RIFLESSI DI CINEMA

Quando Eva Kant è meglio di Diabolik

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Il mitico antieroe dagli occhi verdi, incorniciati dalla maschera nera, migra dal fumetto allo schermo e il risultato è quello di un film raffinato che non ci si aspetta

DIABOLIK

un film dei MANETTI bros.

con  Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastrandrea, Alessandro Roia. E con Serena Rossi, Roberto, Citran, Luca Di Giovanni, Antonio Iuorio, Vanessa Scalera, Daniela Piperno, Pier Giorgio Bellocchio. Con la partecipazione straordinaria di Claudia Gerini

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Grandi sfide e operazioni pericolose. Qualunque cosa tu faccia, ti criticheranno. Inevitabile quando si tocca un icona pop come Diabolik, il criminale creato dalle sorelle Giussani negli anni Sessanta in un mondo totalmente diverso da quello di oggi. Noi italiani non abbiamo il Dna degli americani della Marvel e neppure il loro sguardo spregiudicato e concreto. Noi italiani siamo dei romantici, abbiamo un grande passato che ha radici millenarie nei Greci e nei Romani, abbiamo provato tante volte a far cadere gli dei dagli altari, ma in fondo continuiamo a tenerceli stretti.

Certo, Diabolik non è un dio greco ma qualcosa del mitico antieroe nei suoi occhi verdi, incorniciati dalla maschera nera, fa parte della sua personalità. Le sue gesta assomigliano a quelle di Arsenio Lupin, alle rapine dei 7 uomini d’oro. Le maschere con cui cambia volto, le auto slanciate e aggressive, i grimaldelli e i congegni che gli aprono tutte le porte e gli salvano la pelle sono gli stessi di James Bond. Non basta, al criminale in calzamaglia nera era già stato dedicato un film, nel 1968, diretto da Mario Bava. Uno di quei prodotti italiani che piacciono a Tarantino, popolari, eccessivi, violenti, sexy, colorati. Molto italiani ma impacchettati con una ingenua patina internazionale.

Insomma, come fare i conti con tutto questo? Che strada prendere? I Manetti bros, registi geniali, colti, cresciuti a pane e cinema, hanno intrapreso una via molto raffinata, una sorta di rilettura filologica del mito: avete presente le riedizioni dei capolavori con traduzione a fronte e zeppi di note a piè di pagina? Alla produzione un uomo con la nobiltà nei lombi, Pier Giorgio Bellocchio, figlio di Marco. E c’è persino un consulente per gli anni Sessanta. Troppo per realizzare un film facile e divertente, gli americani non sarebbero mai stati così raffinati.

Anche per la storia si è scelta quella più estrema: l’arresto di Diabolik che ha pure una moglie e un’identità di comodo. Tutto molto accurato, ma anche una trama lineare quando oggi per i prodotti popolari l’indicazione è quella del pastiche sovradimensionato con rigagnoli secondari e complicazioni di ogni sorta. Eppure a me il film è piaciuto, proprio perché l’ho visto con freddezza, apprezzando la cura dei costumi, la geniale scelta delle location, le inquadrature pop da fumetto con lo schermo diviso come si faceva nel cinema degli anni 60, una cosa alla Modesty Blaise.

Questa raffinatezza ha coinvolto anche la scelta del protagonista, Luca Marinelli, bravo, lo ha dimostrato tante volte, ma troppo nevrotico per incarnare un criminale sexy: basta vedere il distacco glaciale con cui bacia Eva Kant per smettere di credere a tutta la storia e questo insomma non funziona proprio. Quello che invece funziona e alla grandissima è Miriam Leone, splendida credibile Eva Kant che ruba la scena al partner: il film avrebbe potuto e dovuto intitolarsi Eva. Quando c’è lei sullo schermo, tutto prende quota, ma la chimica con Marinelli è inutile cercarla. L’ispettore Ginko è Valerio Mastrandrea che riuscirebbe a essere Mastandrea anche interpretando un gladiatore della Roma imperiale.

Sembra quasi che registi e autori si siano lasciati intimidire dall’impresa e abbiano dato retta più alla ragione che all’emozione. Se avessero avuto più coraggio, se avessero sorvolato sull’esattezza semantica della ricostruzione, probabilmente il risultato sarebbe stato un film imperfetto ma più vero e caldo. Sconsigliato ai fan sfegatati di Diabolik, ma io credo che i più giovani potrebbero divertirsi di fronte a un prodotto così particolare.

Ultimo quesito: ma io a chi avrei affidato il ruolo di Diabolik? Non è facile rispondere, perché è un po’ come scegliere un nuovo 007, evitando di optare su scelte politicamente corrette. Il problema è che di uomini così, che credono a 360 gradi a loro stessi, al loro fascino e alla loro virilità non è che se ne trovino molti in giro. E’ un modello uscito di produzione, un po’ come le vecchie Jaguar e le fantastiche Aston Martin di un tempo.

 

 

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