una camicia di seta bianca, ma non potrei più rinunciare a un bel paio di jeans e alle mie comode sneacker.


Quanto approvi gli interventi di chirurgia estetica?

Personalmente non li approvo e infatti non li farei mai, forse anche perché ho dovuto affrontare degli interventi chirurgici per necessità e quindi non posso approvare quelli che invece non sono necessari per la propria salute. La bellezza non ha età, certo che se ci si lascia andare la si mortifica in ogni momento della nostra vita.

Qualche consiglio pratico per noi signore?
Mai impigrirsi e fare sempre del sano movimento. Se non avete tempo o non vi piace andare in palestra, per mantenervi in forma, prediligete gli spostamenti a piedi. Tenete d’occhio l’alimentazione ma senza che questa diventi un’ossessione e aiutatevi con gli integratori naturali. Prendetevi sempre cura di voi stesse, non dimenticatevi di struccarvi la sera, usate prodotti cosmetici di qualità, non esagerate con il make up e ogni tanto concedetevi qualche ora di coccole: che sia un parrucchiere, un massaggio o un po’ di relax in una Spa. Insomma, voletevi bene!.

E a proposito del look, se anche a voi piace la splendida coiffure di Paola e da sempre vi chiedete chi è il suo parrucchiere, vi sveliamo il mistero: si chiama Adalberto e lo trovate nel salone di Aldo Coppola a Milano.

 

Image credits: Instangram

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Iva si racconta in un libro: Sono nata in una stalla come Gesù https://signoresidiventa.com/iva-si-racconta-in-un-libro-sono-nata-in-una-stalla-come-gesu_cantanti-italiani/ https://signoresidiventa.com/iva-si-racconta-in-un-libro-sono-nata-in-una-stalla-come-gesu_cantanti-italiani/#respond Tue, 17 Dec 2019 23:59:44 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=37251 E' uno dei tanti gustosi aneddoti che la Zanicchi racconta nella sua autobiografia "Nata di luna buona", ricca di episodi di vita e carriera. Così si scopre qual è stata la vittoria a Sanremo che l'ha fatta piangere e la canzone che non avrebbe mai voluto cantare...

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Intervistare Iva Zanicchi è davvero un piacere! Starei ad ascoltarla per ore, e di cose da raccontare ne ha davvero tante! Molte le ha raccolte nel libro autobiografico uscito da poco per Rizzoli, intitolato Nata di luna buona. Ed è proprio in occasione della presentazione milanese del libro che ho incontrato Iva e realizzato questa intervista.

Nata di luna buona è stato pubblicato da pochissimo e sta andando alla grande. In questo libro c’è un po’ tutta la storia della tua carriera, ma ci sono anche molti aneddoti legati alla tua vita e alla tua terra. Da dove nasce questo il titolo?
E’ una frase del mio bisnonno Lorenzo: ero la terzogenita e mio papà voleva assolutamente un maschio! E così quando nacqui era talmente arrabbiato che non mi volle vedere per tre giorni. Sono nata in una stalla, nevicava e l’ostetrica si era rifiutata di venire ad aiutare mia mamma Elsa: lei era nella stalla per mungere una mucca che le era stata prestata da sua cugina e io sono nata proprio lì. La mamma mi avvolse nel foulard e mi depose in una mangiatoia… Proprio come qualcuno molto più importante di me!  La mamma era veramente disperata perché ero femmina e pure bruttina, ma il bisnonno Lorenzo, malgrado tutti i suoi acciacchi, venne a trovarci, mi guardò e disse: “Dai Elsa, non è poi così bruttina, oltretutto è nata di giovedì e di luna buona“

Partiamo proprio da Ligonchio, un paesino talmente piccolo che quasi non si trova sulle cartine dell’Appennino tosco-emiliano, ma che, da quanto si legge nel tuo libro, ha segnato in modo importante  la tua vita e la tua carriera…
Il mio paesino è ancora più piccolo di Ligonchio! Si chiama Vaglie e d’inverno non c’è nessuno, praticamente lo “chiudono” e  lo riaprono a primavera inoltrata quando fioriscono i gerani sui balconi. Pensa che quando sono nata io non c’era manco la strada. Ma c’era la chiesa, con un prete bellissimo, messo “in castigo” in quel posto lontano da tutto e da tutti perché andava con le donne. I vagliesi, proprio per quella sorta di isolamento in cui vivevano, avevano imparato ad autogestirsi: organizzavano i matrimoni, c’era l’ostetrica per far nascere i bambini, e non mancava nulla di utile per il paese. C’era poi questa cosa, che il bel prete aveva inculcato a tutti, che alla morte avrebbero dovuto lasciare tutto a lui, perché altrimenti sarebbero finiti all’inferno. E a questa storia si lega in qualche modo la mia scelta di candidarmi al parlamento europeo… Leggetela nel libro!

