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Cristian Stelluti: quando il cinema “Forse è solo mal di mare”

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Nel film in cui recita a fianco di Maria Grazia Cucinotta, Cristian Stelluti interpreta un pescatore tombeur des femmes, ma nella vita è innamorato solo del suo mestiere d'attore

Negli ultimi mesi, il lockdown per l’emergenza sanitaria ha contribuito alla diffusione delle piattaforme streaming video, che nel bene e nel male sono entrate sempre più nelle nostre vite. Questo mi ha permesso di riscoprire alcuni film che magari, per un motivo o per l’altro, mi erano sfuggiti al cinema, come nel caso di Forse è solo mal di mare una commedia delicata, molto ben recitata e girata in location fantastiche, inserita in questi giorni tra le novità di Amazon Prime Video. Questo film, in un periodo di negatività mediatica diffusa, ci regala un paio d’ore di serenità, di leggerezza, trasportandoci nell’atmosfera magica di Linosa, “sorella minore” di Lampedusa, meno contaminata dal turismo, che vive come in una bolla d’aria fuori dal tempo. In questo scenario si intrecciano diverse storie: quella di un fotografo affermato che per amore va a vivere sull’isola, ma che viene lasciato dalla moglie con una figlia adolescente e tutti i problemi connessi, quella di un’insegnante trasferita nella scuola locale che vorrebbe costruirsi una nuova vita lì e quella di un pescatore, giovane, bello e sfrontato che aspetta ogni anno l’arrivo delle turiste per tirar fuori le sue doti di tombeur des femmes. Per parlare del film, ma non solo, abbiamo incontrato l’attore che interpreta proprio questo personaggio, Cristian Stelluti.

Cristian Stelluti

Su Amazon Prime Video è da poco uscito Forse è solo mal di mare. Cosa pensi delle piattaforme streaming? Possono danneggiare in qualche modo il cinema?
“E’ una domanda complicata… il mio animo romantico ti risponderebbe certamente di si, i film nascono per il cinema e vanno visti al cinema, sul grande schermo e nell’atmosfera della sala. Indubbiamente però, possono essere un grande aiuto per diffondere il cinema indipendente: ci sono tanti film infatti, che a causa del budget ridotto, non possono permettersi promozione o distribuzione capillare e quindi inevitabilmente non raggiungono il grande pubblico. Queste piattaforme danno loro una seconda possibilità. Forse è solo mal di mare, quando è uscito al cinema lo scorso anno, non ha avuto grande successo, ma oggi, grazie alla diffusione digitale lo stanno vedendo in tanti e ogni giorno attraverso i social mi arrivano molti messaggi di gente a cui è piaciuto tanto! Il rischio, forse, è che, quando finirà l’incubo che stiamo vivendo, il pubblico si sarà adagiato e continuerà a guardare i film in TV disertando i cinema, ma voglio sperare che sia solo una mia visione troppo pessimistica”.

Parlami un po’ di questo film. Com’è nata l’idea, come è stato realizzato….
“L’idea è venuta al regista, Matteo Querci, circa dieci anni fa dopo una vacanza a Linosa. Nel tempo questo progetto continuava a girargli in testa, fino a quando un paio d’anni fa ha trovato un gruppo di industriali di Prato che hanno voluto finanziarlo e da lì è partito tutto. A causa di una malattia, Matteo ha dovuto passare la regia a Simona De Simone, che ha aggiunto un tocco femminile alla pellicola, regalandole forse quella delicatezza che la contraddistingue. Per le riprese, abbiamo trascorso quaranta giorni ininterrottamente sull’isola, in bassa stagione, praticamente senza cellulari e con pochissimi contatti con la terraferma, vivendo insieme con gli abitanti del posto. E’ stata davvero un’esperienza fantastica, e credo che questa cosa si percepisca dalle immagini”.

forse è solo mal di mare film

Come ti sei trovato sul set con i tuoi colleghi ?
“Come ti dicevo, abbiamo vissuto come in una “comune” per quaranta giorni: abbiamo parlato molto, camminato lungo la spiaggia, ci siamo integrati con gli abitanti del posto. Francesco Ciampi, il fotografo protagonista, Beatrice Ripa, la figlia adolescente, Annamaria Malipiero, la nuova insegnante, Orfeo Orlando e Barbara Enrichi: con loro siamo diventati un gruppo affiatatissimo! Anche Maria Grazia Cucinotta, che si è fermata solo qualche giorno con noi, non ha avuto certo l’atteggiamento da superstar, facendosi coinvolgere perfettamente dall’atmosfera. Abbiamo incontrato anche delle difficoltà a causa del mare grosso, per qualche giorno non sono arrivati approvvigionamenti e io, che sono vegano, mi sono ritrovato ad aprire le scatolette di fagioli! Per tutti gli altri invece, il pesce non mancava… ironia della sorte, visto che nel film interpreto un pescatore.”

