ATTUALITA'

SANREMO 2025: tiriamo le somme!

di  | 
La serata delle cover conquista il pubblico con ascolti record, tra performance indimenticabili e scelte discutibili. La finale, invece, regala sorprese inaspettate con un televoto che ribalta le previsioni. Carlo Conti firma un Festival più snello e dinamico, mentre alcune esclusioni eccellenti fanno discutere.

Il sipario si è chiuso anche su questo 75° Festival di Sanremo, un’edizione che ha saputo coniugare tradizione e rinnovamento, tra momenti memorabili e qualche scivolone.  Tra performance sorprendenti e scelte discutibili, lo spettacolo non è certo mancato, così come le polemiche e le sorprese nelle classifiche finali.
Ecco il nostro bilancio di un Sanremo che ha saputo intrattenere, divertire e – perché no – anche far discutere.

SERATA COVER

E così anche questo 75° Festival di Sanremo ha chiuso i battenti, ma prima di commentare la finale e i vincitori di questa edizione, vorrei parlare un po’ della serata delle cover, che ha raggiunto livelli di ascolto da record. Intanto è ormai evidente che questa serata si allontana sempre di più dal Festival delle “Canzone italiana”, infatti i brani sanremesi proposti sono rimasti pochissimi, e di contro si è alzata notevolmente la percentuale dei pezzi stranieri, quindi stiamo andando sempre più fuori contesto. Comunque, se al pubblico piace vuol dire che va bene così. Detto questo, la serata vede un’apertura esplosiva con un’ospitata brevissima, quasi un cameo, di Roberto Benigni, che comunque lascia il segno e la co-conduzione di Geppi Cucciari e Mahmood. Geppi meravigliosa, esplosiva, ironica, a tratti caustica,  forse solo un po’ ingabbiata nei tempi stretti di Carlo Conti, che non si esime dal contestare, ma sempre esattamente come ce la saremmo aspettata. Come ce lo saremmo aspettato anche Mahmood in veste di co-conduttore: arreda, sicuramente un bel vedere, soprattutto quando abbandona i soliti outfit super trasgressivi e stupisce nell’elegante normalità di un total black, ma nella conduzione è impacciato, incerto… insomma, anche no. Si fosse limitato all’ospitata col medley centrale, forse avrebbe colpito di più.
Ma veniamo alle canzoni presentate in gara, decisamente eterogenee nella scelta e con risultati altalenanti.
Scriverò subito le cose impopolari, così me le tolgo. Non mi sono piaciuti né Cristicchi né Corsi. Simone Cristicchi abbiamo capito che non è un cantante con la “C” maiuscola già dalle sciape interpretazioni del suo tanto decantato pezzo in gara, ma qui, con la complicità della compagna, ammazza un capolavoro di Franco Battiato come “La cura”. La prossima volta punterei più in basso. Leggo e sento ovunque parlare di poesia pura per la versione di “Nel blu dipinto di blu” di Lucio Corsi con Topo Gigio. Io l’ho trovata pallida e piuttosto inquietante. Topo Gigio, che credo i più piccini abbiano già rimosso da tempo, l’avrei lasciato con Raffaella Carrà e “strapazzami di coccole” nella memoria di noi boomer. Mi ha fatto un po’ tenerezza Noemi che annaspava per tenere a galla la sua versione della iconica “Tutto il resto è noia” del mai dimenticato Califfo, con un Tony Effe che faceva di tutto per tirarla a fondo. Alla fine non ce l’ha fatta e son affogati tutti, canzone compresa. Ultima nota di demerito alla “Che cosa c’è” di Joan Thiele con Afrojack che non commenterò perché non trovo le parole, ma vorrei tanto sentire il commento di Ornella Vanoni.
Vediamo cosa invece mi è piaciuto, partendo dalle vincitrici, Giorgia e Annalisa che ci regalano una reinterpretazione di “Skyfall” di Adele da urlo: Giorgia dà il meglio di sé e Annalisa le tiene testa in un crescendo fino al finale davvero pazzesco. Anche i Coma Cose, con la loro nuova immagine super glamour, presentano una versione lenta de “L’estate sta finendo”, che io ricordo sul lato B del 45 giri, e che poi si scatena con l’ingresso del sax e il featuring di un molto appesantito Johnson Righeira, sempre però vocalmente apprezzabile. Marcella Bella non vuole dividere il palco con nessuno, quindi opta per due gemelli adolescenti che dovrebbero suonare il violino, ma non si sentono. Comunque la sua rilettura di uno dei più bei pezzi scritti dal fratello per Adriano Celentano, “L’emozione non ha voce”, lascia il segno. Sicuramente è sempre stato un suo rimpianto non averla portata in prima persona a Sanremo, e qui trova il suo riscatto. Benchè non ami particolarmente (anzi!) i tre incravattati tenorini del Volo, devo ammettere la loro versione di “The sound of silence” con Clara è riuscita particolarmente bene, così come la trascinante e un po’ urlata “Il pescatore” ripresa da Olly con il gruppo di Goran BregovichElodie e Achille Lauro sono la coppia fashion week della serata, elegantissimi e statuari reinterpretano in modo assolutamente personale Cocciante e la Bertè. Infine voglio citare “Quando” di Pino Daniele, riproposta da Massimo Ranieri con i Neri per Caso in un arrangiamento originale e difficile, che spicca nella stragrande maggioranza delle canzoni che avevano un po’ il retrogusto di un karaoke di lusso.