Si avvicina il 70° Festival di Sanremo e, dopo tanti anni sei ancora l’unica donna ad averlo vinto per ben tre volte. Qual è il ricordo più bello e quello più amaro delle tue esperienze in Riviera?
Il ricordo più bello è certamente legato a Zingara, perché ero in coppia con Bobby Solo. Eravamo molto amici, eravamo giovani ed è stata una vittoria bellissima, quasi preannunciata. La prima volta che l’abbiamo cantata al Casinò di Sanremo abbiamo visto anche gli altri cantanti in gara applaudire (o risicare) e mi sono detta “E’ fatta! Magari nn vinceremo, ma in finale  ci andremo di sicuro!” E’ stata una vittoria stupenda e un successo discografico e popolare grandissimo. La vittoria più brutta invece è stata  quella del 1967 con Non pensare a me in coppia con Claudio Villa. Una bellissima canzone italiana, ma purtroppo la vittoria è coincisa con la morte di Tenco, che è stata devastante per me. Io vengo da un paese. Quando muore qualcuno tutti sono in lutto quindi per me era inconcepibile continuare a cantare con questo povero ragazzo morto. Hanno deciso di proseguire, non hanno fermato neanche un giorno, e questo per me è stato terribile. Quando abbiamo vinto non ce la facevo a festeggiare, ho pianto come un vitello per tutto il tempo, lasciando credere a tutti che piangevo di felicità, ma in realtà mi sentivo indegna. E’ stato orribile. Un altro  brutto ricordo è legato anche al mio ultimo Sanremo, nel 2009. Benigni massacrò il testo della mia Ti voglio senza amore, facendomi passare per una donna di strada e mettendo in mezzo Berlusconi. Una “tirata” offensiva, vergognosa, organizzata. Mi telefonò una settimana dopo, chiedendo scusa a me e alla mia famiglia: l’ho perdonato, ma il ricordo di quel Festival è rovinato per sempre.

iva zanicchi videosaluto

 

Nel tuo libro, rispetto alla storia della tua carriera, ci sono un paio di “lacune”: una è legata ad una serie di album tematici che tu hai inciso negli Anni 70, che personalmente amo molto e che precorrevano i tempi…
Me ne sono resa conto a libro finito, perché ho voluto raccontare questa storia in modo non certo trionfalistico, e quindi non ho parlato di questi dischi che, pur non avendo ottenuto grande successo, erano album molto importanti. Per esempio Shalom è stata una ricerca molto approfondita: canti antichi e moderni del popolo ebraico. Poi un altro album ispirato a Garcia Lorca, e non dimentichiamo il long playing scritto da Teodorakis, da cui è tratto  uno dei miei più grandi successi, Un fiume amaro.  Sempre in quel periodo, io incisi per prima l’album con le versioni italiane delle canzoni di Aznavour, d’accordo con lui che le sue interpretazioni in italiano sarebbero uscite sei mesi dopo. Invece per i soliti dispetti tra editori, il mio disco ritardò, e il suo venne anticipato, quindi ha ammazzato le vendite del mio!

Di questi album, e in particolare di quello di Aznavour, non canta quasi mai nulla dal vivo: come mai?
Fondamentalmente perchè sono una gran pigra! E’ vero, ci sono tutte quelle canzoni irrinunciabili, i grandi successi di vendita, ma mi impongo per il prossimo anno, se Dio vorrà, di riportare in scena il mio spettacolo Una vita da Zingara, dilatandolo un po’ e con qualche modifica. Magari inserendo una coppia di ballerini e almeno una canzone per ognuno di questi album “dimenticati”. Pensa che ogni tanto mi chiama Tony Renis e mi sgrida perché mi ha scritto un pezzo stupendo, Nonostante lei, con testo di Alberto Testa, e io non lo canto mai.

Poi c’è stata la lunga parentesi televisiva, culminata con Ok, il prezzo è giusto. Ricordi il momento in cui è iniziata questa nuova carriera?
Tutto è cominciato con Johnny Dorelli che doveva riempire un “vuoto” in una puntata di Premiatissima e mi disse “Iva, dai… racconta qualcosa tu” e io feci un monologo che piacque molto. Poi mi chiamò Silvio Berlusconi a casa sua per propormi un programma. Io ero molto scettica, ma lui mi affascinò cantando e suonando  La vie en rose al pianoforte, così alla fine firmai il contratto praticamente senza leggerlo!  Con OK il prezzo è giusto invece, all’inizio doveva essere una cosa di qualche mese. Mi dissero: “Dai, prova… 3 o 4 mesi. Registri un po’ di puntate, le mandiamo in onda per 6 mesi e poi, se non va, torni a fare il tuo lavoro.” Questi 6 mesi sono diventati  14 anni. E’ vero però che nel frattempo non ho mai smesso di cantare. Facevo le mie tournée, le serate, ma il format di OK il prezzo è giusto era talmente forte che faceva un po’ dimenticare tutto il resto. È stato un grande successo che mi ha portata nelle famiglie, a contatto con la gente. Ancora oggi vedo delle ragazze e dei ragazzi sulla trentina che mi salutano gridando “100! 100! 100!”… una cosa che a me fa sempre molto piacere.

