
Il mondo fuggevole di Toulouse Lautrec, popolato dalle donne
Sono tanti i motivi per cui ci si innamora di un artista, e se vi raccontassi quelli che mi hanno fatto innamorare di Toulouse Lautrec fin da quando ero una studentessa del liceo artistico andrei avanti per ore, ma raccontandovi la straordinaria mostra che il Palazzo Reale di Milano gli dedica, sono sicura che anche voi non potrete far altro che amare colui che a mio avviso è uno degli artisti più comunicativi e innovativi di tutti i tempi .
Basti pensare alle sue celebri affiches, in cui l’originalità del tratto grafico, le linee impetuose, i tagli compositivi audaci, i colori intensi, piatti e squillanti applicati in modo omogeneo in superfici estese rendevano il manifesto visibile anche da lontano, facilmente riconoscibile al primo sguardo e soprattutto attraente per il potenziale consumatore. Certo, tutto questo ora ci può sembrare scontato, ma è anche grazie a queste opere di Lautrec che è nato il concetto di “pubblicità”. Come non riconoscergli quindi quella genialità e quel talento che pochi al mondo si meritano? Come non amarlo per questo?
Una genialità unica e incontestabile se si pensa che fu il primo a non rappresentare l’immagine come qualcosa d’immobile ma come un tema ritmico, che si trasmette nello spettatore e agisce a livello psicologico come una sollecitazione motoria. La pulizia formale e la grande modernità, lo portarono ad amare le tinte piatte e la loro conseguente applicazione attraverso la tecnica litografica. Ecco perché la maggior parte delle sue opere sono litografie che gli consentono, per l’appunto, di creare le variazioni necessarie applicabili alla pubblicità.
Il grande numero di opere esposte in questa mostra permette di conoscere a fondo questo straordinario artista, che ha trasformato il ritratto di soggetto in espressione d’introspezione psicologica. Sì, perché per lui, dipingere una persona non significava semplicemente ritrarla, ma incontrarla e raccontarla attraverso uno stile anticonformista ed estremamente innovativo, influenzato dall’arte orientale e caratterizzato da un dinamismo che Lautrec recupera dagli studi delle immagini cronofotografiche, che viste in successione creano un effetto di movimento.
Fateci caso: i suoi dipinti non sono mai ambientati in situazione di en plain air come nella pittura impressionista, ma hanno quasi sempre un fondo neutro, che Lautrec mutua appunto dall’arte orientale, continua fonte di ispirazione e punto di riferimento della sua arte. La scelta di dipingere spesso sul cartone grezzo è determinata dal fatto che per l’artista di Albi quello era il supporto più adatto per dar forza al carattere grafico.
Lo storico dell’arte Focillon, definisce Lautrec come uno dei più stupefacenti analisti del secolo e uno dei più virulenti poeti della femminilità moderna. Come non essere d’accordo? Non facciamo l’errore però di credere che la sua sia una pittura di getto e istintiva, perché in realtà i molti disegni preparatori prima dell’opera finale ci dimostrano che l’apparente semplicità dell’arte di Lautrec è invece frutto di grande elaborazione, che pone le sue basi negli studi classici effettuati dall’artista francese.
Le affiches
Proseguendo nel percorso espositivo arrivo nella sala dedicata alle affiches, che è un vero colpo al cuore. Poter vedere dal vero i grandi manifesti pubblicitari che ho studiato e analizzato sui libri decine di volte, è davvero un’emozione unica. Devono essersene resi conto anche i curatori dalla mostra, che non a caso per questa sala hanno realizzato un allestimento differente rispetto alle altre: qui le pareti su cui le opere sono esposte, abbandonano il rosso purpureo, diventano candide e sono posizionate in modo obliquo, così che entrando nella grande sala si ha l’impressione di ritrovarsi tra i muri delle strade di quella Parigi che furono il museo en plain air di Lautrec.
Complice il sottofondo musicale del French Can Can diffuso nella sala, ci si ritrova catapultati nella Montmartre di fine 800, dove Toulouse aveva scelto di vivere, per trovare la vera essenza di Parigi. I contrasti cromatici, anche questi mutuati dall’influenza dell’arte orientale, diventano il tratto caratterizzante di queste opere, create per promuovere le attività degli artisti dell’epoca, che Lautrec realizza portando all’estremo la semplificazione della rappresentazione delle forme, dando vita così a delle opere cariche di quell’essenzialità di cui è l’inventore, grazie alla bidimensionalità dei suoi disegni.
