La rivelazione di “Nerve”: il Grande fratello siamo tutti noi
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NERVE
di Henry Joost, Ariel Shulman
con Emma Roberts, Dave Franco, Emily Made, Miles Heizer, Juliette Lewis
Nelle sale dal 14 giugno
Tratto dal romanzo: Nerve, di Jeanne Ryan, pubblicato in Italia da Newton Compton editori.
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Mentre guardavo Nerve, pensavo a un bel film del 1975, Rollerball. Molti di voi l’avranno visto: quello che io non ricordavo è che allora la data fantascientifica (come per il “1984” di Orwell e del suo Grande fratello) cadeva nel 2018, ovvero, per noi, domani. Per rinfrescarvi la memoria, il Rollerball, folle corsa sui pattini in un’arena – circo dove i concorrenti non risparmiano colpi, è lo sport che ha soppiantato tutti gli altri, l’unico capace di entusiasmare ed appassionare l’umanità del 2018, una umanità affrancata dalle guerre, dal bisogno e dalle malattie. La violenza controllata da un’entità più o meno dittatoriale, più o meno misteriosa, è un classico della fantascienza, dai romanzi di Ballard (che io adoro: tutti da leggere) al cinema, e qui mi limito a citare solo uno dei miei film preferiti, perché l’elenco sarebbe lungo, La decima vittima.
Il riferimento a un gioco prima seduttivo e poi letale può portare alla memoria tanti altri romanzi e film, ma anche qui mi limito a una sola citazione, The game, di David Fincher, con Michael Douglas e Sean Penn.
Mi tornavano alla memoria tutti questi riferimenti rafforzati dall’inquietudine che ci scorre nelle vene. Un’angoscia che ha molte cause, dalla crisi economica all’incubo terroristico, dall’immigrazione allo strapotere della Rete. Pensavo anche a un film di cui ho già scritto, The circle.
Tutta questa lunga introduzione per dire che la materia di riflessione non manca e che un film come Nerve, in fondo una storia che avrebbe anche potuto essere liquidata come un filmetto giovanile, acquisisce un significato molto intenso e provoca un conseguente impatto molto forte.
In sintesi, ecco la storia: Nerve, tratto da un bestseller popolare, racconta le vicende di un gruppo di adolescenti animato dalle inevitabili dinamiche di competizione. Ci sono le amiche, le invidie, la competitività, i ragazzi, la timidezza, ma tutto aggiornato ai tempi di Internet e mediato dalla protesi unica del mondo contemporaneo: l’iPhone, in cui sono concentrate tutta la nostra vita e le nostre relazioni con il mondo esterno.
Il gioco che dà il titolo al film, Nerve, nasce nella Rete e ha meccanismi molto simili a quelli di tutti i film e i romanzi che ho citato: ti iscrivi e scegli se essere spettatore o giocatore. Quel che segue è facilmente immaginabile. Ai giocatori vengono proposte sfide dapprima divertenti poi sempre più estreme man mano che la posta in gioco, i like ma anche le vincite, aumentano.
Adrenalina a mille, riprese concitate, angoscia crescente conducono gli sfidanti alla battaglia finale in cui uno solo può vincere. E ovviamente sopravvivere. Ma in questo caso, a differenza di quel che succede nella fantascienza classica, l’Anonimo che tiene le fila di tutto è al tempo stesso un’entità misteriosa e potente, ma anche tutti noi, riproducendo quella che è ormai la follia che della Rete sta contagiando un mondo in cui tutti siamo contemporaneamente controllati e controllori. Sto probabilmente dando al film più meriti e più significati di quelli che ha, perché se vogliamo analizzarlo da un punto di vista strettamente cinematografico non è niente di speciale, e potrebbe essere liquidato come una variazione in tempi di digitale di Mean girls.
Ma nessuno può essere immune da un contesto in cui stiamo facendo i conti persino con giochi come Blue Whale (che anche depurato dai fake resta un incubo) ed ecco che Nerve si trasforma in qualcosa sui cui interrogarsi. Per non cadere nella sfida finale e per non stare a chiedersi se sia peggio stare dalla parte degli spettatori o dei giocatori. La risposta, la tragica risposta è che non c’è nessuna differenza: spettatori e giocatori, carnefici e vittime sono perfettamente interscambiabili e forse è solo un caso stare su una barricata o sull’altra.
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