Iva zanicchi 1

Iva cantante, Iva conduttrice televisiva e siamo già al terzo libro di Iva scrittrice. Come nasce questa voglia di scrivere?
In realtà io ho sempre scritto. Per me è un modo per ricordare, per focalizzare alcuni momenti. Per anni ho tenuto dei diari, dei ricordi di viaggio, come quando andavo in tournèe in Australia, in Giappone, in luoghi lontani o affascinanti. Per me scrivere a volte è anche sofferenza ma è certamente liberatorio. Soprattutto in questo libro, in cui ho raccontato e rivissuto la mia infanzia, la mia terra, il rapporto con i genitori e con i nonni. E’ sicuramente una cosa che voglio continuare a fare!

Apriamo invece la finestra sul futuro: gira voce che stia preparando qualcosa di nuovo…
L’intenzione, l’interesse e la volontà ci sono. Un brano è già inciso, manca solo un featuring di Jay-Ax, che è sempre impegnatissimo e non è ancora riuscito a finire, ma dovrebbe essere pronto a breve. E’ un brano molto particolare, prodotto da Lorenzo Suraci che spero  lo faccia sentire in radio e che vada bene. E poi preparerò l’album.

Chiudiamo con una domanda “secca”: in tutti questi anni di carriera, qual è la canzone che avresti tanto voluto cantare e che non ti hanno proposto e qual è invece quella che hai inciso, ma che potendo avresti evitato…
Mah.. ce ne sono tante che mi sarebbe piaciuto fossero “mie”. Mi vengono in mente La voce del silenzio e L’immensità. Invece, una delle canzoni che ho cantato e che mi è sempre piaciuta poco è La felicità. Una marcetta del 1968 che mi fecero pubblicare in un periodo in cui avrei proprio voluto fare altro!

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Le due personalità di Mael: “Un po’ pazzoide, un po’ romantica” https://signoresidiventa.com/le-due-personalita-di-mael-un-po-pazzoide-un-po-romantica_cantanti-italiani/ https://signoresidiventa.com/le-due-personalita-di-mael-un-po-pazzoide-un-po-romantica_cantanti-italiani/#respond Wed, 30 Oct 2019 10:02:26 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=36037 In occasione dell'uscita di "People know", il suo Ep d’esordio, la cantante racconta cosa si nasconde dietro le sua musica e rivela quanto la sua carriera deve a Raffaella Carrà, sua coach al talenti The Voice of Italy

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Mael, all’anagrafe Elisa Maffenini, fin da piccola ha rincorso il suo più grande sogno: la musica. Originaria della provincia di Varese la sua energia e l’entusiasmo per le sue passioni l’hanno sempre accompagnata nel suo percorso di formazione e crescita. Nel 2008 ha partecipato, in qualità di cantante solista, a un tour organizzato dalla Disney. In seguito ha partecipato per tre anni consecutivi al programma Come Dire per tv nazionale Svizzera ed  è stata concorrente a The Voice of Italy, nella squadra di Raffella Carrà. Dall’11 ottobre è disponibile in tutte le piattaforme digitali People know, il suo Ep d’esordio che è stato anticipato dalla titletrack. Si tratta di 6 brani molto coinvolgenti e diversi tra loro, interpretati con grande intensità da una giovane artista di cui sentiremo sicuramente parlare. Abbiamo fatto una chiacchierata con Mael per conoscerla meglio e parlare con lei di questo disco e dei suoi progetti futuri.

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La prima domanda è una mia curiosità: Mael, da dove viene questo nome?
In tanti sono convinti che si componga con le prime lettere del mio nome e cognome, Elisa Maffenini, ma in realtà non è così. Questa cosa me l’hanno fatta notare dopo, quando il nome era già nato. Il nome Mael nasce infatti dall’evoluzione del nome della band con cui suonavo all’inizio della mia carriera, che ha subito varie metamorfosi e alla fine è diventato Mael.

E’ uscito da qualche giorno il tuo primo EP con sei brani inediti, tutti con ritmi e atmosfere diversi tra loro. Raccontaci un po’ come sono stati scelti, come sono nati…
In realtà non c’è un filo conduttore, i brani sono nati così, in maniera spontanea, naturale. La musica è del mio produttore, Giuliano Boursier, mentre i testi li ho scritti io. D’altra parte io sono un po’ così, ho mille sfaccettature: oggi sono quella pazzoide, domani quella tranquilla, poi quella romantica. Tutti i  brani del disco mi rappresentano e parlano tutti un po’ di me perché raccontano momenti particolari della mia vita.