SERATA FINALE

La serata finale vede la co-conduzione più debole della settimana: Cattelan si conferma un personaggio completamente inadatto agli standard RAI, si aggira impacciato sul palco seguendo le istruzioni di Carlo Conti, agita le mani senza sapere dove metterle… insomma appare come il classico pesce fuor d’acqua. Di contro la Marcuzzi spinge su un’esuberanza e simpatia esasperate al punto di risultare una specie di caricatura della Hunziker comprata su Temu. Direi che non ci siamo.
Il momento ”Amadeus-style” della serata si manifesta a mezzanotte con dieci minuti dedicati al redivivo giocatore della Fiorentina Edoardo Bove che, sudando come Satana e continuamente imboccato da Carlo Conti, biascica quattro parole sull’importanza del primo soccorso senza azzeccare un verbo. Dopo aver preso fiato durante la pubblicità, presenta Elodie con lo stesso entusiasmo con cui si telefona al call center del SSN per prenotare una colonscopia. Speriamo almeno che non sia stato pagato.
Abbiamo parlato spesso dell’eleganza che è tornata a regnare in questo festival, fino all’apparizione di Antonello Venditti, che indossa una giacca probabilmente recuperata in un bidone giallo della Caritas. Inguardabile come i suoi capelli. Tra l’altro, non ci spieghiamo perchè Sanremo debba premiare la carriera di un’artista che col Festival non ha mai avuto nulla a che fare, salvo un paio di ospitate e aver scritto “Strade di Roma” per Zarrillo nel 1992. Scelte bizzarre.
Anche nelle ultime due serate i palchi esterni all’Ariston si confermano pressochè inutili, ospitando artisti non certo di punta dai Planet Funk a Benji e Fede che avrebbero voluto essere all’Ariston in gara, ma sono stati rimbalzati dalla direzione artistica.
Sorpresa! Rkomi alla 1.05 porta sul palco la mamma della canzone di Cristicchi che gli raccatta il cappotto. Momento magico.

LA CLASSIFICA FINALE

E arriviamo alle classifiche finali, dove ancora una volta il televoto scompiglia le carte, estromettendo dalla rosa dei cinque potenziali vincitori due nomi che si è sempre creduto che ne facessero parte quasi di diritto,  Giorgia e Achille Lauro. Il pubblico dell’Ariston e l’orchestra manifestano in modo decisamente eloquente il disappunto, tanto che Giorgia, richiamata sul palco a ritirare il premio TIM, visibilmente commossa, viene accolta con il coro da stadio “Giorgia hai vinto”. Ma tant’è.
Nella rosa rimangono tre nomi fortemente sostenuti dalle giurie, Corsi-Cristicchi-Brunori, ed entrano due outsider spinti dal televoto, Olly e Fedez. A questo punto diventa davvero evidente che il voto col telefono è davvero l’ago della bilancia e nel rush finale il sostegno adolescenziale a Olly ha la meglio (fortunatamente) sugli altri quattro.
Benchè non sia certo una canzone memorabile, “Balorda nostalgia”, quantomeno non ha l’effetto devastante che potevano avere le altre canzoni in lizza, che ci avrebbero riportati ai tempi della Piccola Orchestra Avion Travel. Il ragazzo ha una bella presenza, buca lo schermo, e il pezzo ha un minimo di potenziale radiofonico e nell’insieme sono quantomeno presentabili all’Eurovision Song Contest.
Sicuramente le canzoni che resteranno a lungo  in circolazione ed entreranno nella memoria collettiva di questo Sanremo non sono tra queste cinque, ma le troviamo scorrendo la classifica verso il basso, da Giorgia a Lauro, ai Coma Cose addirittura decimi, fino ai The Kolors o Rose Villain.
Un’ultima considerazione sulla classifica finale che vede la “quota vintage” di questo Festival relegata nella parte più bassa della classifica, anche a causa del fatto che il pubblico di questi personaggi storici non è avvezzo a televotare: forse sarebbe più elegante per tutti tornare alla modalità degli anni 90 per la quale venivano annunciati solo i primi tre classificati, senza esibire il risultato di tutti gli altri.

Per concludere ci sentiamo di dire grazie a Carlo Conti che ha saputo, contro ogni aspettativa, ridare dinamicità a una macchina mastodontica che ormai si muoveva lentamente e a fatica, oltretutto guadagnando anche in ascolti, cosa che dopo le beatificazioni date alla gestione precedente non era per nulla scontata. Pur con qualche critica che gli abbiamo mosso (ma altrimenti non sarebbe nemmeno divertente), sono state cinque serate assolutamente piacevoli, leggere e chiuse a un orario che ci ha concesso di non andare in ufficio il giorno dopo in after o di soffrire del jet-lag per una settimana. Confidiamo che l’anno prossimo si possa continuare così, e nel frattempo aspettiamo il giudizio del pubblico su queste canzoni.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.