Ed è proprio la bidimensionalità ciò che porta Toulouse a essere un artista all’avanguardia, richiesto da tutti gli artisti che si esibivano sui palcoscenici dei piccoli teatri parigini e che, non dimentichiamoci, hanno ottenuto fama, successo e notorietà proprio grazie alle opere di Lautrec che, attraverso alle affiches, rende l’arte accessibile a tutti.
E’ così che mi ritrovo vis a vis con Aristide Bruant, la sua sciarpa rossa e la firma di Lautrec che proprio in quest’opera per la prima volta diventa il celebre monogramma; con May Belfort e i contrasti cromatici, possibili grazie ai solo quattro colori utilizzati, e poi la meravigliosa Jane Avril e il taglio obliquo del parquet del palcoscenico che tanto ricorda i quadri di Degas di cui Lautrec era un grandissimo ammiratore; per arrivare, infine, alla Goloue, morta obesa e in disgrazia e che qui Toulouse rappresenta con tratti essenziali, in un contesto in cui le luci sembrano lanterne e il pubblico ombre cinesi (ecco ancora una volta l’influenza dell’arte orientale). Rimarrei delle ore a respirare questa meravigliosa atmosfera e a guardare senza mai smettere tutte queste opere meravigliose che hanno segnato profondamente il mio gusto artistico, ma c’è ancora molto da vedere.
Mi sposto così nella piccola sala attigua dedicata alla ballerina Loie Fuller, e che, a mio avviso, è uno dei fiori all’occhiello della mostra perché rappresenta il misurarsi dell’artista con la pittura astratta. La bellissima serie di litografie del 1893 ritrae infatti la Fuller, non come una persona ma come un soggetto astratto, riconoscibile solo dal movimento e dall’utilizzo dei colori psichedelici, gli stessi utilizzati in scena dalla ballerina. Un ulteriore esempio di modernità e avanguardia da parte di Lautrec che con queste opere abbandona la necessità di riprodurre il reale.
Le donne
Non posso non soffermarmi sui soggetti femminili che per Lautrec rappresentavano l’universo. Dai ritratti classici esposti nelle prime sale, ancora influenzati dagli studi accademici e dal movimento impressionista, alle figure che nella loro essenzialità esprimono tutta l’intensità femminile, Lautrec ha passato la sua vita a ritrarre donne di ogni tipo e ceto sociale. Ciò che lo affascina è l’interiorità, non l’esteriorità e la sua fedele rappresentazione. E proprio perché quello che gli interessa è esprimerne l’essenza, la maggior parte delle donne che dipinge non sono mai riconoscibili, perché spesso ritratte di spalle o di profilo, spogliate dei tratti realistici e con un’attenzione focalizzata sui particolari. Entrando nella sala dedicata a Yvette Gilbert ne ho l’ennesima prova: per lei, Lautrec si inventa un personaggio caratterizzato da lunghi guanti neri, che diventano l’elemento cardine su cui si focalizza lo sguardo dello spettatore. Come nel celebre manifesto di Le divan Japones, dove la protagonista è posizionata sullo sfondo, ritratta senza testa e riconoscibile proprio dai lunghi guanti, mentre la quasi totalità dell’opera è rappresentata dalla figura di Jane Avril, che assistendo allo spettacolo della Gilbert introduce pubblicamente, per la prima volta nella storia, il concetto di testimonial.
Ma non si può parlare delle donne di Lautrec senza parlare delle ragazze delle maison close, che costituirono uno dei temi principali della sua arte e della sua vita e furono una fonte d’ispirazione costante, al pari delle artiste ritratte nelle affiches i cui volti esposti in questa mostra occupano un’intera sala.
Lo avrete capito, questa mostra mi ha davvero entusiasmato e se volete godervela ancora di più, vi consigliamo di prenotare la vostra visita attraverso Milano Guida: noi abbiamo visitato la mostra insieme a Valentina, che è una delle preparatissime guide di questa bella realtà culturale e che ci ha accompagnato lungo tutto il percorso espositivo raccontandoci con grande passione e competenza un Lautrec inedito e affascinante, che non potrà non emozionarvi.
IL MONDO FUGGEVOLE DI TOULOUSE LAUTREC
Palazzo Reale – Piazza del Duomo 12 – Milano
fino al 18 febbraio 2018
Orari: lunedì 14.30 – 19.30
mart. / merc. / ven. / dom. 9.30 – 19.30
giovedì e sabato 9.30 – 22.30 (il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura)
Biglietti: Intero: € 12 audioguida gratuita – Ridotto: € 10 audioguida gratuita
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