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SANREMO 2025: il giro di boa tra luci e ombre

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A metà Festival è tempo di bilanci: la direzione artistica di Carlo Conti snellisce il format e conquista il pubblico, tra ospiti emozionanti e qualche scivolone. Performance impeccabili, look audaci e classifiche imprevedibili animano un'edizione da record

Anche questo Festival è arrivato al giro di boa, quindi è il momento di un primo bilancio, che affronteremmo in tre punti: conduzione, cantanti e ospiti.

CONDUTTORE E CO-CONDUTTORI

Intanto la direzione artistica di Carlo Conti ci ha riportato una manifestazione più snella, agile, senza gli eccessivi fronzoli e le inutili lungaggini che avevano caratterizzato le ultime cinque edizioni, e questo è già un punto a favore. La scelta di portare la professionalità e la simpatia di Gerry Scotti e Antonella Clerici come co-conduttori della prima serata poi, è stata assolutamente vincente: un debutto che si presentava come qualcosa di ciclopico e ingombrante, con 29 canzoni da presentare, ospiti e quant’altro, scorre invece velocemente e chiude addirittura prima dell’ una e un quarto.  Unico momento di stasi, forse, la seconda parte dell’ospitata di Jovanotti che, partita in modo folgorante con un medley di hit travolgenti, si arena su un inutile dialogo con l’atleta Gianmarco Tamberi per concludersi con la presentazione di un brano inedito non all’altezza dei precedenti. Se si fosse fermato alla fine del medley, sarebbe stato assolutamente meglio… e si sarebbe risparmiata mezz’ora.

La seconda serata, malgrado un buon inizio con i ragazzi di Sanremo Giovani, prende però un pò l’andamento lento degli anni Amadeus. Le gag con Cristiano Malgioglio e soprattutto quelle con Nino Frassica sono lunghe e decisamente poco divertenti, ma funeste per il ritmo della trasmissione. In tutto questo spicca una Bianca Balti travolgente ed elegantissima che, come anticipato non fa Sanremo per parlare del male che l’ha colpita, ma in quanto top model in attività. Grandissima.

La terza serata parte con una Katia Follesa esplosiva che sovrasta completamente la bellezza di Miriam Leone e un’Elettra Lamborghini che non si capisce perché si trovi lì (e forse non lo capisce nemmeno lei…), ma comunque tra alti e bassi scorre piacevolmente e chiude come tutte le altre prima dell’una e mezza.
Per il momento Carlo Conti è promosso, come del resto fanno gli ascolti da record.

OSPITI

Emozionante, nella serata di martedì l’esibizione israelo-palestinese di Noa e Mira Awad che cantano Imagine. Da brivido. Anche in questo caso, nessun monologo e presentazioni ridondanti… dopotutto la musica parla da sé.
Il segmento Jovanotti, come ho già accennato, poteva essere forse gestito meglio o contenuto, ma l’apertura con le strade di Sanremo piene di batterie e percussioni è esplosiva, e la coreografia del medley con l’entrata all’Ariston è geniale.
Nella seconda serata Damiano David è l’unico ospite che brilla: torna all’Ariston dopo aver subito una metamorfosi totale e dopo aver messo in standby i Maneskin, regalando una versione meravigliosa di “Felicità” di Lucio Dalla. La canzone che presenta poi, circondato dai fiori di Sanremo e senza prenderli a calci, tratta dal suo primo album solista, benchè apprezzabile, lascia un po’ perplessi in quanto molto più in linea col genere dei Take That che con quello della sua storica band. Il resto della serata si perde poi tra bambini che suonano il piano e nugoli di attori che presentano fiction di RaiUno, come da tradizione, diventando la solita minestra annacquata. Anche gli ospiti del Suzuki stage in Piazza Colombo sono decisamente sottotono tra il vintage di Raf (che peraltro canta “Self Control” invece di una delle sue hit sanremesi) e l’inutilità di Big Mama e Ermal Meta. Il bambino prodigio che sa tutto del Festival (insopportabile), la Compagnia del Teatro Patologico  e l’immancabile cast di “Mare Fuori” sanciscono la battuta d’arresto della terza serata. Tutto bellissimo, ma perché a Sanremo? Ci sono dozzine di altri programmi dove accogliere questi personaggi, dove sarebbero sicuramente più contestualizzati rispetto a qui. Un’altra cosa che mi ha lasciato perplesso è che i Duran Duran sono stati presentati con la stessa enfasi del 1985, peccato che siano passati 40 anni e che oggi non se li fili più nessuno. Effetto nostalgia canaglia? Mai Premio alla carriera fu più meritato di quello a Iva Zanicchi. In dieci minuti sul palco asfalta tutto e tutti con una raffica di battute meravigliose… “Il premio alla carriera? Meglio da viva che da morta”; “È rincoglionito”; “E chi è il direttore artistico, tuo nonno?”; “Ma i fiori me li dai? Mettili sotto le ascelle”! Vi prego, non pagate i comici, chiamate Iva!

CANTANTI, OUTIFIT & CLASSIFICHE

Le performance dei cantanti in gara, pur con notevole supporto di autotune, sono quasi tutte inappuntabili, anche dal punto di vista degli outfit, in alcuni casi bizzarri ma sempre eleganti e ricercati. Ecco, poi magari certi “nude look” per gli uomini li riserveremmo a chi ha qualcosa da esibire: il ragazzetto pallido e magrino senza camicia o che ne indossa una di voile forse si poteva evitare. Detto questo, splendide Giorgia, Noemi (ma quanto mi è dimagrita?), Clara con le sue trasparenze ed Elodie avvolta nell’alluminio. Anche gli uomini hanno finalmente smesso di presentarsi sul palco dell’Ariston come se scendessero a buttare la spazzatura o a portare a spasso il cane. Una citazione particolare va ad Achille Lauro, che quest’anno dà una svolta importante sia a livello musicale, sia come immagine, abbandonando le stravaganze estreme per un look più sobrio ed estremamente elegante. Mi è piaciuto molto anche il cappotto di Irama, un po’ Capitan Harlock, preso poi scherzosamente in prestito da Gerry Scotti. I Coma Cose rappresentano il prodotto perfetto per l’Eurovision: la canzone, i personaggi e la coreografia della performance sembrano creati per quel contesto.
Sanremo Giovani se lo aggiudica Settembre, caruccio, pulitino, ragazzo della porta accanto che piace tanto a mamme e nonne. E’ molto giovane e ha tutto il tempo per fare cose migliori, questa “Vertebre”, a partire dal titolo, però non mi sembra memorabile. Per quello che vale, tra le altre canzoni in gara avevamo sentito di meglio, come la stessa “Rockstar” di Alex Wyse che si è scontrato con lui.
Le classifiche “randomiche” finali manifestano di nuovo la totale discrepanza dalle valutazioni delle giurie (nelle prime due serate) e del televoto (nella terza). Le giurie, assolutamente prevedibili, premiano un po’ l’intellighenzia del cast, senza tenere conto della potenzialità mediatica dei brani e del gradimento del pubblico. Il televoto ribalta quasi completamente le scelte.
Vediamo se sabato ci saranno sorprese o la canzone sulla mamma malata avrà raggiunto lo scopo.

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