Il singolo che anticipava l’album, quest’estate era Borracho de ti , cantata in spagnolo, mentre il resto dell’EP è in inglese: da cosa nasce la scelta di non cantare in italiano?
Ho scelto di cantare in inglese e in spagnolo e non in italiano perché amo le lingue e il mio progetto vuole avere un respiro internazionale non necessariamente legato alla mia lingua madre, anche se non escludo un giorno di cantare anche in italiano. Sono sempre stata attratta dalle lingue straniere che ho anche ampiamente studiato, infatti mi sono laureata in mediazione linguistica. Sono comunque affascinata dalla sonorità canora che ha la lingua inglese, secondo me la più musicale in assoluto. Infatti ho voluto fare anche la versione inglese di Borracho de ti, che è diventata Push me back, con un arrangiamento meno reggaeton.

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Borracho de ti è un brano dalle sonorità latine, e tu qualche anno fa hai partecipato a The voice of Italy nel team Carrà, che da sempre ha portato in Italia questo tipo di ritmi nella sua musica. Cosa ti ha lasciato l’esperienza di The Voice e, soprattutto, lavorare con Raffella, che è un monumento della musica italiana?
E’ stata una bellissima esperienza, a livello emotivo, di pubblico e di tutto: un’esperienza assolutamente positiva. Raffaella Carrà mi ha aiutato a capire che ci vuole ancora più grinta e convinzione in se stessi per fare questo mestiere. Lei poi è una che mette tutti in riga, che sa assolutamente il fatto suo: mi ha dato degli ottimi consigli di cui continuerò a fare tesoro.

Com’è nata in te la passione per la musica e quando hai deciso di volerne fare il tuo mestiere?
Probabilmente è nata quando ero ancora nella pancia della mia mamma! In famiglia sono cresciuta tra gente che faceva musica: mio padre suona la chitarra e mio fratello il pianoforte, ma io fin da piccola pestavo i piedi e dicevo che volevo fare la cantante!

A un primo ascolto, il tuo EP, per l’eterogeneità dei brani, mi ha ricordato in qualche modo i primi album di Whitney Houston: chi sono stati i tuoi modelli, chi ti ha ispirato mentre ti affacciavi al mondo della musica?
Che paragone altisonante, grazie!  Non so se posso parlare proprio di modelli, perché i gusti musicali cambiano e si evolvono. Ho ascoltato diversi generi, passando dai melodici come Celine Dion o Whitney Houston a quelli più Soul, come Aretha e Tina Turner, ma anche il rock degli AC/DC o i Guns and Roses.

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Hai già in programma una dimensione live per questi brani?
Ci stiamo lavorando. Ci sono talmente tante cose in ballo e dei tempi tecnici da rispettare, ma ovviamente io non vedo l’ora!

Canti in inglese, ma hai mai pensato al Festival di Sanremo?
Scherzi? Facendo questo lavoro in Italia, Sanremo è comunque una vetrina irrinunciabile. Ci ho già provato due volte: l’anno scorso sono arrivata alla finalissima di Area Sanremo e quest’anno ho proposto un brano alle selezioni, ma purtroppo ho appena saputo che non è passato. Ma non ci rinuncio! Prima o poi ci vediamo anche lì!

Infine, cosa ti aspetti domani dalla tua musica?
Vorrei che l’ascoltasse più gente possibile perché in ogni canzone c’è un pezzettino di me e quindi vorrei che andasse sempre più in alto e sempre più lontano!

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La mia battaglia contro la violenza sulle donne https://signoresidiventa.com/la-mia-battaglia-contro-la-violenza-sulle-donne_femminismo-donne/ https://signoresidiventa.com/la-mia-battaglia-contro-la-violenza-sulle-donne_femminismo-donne/#respond Fri, 03 May 2019 02:26:38 +0000 http://signoresidiventa.com/?p=4008 Con la sua associazione "Senza veli sulla lingua", l’avvocato anglo-italo-yemenita Ebla Ahmed negli ultimi quattro anni è riuscita a salvare centinaia di italiane e straniere maltrattate dai loro partner. Ma, dice, c'è ancora molto da fare. E le cronache di questi giorni lo confermano

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Con la sua associazione no profit Senza veli sulla lingua conduce una battaglia senza sosta contro la violenza sulle donne, un tema che purtroppo è di stretta attualità in queste settimane, coi giornali costretti a riportare notizie di stupri ignobili e particolarmente feroci ai danni di giovani donne indifese. Ma c’è chi non si arrende alla brutalità e lei è una di queste persone. Grazie al suo impegno quotidiano, l’avvocato anglo-italo-yemenita, Ebla Ahmed negli ultimi quattro anni è riuscita a salvare centinaia di donne italiane e straniere maltrattate dai loro partner. Perché spesso la violenza contro le donne nasce in casa ed è tremenda anche quando non finisce in prima pagina.


Ebla, la violenza di genere sta diventando una vera e propria piaga sociale: nel 2016 le donne uccise da un uomo con cui avevano avuto legame affettivo o famigliare sono state in tutto 120. Voi cosa fate di concreto per aiutare le vittime?