Scopriamo un pò il tuo personaggio? Chi è Nino?
“Nino forse è il personaggio più “vero” del film ed è ispirato a un ragazzo che vive davvero a Linosa. Lui fa il pescatore tutto l’anno, un lavoro duro e faticoso, ma in estate, quando arrivano le turiste, tira fuori il suo fisico scolpito e un sorriso travolgente, si inonda di profumo per coprire l’odore del pesce che ha sempre addosso e parte alla conquista. Certo, per i modi un po’ rozzi, ogni tanto prende un “due di picche”, ma spesso raggiunge il risultato!”

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Adesso parliamo un po’ di te: hai fatto teatro, televisione e tanto cinema. Qual è la tua vera dimensione?
“Io di base sono un attore. Voglio recitare, e tendenzialmente non importa in quale situazione. Una volta, forse, potevi selezionare di più: c’erano gli attori di teatro che rifuggivano il cinema e soprattutto la televisione. Oggi purtroppo non è più così, l’offerta di lavoro non è più così ampia e tutti fanno tutto. Il paletto che però mi do sempre è di accettare solo cose che mi piacciono, che mi interessano. Rifiuto le proposte che non mi danno stimoli, possibilità di crescere e cerco di dare il meglio in qualsiasi situazione. Inoltre trovo che il teatro, benchè serva assolutamente da palestra, da scuola per un attore, col tempo ti lascia addosso la gestualità, le espressioni forzate, la voce impostata che attraverso la macchina da presa vengono accentuate e non funzionano”.

Hai fatto parte di due importantissime produzioni internazionali, Rush e Inferno, lavorando con personaggi del calibro di Tom Hanks e Ron Howard. Che differenze hai trovato tra questi set e quelli italiani?
“Le produzioni americane come quelle che hai citato sono enormi macchine che muovono contemporaneamente centinaia di persone con una precisione svizzera. Senza guardare in faccia a nessuno. Per esempio, si recitava a torso nudo, in t-shirt o in bikini per ricreare un gran premio che si corre in primavera, soffrendo un freddo incredibile visto che si girava in inverno, ma nessuno aveva nulla da obbiettare, anche se ogni tanto portavano via qualche ragazza in ipotermia (!). In Italia, anche sui set più importanti, spesso ci sono rallentamenti per personaggi che lavorano in modo un pò approssimativo, sia davanti sia dietro la macchina da presa. Ricordo che Ron Howard, sul set di Rush, girava in mezzo al cast e alle comparse relazionandosi in modo estremamente cortese ed educato con tutti. Qui invece, basta che un regista abbia azzeccato un filmetto natalizio e già si atteggia a premio Oscar”.

Un sogno nel cassetto? Un regista con cui vorresti lavorare?
“In Italia, metterei nell’ordine Garrone, Crialese e Sollima. Amo i loro film e mi piacerebbe davvero lavorare con loro. All’estero invece mi piacerebbe lavorare con un paio di registi giovani, Darren Aronofsky che ha diretto Il cigno nero e Nicolas Winding Refn, regista di Drive. Forse entrambi non sono particolarmente famosi, ma le loro pellicole sono estremamente innovative e interessanti”.

cristian stelluti

Un consiglio che daresti a un ragazzo che oggi vuole diventare un attore…
“Mi trovi in un momento un po’ negativo perciò non me la sento di dare la solita risposta “Credici sempre, insisti, lavora, studia e arriverà il tuo momento!”. E’ un lavoro che dà tante soddisfazioni, ma purtroppo ti fa collezionare molte più delusioni, tante porte in faccia, tante situazioni dove ti vedi scavalcare da qualcuno che si è mostrato per un mese in mutande in un reality, mentre tu studiavi giornate intere per quel provino. E’ un mondo che ti apre a fatica la porta per entrare e che spesso invece la spalanca a chi non ne avrebbe le capacità. Purtroppo non ci sono regole. Ognuno deve affrontare la situazione per come gli si para davanti: se ha la scorza per resistere, continua a studiare e va avanti, ma ci vuole davvero tanto impegno, tanta fatica e la forza per affrontare le delusioni”.

Per finire,  qual è il tuo pensiero in rapporto alla situazione attuale dei lavoratori dello spettacolo?
“Purtroppo credo che non sia il Covid ad aver ucciso il cinema o lo spettacolo in Italia. Certo, è stato un’ulteriore “mazzata”, ma, come diceva Barbareschi in Parlamento, negli anni 60 il cinema fatturava come l’industria metallurgica, ma in Italia non è mai stato considerato un’industria, è sempre stato visto come un hobby, un divertimento. Nel tempo non ci sono stati investimenti, interventi a sostegno, i teatri hanno continuato a chiudere, i film al cinema sono diventati sempre meno e in qualità discutibile. Oggi si acuisce purtroppo una situazione che andava avanti da troppo tempo e che, nel mio piccolo ho vissuto sulle mia spalle. Infatti, quando ero ragazzo e vivevo ancora con i miei genitori, mio fratello si alzava all’alba per fare il primo turno all’Ikea e mia madre salutandolo gli diceva “Buon lavoro”. Quando uscivo io, per andare a girare a qualsiasi ora del giorno o della notte, il saluto era “Divertiti!” (ride) …e questa, nel piccolo è, ahimè, la percezione che abbiamo in Italia del mondo del cinema. Ma speriamo di venirne fuori!”

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