RIFLESSI DI CINEMA

“La mummia”: quando l’horror diventa più che altro un orrore

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Malgrado la presenza di due star di Hollywood come Tom Cruise e Russel Crowe, gli sforzi della produzione e gli incassi da record al botteghino, il film di Alex Kurtzman mischia alla rinfusa troppi generi cinematografici. E alla fine lo spettatore esce dalla sala deluso e soprattutto esausto

 

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la-mummia-locandinaLA MUMMIA
di  Alex Kurtzman
con Tom Cruise, Sofia Boutella, Annabelle Wallis, Russell Crowe, Jake Johnson, Courtney B. Vance
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Capita di vedere un film e di restarne delusi. Capita di non avere voglia di scriverne. Capita di uscire dalla visione esausti per l’effetto roboante da accumulo. Poi, si dà un’occhiata al box office e si scopre che la suddetta opera ha fatto faville (soprattutto in Cina, ma su questo sorvoli).
Allora ti decidi, non prendi più carta e penna, ma ti siedi davanti al computer e cerchi di pensare e ragionare.
La mummia, dunque. Premessa: a me piacciono i filmoni d’avventura degli anni d’oro e sono una fan della rivoluzione degli Anni 70 e 80 che per merito di Spielberg, Lucas e molti altri ha promosso i generi e in senso lato tutti i B movie in orgogliosi, smaglianti prodotti di serie A, a volte anche de luxe, rinnovando e salvando l’industria del cinema nel suo complesso.


Quindi di fronte a un film come La mummia non sono prevenuta, anche se il 3 D (il film prevede la doppia opzione di visione) non mi entusiasma.
Però, però, però… Qui siamo di fronte a un immenso pasticcio che non ha neppure il garbo del pastiche ed è penalizzato dall’effetto “chi la spara più grossa?”, a cui parte del cinema hollywoodiano fa ricorso, terrorizzato all’idea di non essere “abbastanza”. Abbastanza spettacolare, abbastanza sorprendente, abbastanza accattivante, abbastanza moderno, abbastanza esplosivo da battere la concorrenza delle tv e della Rete.


Così la storia – tutto sommato semplice e tradizionale – del ritrovamento di un antico sarcofago egizio si inquina facendo ricorso a molti, troppi altri filoni.
Prima di tutto il ritrovamento è in Iraq, in zona di guerra, ambientazione che permette di aggiungere fra gli ingredienti la guerra, i trafficanti di reperti archeologici, i mercenari, i droni e la distruzione dei siti archeologici da parte degli integralisti islamici. E uno. Poi, la mummia. Che è una donna cattivissima (ma l’unica attrice in tutto il film con un briciolo di talento), mummificata viva grazie al mercurio, condizione che apre la porte a mettere in scena zombie, diavoli, maledizioni e trasformazioni degli umani ricorrendo a tutta la paccottaglia del genere, connotazioni vampiresche comprese.


Eppure gli sceneggiatori non sono ancora appagati, e così aggiungono in maniera assai incongrua e poco giustificata (tranquilli, si prevedono molti sequel) una chiesa in Inghilterra dove sono sepolti alcuni Crociati, custodi di un segreto collegato alla perfida regina egizia (ah, dimenticavo, il flash back egizio ha tinte da tragedia e da mitologia greca).
A questo punto pensi che gli sceneggiatori siano finalmente contenti e invece no. Perché entra in scena un’organizzazione segreta il cui capo si chiama –  toh, guarda tu! – Henry Jeckyll e ha la faccia bolsa di Russell Crowe che certo avrà le tasse da pagare, però… Covinti di avere un pubblico tonto, gli sceneggiatori si sentono in dovere di spiegare perché abbiano scelto il nome di Jeckyll e così trasformano l’inespressivo Russell Crowe nel perfido Hyde e hanno l’occasione di pescare a piene mani nelle mutazioni alla lupo mannaro, acon contorno di pozioni e iniezione portentose. Ah, scordavo: nelle teche della sua tana il medico pazzoide conserva sotto formalina creature misteriose e forse aliene, degne dei reperti dell’Area 51, contesto poco sfruttato, ma che potrà essere sfruttato nei sequel, ahimé.

Non voglio infierire e non continuo, cito ancora solo una scena di fuga di massa metropolitana con una mummia che si materializza nel cielo in una tempesta di nebbia e sabbia copiatissima dai catastrofismi dei film alla Independence day.
Eppure, eppure, il film ha incassato e il pubblico ha (quasi) sempre ragione: però, ditemi la verità, voi che siete corsi a vederlo, come avete fatto a non uscire dalla sala delusi e soprattutto esausti?

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