Chi si rivolge a noi riceve assistenza totalmente gratuita a 360 gradi. Abbiamo infatti un team di legali altamente qualificati, tra cui Alessia Sorgato, Daria Pesce e Massimo D’Onofrio, oltre a mediatori culturali, alla professional counselor Annalisa Cantù (che tiene anche una rubrica su Signoresidiventa: http://signoresidiventa.com/se-ragioni-troppo-non-ami-davvero/) e a psicologi, commercialisti, e perfino dentisti e chirurghi per la ricostruzione facciale. Inoltre disponiamo anche di alloggi in cui si possono rifugiare le donne la cui vita è in serio pericolo. Infine, siamo anche in grado di dare supporto economico a coloro non sono in grado di mantenersi da sole e le aiutiamo a cercare lavoro. Il nostro obiettivo è ridare una vita a queste persone facendole riappropriare della loro dignità.

L’altro vostro obiettivo dichiarato è quello di ottenere l’inasprimento delle pene. Ci spieghi meglio.
Siamo convinti che se ci fossero pene più severe, gli uomini ci penserebbero due volte prima di usare la violenza o, peggio, di commettere un omicidio. Anche i provvedimenti contro gli stalker non bastano. Il sistema normativo permette troppi sconti per chi si macchia di questi reati. Infine lo stato dovrebbe prendersi in carico il destino delle vittime che sono lasciate sole. Per esempio, che fine fanno i bambini la cui madre è stata uccisa dal partner?

Chi ha bisogno di aiuto come può contattarvi?
Basta andare sul nostro sito web www.senzavelisullalingua.com o sulla nostra pagina Facebook. Inoltre abbiamo aperto sei sportelli in diverse città italiane: due a Milano e gli altri a Roma, Rimini, Prato e Varedo, in Brianza.

Il Wall of Dolls di Milano, il muro delle bambole realizzate dalle associazioni che si battono contro la violenza sulle donne e da vittime della stessa violenza


Lei è musulmana. E’ per questo motivo che all’associazione è stato dato il nome Senza veli sulla lingua? C’è un riferimento alle donne islamiche che si coprono il viso?

No. Il velo è solo il simbolo del silenzio e dell’omertà di chi subisce le angherie del proprio partner senza fiatare. Ed è proprio questo velo che va sollevato e buttato via.

Siete operativi dal 2013 e finora avete salvato circa 400 donne. Si tratta solo di italiane o ci sono anche straniere?
Per la maggior parte si tratta di italiane. Le straniere rappresentano circa un terzo del totale, di cui la metà musulmana. Questi numeri dimostrano che la violenza non ha né razza né religione e smontano il luogo comune che c’è in Italia secondo cui i musulmani tratterebbero male le donne. Nell’Islam la donna è sacra.

Eppure nei Paesi Islamici la donna ha una posizione di inferiorità rispetto all’uomo. Suo padre era musulmano: che educazione ha ricevuto da lui?
Se le donne nei paesi islamici si trovano in condizioni di inferiorità, è colpa della politica, non della religione. Io, infatti, sono la dimostrazione che esistono le musulmane emancipate. Mio padre mi ha dato un’educazione molto aperta: mi ha sempre lasciata libera di fare quello che volevo e di professare la religione che più mi piaceva. Ero molto legata a lui. Dopo la sua morte, decisi di lasciare Londra dove stavo lavorando come avvocato matrimonialista per un importante studio legale e di ritornare in Italia per avvicinarmi ai miei nonni che vivono a Salerno.

Lei è una donna molto coraggiosa. In passato ha anche ricevuto delle minacce dopo aver pubblicato il libro L’amore ai tempi di Bin Laden, ma la paura non l’ha scoraggiata.
Sì. Ho raccontato di come le donne musulmane, nonostante le restrizioni a cui sono sottoposte nei loro Paesi, riescano a ritagliarsi degli spazi di libertà. Le mie parole non sono piaciute ad alcuni fondamentalisti pachistani che mi hanno minacciato. Ma io non temo gli esseri umani, ho timore solo di Dio.

Ha anche una figlia piccola, Aida, di due anni. Come fa a conciliare il lavoro in associazione con gli impegni famigliari?
Non è facile, ma ci riesco. Seguo tutti i casi personalmente e mi assicuro che tutte le donne che si rivolgono a noi vengano assistite con la massima attenzione e serietà. Per me la vita di queste persone è sacra.

 

Info: http://www.senzavelisullalingua.com/

 

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La favola di Silvia, diventata una scrittrice grazie ai suoi bambini https://signoresidiventa.com/la-favola-di-silvia-diventata-una-scrittrice-grazie-ai-suoi-bambini/ https://signoresidiventa.com/la-favola-di-silvia-diventata-una-scrittrice-grazie-ai-suoi-bambini/#respond Fri, 26 Apr 2019 02:51:42 +0000 https://signoresidiventa.com/?p=30579 Una maestra di Busto Arsizio ha pubblicato "Frullato", suo primo racconto per l'infanzia, che ben conosce, non solo perché mamma, ma anche per il suo lavoro. E agli adulti dice: "Se hai un sogno, non smettere di crederci"

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Non è mai tardi per scoprire il proprio talento. Silvia Speranza, insegnante di sostegno di scuola primaria di Busto Arsizio, in provincia di Varese, lo ha scoperto adesso ed è quello della scrittrice di favole. Che l’ha portata a pubblicare Frullato, storia di uno strano cucciolo che è un miscuglio di tanti animali: ha le unghie di un gatto, i denti aguzzi di un cane, le orecchie sempre all’erta di un lupo e la velocità di un puma, ma in realtà è… Un’identità da non svelare per non… spoilerare. Ma torniamo al talento.

Come lo ha scoperto, Silvia? E perché dedicarlo all’infanzia?
Lavorando nella scuola primaria, ho il privilegio di stare ogni giorno con i bambini che in quell’età conservano ancora lo stupore, il piacere e l’entusiasmo più limpidi e genuini. È un tempo in cui imparare a fare i conti con la scoperta delle proprie fragilità e a gestire i piccoli fallimenti e i conflitti. Il compito che spetta a noi “grandi” è quello di aiutarli a trasformare le difficoltà in punti di ripartenza per trovare il proprio equilibrio, la propria centratura per diventare ragazzi e poi adulti sereni. Ed è a loro e ai miei due figli, Andrea, di 14 anni e Anita, di 8, che penso quando un’idea, una “storia” inizia a svolazzare tra i miei neuroni canterini. Per lavoro e per passione leggo moltissimo e in modo onnivoro. Per diletto scrivo, da sempre. Da che mi ricordo ho sempre scritto tantissimo, anche se in realtà senza un fine preciso, senza una meta. Quando ero una bambina e poi una ragazza scrivevo, come molti, un diario ma mai in modo non metodico e spesso poi terminato un quaderno, dopo qualche tempo, lo buttavo e ne ricominciavo un altro.

Ma come è arrivata alla sua “opera prima”?
Non avevo mai pensato di pubblicare qualcosa. In generale ho sempre scritto un po’ ovunque, a scuola, sul treno, in giardino, in vacanza… Il rifugio dove rimettere ordine a questo turbinio di voci è la mia casa. Lì, riorganizzo le mie “visioni” e metto me stessa in ascolto delle parole cercando di restituire loro, il ruolo da protagonista. Poi, due estati fa, mentre ciondolavo per il mio giardino, ho scritto un racconto per bambini. A me è piaciuto subito per la sua carica ironica e un po’ dissacrante. Dopo averlo testato sui miei figli, e aver ottenuto la loro approvazione, ho pensato che forse avrei potuto tentare di mandarlo a qualche casa editrice. E così ho fatto. Con mia grande sorpresa, proprio quel Natale, la piccola casa editrice Zoo Libri di Reggio Emilia mi ha risposto accettando di pubblicare il mio racconto Frullato e di dare voce e corpo alla mia storia. Un’emozione grandissima! E ora che ho tra le mani il “mio” libro, mi sembra ancora un sogno. All’inizio di aprile sono stata alla Book Fair di Bologna per l’editoria dell’infanzia, un’esperienza fantastica ed arricchente. La scrittura e la lettura sono spazi aperti, sono delle Agorà dove ci si incontra, si dialoga, si scambiano emozioni, idee, esperienze, passioni.

Visto che parliamo di favole, qual è la morale non del suo racconto, ma della sua vita?
La morale è che non bisogna mai darsi per vinti. Non conta l’età, non contano gli ostacoli, le difficoltà, la fatica… Ciò che conta è la voglia di farcela, la propria carica, l’energia e la gioia che ci si mette nel realizzare un sogno, un’idea. Io poi sono un po’ fatalista. Se tutto va come deve, bene. Altrimenti, pazienza… Nel mio caso mi ero detta: comunque vada, mi sono divertita a scrivere questo racconto e se non lo pubblicherò potrò sempre leggerlo ai miei figli e ai miei bambini a scuola. Il mio pubblico Vip per eccellenza.

https://www.zoolibri.com/product-page/frullato

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Il manuale di Milly Carlucci: imparate da me a volervi bene https://signoresidiventa.com/il-manuale-di-milly-carlucci-imparate-da-me-a-volervi-bene/ https://signoresidiventa.com/il-manuale-di-milly-carlucci-imparate-da-me-a-volervi-bene/#respond Sat, 06 Apr 2019 12:00:20 +0000 http://signoresidiventa.com/?p=5479 Torna l'appuntamento con Ballando con le Stelle e con la sua bionda conduttrice. Che si è esibita in pista come scrittrice, per svelare il segreto della sua immutata bellezza e della sua perenne forma psicofisica. E tutto, assicura, parte dalla capacità di essere sempre in pace con se stessi. Ecco come si fa

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Torna l’appuntamento televisivo con Ballando con le Stelle e torna la signora del sabato sera, fronte Rai (dall’altra parte c’è Maria De Filippi): Milly Carlucci. La quale è scesa in pista come scrittrice, presentando Il meglio di te – Volersi bene per essere in forma (Sperling & Kupfer, 17,90 euro), in cui racconta i suoi segreti di bellezza e risponde alle domande più frequenti che le vengono poste dalle sue fan.


Milly, dalla pista di Ballando al libro… che paso doble! Insegni ad amarsi almeno un po’ e proponi i tuoi segreti di bellezza. E racconti te stessa.
Raccontare se stesi è molto imbarazzante perché sono una donna timida. All’inizio ero titubante, anche perché non sono né Manzoni né Camilleri. Ho allora deciso di scrivere un libro che fosse una chiacchierata tra amiche, con suggerimenti e tentativi, prove fatte prima su di me. Non è un manuale, sono confidenze tra donne.

Perché un libro sull’amore per se stessi?
Perché una domanda che mi fanno da 40 anni è come faccio a essere così magra e in forma. Lo dico una volta per tutte: mai guardare l’erba del vicino, perché ci sembrerà sempre più verde. Dobbiamo invece imparare a volerci più bene e a trovare la forza e l’energia per credere di più in noi.

Ma quanto è difficile volersi bene?
È molto difficile volersi bene. Purtroppo tutte quante noi attraversiamo nell’adolescenza un momento in cui ci siamo odiate, e risalire da quel buco nel quale per qualche motivo ci siamo andate a ficcare da sole è sempre problematico. A volte ci si riesce gloriosamente e si arriva a essere una donna perfettamente in armonia con se stessa, altre – e sono la maggior parte – no. E questo non dipende assolutamente da quanto tu sia bella o meno bella, alta o bassa, di successo o di non successo agli occhi del mondo. Conta il tuo sguardo su di te ed è lì che ci possono essere delle contraddizioni pazzesche.


Spesso lo specchio è più nostro nemico che amico…
Sì, spesso guardarsi la nostra immagine riflessa non coincide con l’idea che abbiamo di noi stesse. È da qui che bisogna partire: guardarsi allo specchio e accettarsi è un percorso lungo, ma utile.

Noi donne siamo sempre portate a guardarci in modo critico. E tu?
Anche io, moltissimo, e ammetto che lo scoglio non è ancora superato. Penso che nella vita non lo si supera mai totalmente. È un cammino nel quale un giorno capisci che sei quello che sei anche per tratti del tuo carattere che detesti. Ma che sei tu. Se tu nasci gatto, non puoi essere cane. Ti puoi vestire da cane, ma resterai sempre un gatto vestito da cane.

Qual è stato il tuo scoglio, il tuo “buco” nero?
La timidezza, che mi bloccava tantissimo. A un certo punto ho capito però che era una parte del mio essere Milly, era dentro la M, non lo potevo tirar via. E così mi sono detta: “Va bene, sono una timida, ora forza!” E così ogni volta parto alla carica. È uno studio che fai su te stesso negli anni. Conosco donne apparentemente non benedette dalla natura che poi hanno personalità così dirompenti da compensare questa loro partenza, da essere poi loro sempre al centro dell’attenzione, il punto di riferimento. Insomma, c’è sempre una via per ciascuno di noi, basta cercarla.

Un pregio e un difetto di Milly.
Oltre a essere una bambina timida, ero anche una bambina precisa, volitiva, che non si fermava mai di fronte alle difficoltà. Tutti questi lati positivi possono diventare anche grossi difetti ed essere cose che rompono chi ti sta attorno. Non puoi controllare tutto.


Il meglio di Milly…
Il mettermi continuamente in discussione. Ascolto le critiche, mi esercito nell’umiltà, non ho difficoltà a dire che ho sbagliato e a ricominciare da capo. Ci ho lavorato tanto…

Veniamo ai suggerimenti pratici per le nostre lettrici: come si fa, per esempio, ad essere belle in mezz’ora?
Innanzitutto, bisogna vedere in che stato sono i capelli. Se è possibile, raccogliamoli: così, se anche sono un po’ in disordine, non se ne accorge nessuno. Quando sono disperata, faccio la coda e indosso un Borsalino o un bel basco, che fa molto personaggio. Se uno non si vergogna ad andare in giro così, il gioco è fatto. Per quanto riguarda il trucco, ora che è estate, mi raccomando, truccarsi poco, perché con il sudore il rischio è sembrare dei mascheroni. Bastano il rimmel e un bel rossetto. E sempre un bel sorriso sulle labbra, che fa bene anche all’umore.

Qualche consiglio di salute?
Beh, sicuramente bisogna stare attenti con l’alimentazione e fare dello sport, a qualsiasi età. Un esempio di attività fisica è il salire le scale, ed è pure gratis. Fa benissimo, migliora la circolazione, lavora su femori e ginocchia – che fanno più male se non si muovono mai – e aiuta a rafforzare il calcio nelle ossa. E poi c’è il camminare, che fa benissimo.

Qualche consiglio di attività fisica?
Come dicevo, camminare e fare le scale innanzitutto. La mattina, appena sveglia, io faccio una ventina di minuti di esercizi per gambe, addominali e schiena, che è il mio punto debole. Se siete costrette a stare a lungo sedute per lavoro, ogni tanto alzatevi e sedetevi ripetutamente, facendo i famosi squat, che rafforzano le cosce. Bastano cinque  ripetizioni. Da sedute, contraete i glutei, vedrete che risultato… Appoggiate i gomiti al tavolo e unite le mani a preghiera, con i palmi l’uno contro l’altro. Terrete attivi i muscoli pettorali. Mettete poi tra le ginocchia, sempre da sedute, una pallina da tennis e stringete le gambe, pancia sempre in dentro, per 20 volte. E per le braccia? Bastano due bottiglie d’acqua in mano, sollevatele all’altezza delle spalle, poi verso il soffitto per quindici ripetizioni.

A livello di alimentazione?
Per colazione io mangio kiwi, pane di grano saraceno tostato con olio di oliva, una tazza di acqua calda con del limone spremuto, cinque olive. Per pranzo il mio cestino contiene una verdura, meglio se amara, saltata in padella con zenzero o curcuma, per stimolare il fegato, oppure una insalata di rucola, basilico e menta, pinoli, mandorle e noci, antiossidanti. Quindi proteine, pesce, carne bianca, uova o formaggi stagionati tipo parmigiano. A volte sostituisco la verdura con la frutta. Per cena, verdura cotta o cruda, pasta o riso saltati in padella con erbe aromatiche, zenzero o verdura.

Che cosa ne pensi della chirurgia estetica?
Per me non esiste un chirurgo che possa avere la mano di madre natura e del Signore che ci ha creato in armonia. Adoro invece la nuova medicina estetica, che non altera la nostra fisionomia e quindi ci aiuta a conservarci in modo più bello, armonico e naturale.

Hai dedicato questo libro alla tua mamma, che è stata la tua mentore, il tuo faro.
Le nostre mamme sono sempre un po’ il nostro primo modello. Poi alle volte noi vogliamo contraddire il modello materno ed essere un’altra cosa. Mia mamma è stata per me una preziosa fonte di consigli. Era una donna bella e luminosa… Io sono una sua pallida copia, perché l’energia e la forza di mamma erano incredibili.

Il suo più grande insegnamento?
Lei ci ha trasmesso questo senso di positività e di forza, del fatto che esistono sempre delle soluzioni. Mia madre era la donna delle soluzioni. Ogni volta che noi sorelle eravamo afflitte da qualche pensiero o problema, anche da adulte, era la telefonata a mamma che risolveva tutto. Lei ti diceva sempre: “Su, che sarà mai, andiamo avanti”. E questo è il senso della vita.

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La Ventura e Carraro si sono lasciati: “Ma ci vorremo sempre bene” https://signoresidiventa.com/la-ventura-e-carraro-si-sono-lasciati-ma-ci-vorremo-sempre-bene/ https://signoresidiventa.com/la-ventura-e-carraro-si-sono-lasciati-ma-ci-vorremo-sempre-bene/#respond Mon, 12 Nov 2018 04:27:30 +0000 http://signoresidiventa.com/?p=4045 La conduttrice e il produttore hanno annunciato su Instagram la fine del loro amore, postando un video in cui spiegano i motivi e le foto con i momenti più belli trascorsi insieme. E chiudendo con un bacio a fil di labbra

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E’ finita la storia d’amore tra Simona Ventura e  il produttore Gerò Carraro (figlio di Nicola, marito di Mara Venier). I due hanno annunciato l’addio in un video postato su Instagram dove entrambi esprimono l’amore che li ha legati in questi anni. Il tutto commentato dal post di Simona “I grandi amori non finiscono ma mutano… Storia della nostra vita insieme!”, illustrato da na serie di immagini dove sono ritratti insieme nei momenti più significativi vissuti insieme.


In sottofondo si ascoltano le note di Sei nell’animà di Gianna Nannini, e sullo schermo si vedono Simona e Gerò che, guardandosi negli occhi, si ringraziano a vicenda dei bei momenti vissuti insieme in questi sette anni, ma annunciano di voler mettere definitivamente un punto alla loro relazione.

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“Le grandi storie d’amore si possono definire tali perchè dopo la fine resta il rispetto. Il rispetto dovuto a un bel percorso, a una storia bella come la nostra”, dice Simona. E Gerò le fa eco: “Abbiamo deciso di interrompere la nostra storia, sapendo bene della stima e dei ricordi che terremo”. “Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre”, aggiunge la Ventura, «e continueremo a essere vicini per la nostra Caterina (la figlia adottata dalla conduttrice: n.d.r)”.
Poi un bacio sfiorato sulle labbra. The end.

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