Visitate Dolceacqua dove nacque il femminismo
Come ogni paese che si rispetti anche Dolceacqua vanta un dolce tipico: è la michetta, che se nel dialetto milanese è il nome tipico attribuito al pane a forma di rosa, nel dialetto ligure ha tutt’altro significato e viene infatti attributito all’organo genitale femminile.
E voi direte: “Com’è mai possibile che a un dolce venga dato un tale nome?”
La storia della michetta è davvero unica, e non possiamo non raccontarvela.
Dolceacqua è uno splendido borgo medievale di poco più di 2000 abitanti situato nell’entroterra ligure. Nel XII secolo i Conti di Ventimiglia a cui apparteneva, fecero costruire un castello (tuttora visitabile) su uno sperone di roccia che domina la morbida vallata affinchè se ne potessero controllare gli accessi. Nel 1270 il borgo passò sotto il dominio dei Doria, ed è da qui che parte la nostra storia.
Il Marchese Imperiale Doria, divenuto Signore del Feudo, era un uomo spietato dedito a vizi di ogni sorta. Tra le tante crudeli iniziative che mise in atto, ce ne fu una che superò in scelleratezza tutte le altre. Per soddisfare la propria lussuria introdusse lo jus primae noctis ovvero si arrogò il diritto di trascorrere con le vergini spose la prima notte di nozze.
Viveva in paese una bellissima fanciulla di diciannove anni, Lucrezia, sulla quale il Marchese aveva più volte posato lo sguardo. Nel tentativo di sfuggire al barbaro editto, Lucrezia e il suo fidanzato Basso si sposarono in gran segreto. Ma nel corso dei festeggiamenti le Guardie del Marchese fecero irruzione, prelevarono Lucrezia e la condussero a Palazzo.
La storia narra che Lucrezia si difese con tutte le sue forze per sottrarsi al volere del tiranno: egli la rinchiuse nelle segrete nel tentativo di farle cambiare idea, ma la ragazza pur di non sottoporsi al suo volere, si lasciò morire di fame e di sete. Venuto a conoscenza della tragica morte di Lucrezia, il suo innamorato sposo, Basso, forte della solidarietà di tutto il paese meditò di vendicarsi: la notte del 16 agosto, con la complicità di una guardia, entrò nel castello nascosto su un carro sotto una balla di fieno, raggiunse la stanza del Marchese e puntandogli un coltello alla gola lo costrinse a promulgare un editto che annullasse lo jus primae noctis.
La notizia venne accolta con giubilo da tutto il paese, sebbene addolorato dalla scomparsa della povera Lucrezia, e le donne, per commemorare il suo coraggio, vollero realizzare un dolce e chiamarlo proprio Michetta. Corsero in piazza gridando: “ Omi, au, a michetta a damu a chi vuremu nui” (uomini, adesso la michetta la diamo a chi vogliamo noi), anticipando così di parecchi secoli quello che divenne poi il motto per eccellenza del movimento femminista.
Ancora oggi, il 16 agosto, Dolceacqua mantiene vivo il ricordo di Lucrezia perpetrando questa tradizione con la Festa della Michetta, in cui tutto il paese festeggia per gli antichi caruggi al suono della banda , tra bicchieri di buon vino Rossese, canti, balli, e ovviamente, le michette.
Ma Dolceacqua non è solo la Festa della Michetta. Appena arrivate non potrete che essere affascinati dallo spettacolare ponte romanico con un arco di 33 metri a “schiena d’asino” che si può percorrere a piedi e che collega le due parti del paese attraversate dal fiume Nervia. Particolarmente interessanti le architetture sia religiose che civili di impronta barocca: la chiesa di Sant’Antonio Abate che custodisce all’interno un polittico di Santa Devota di Ludovico Brera del 1515, la Chiesa di San Giorgio, risalente al X secolo e al cui interno vi sono le tombe di Stefano Doria (1580) e Giulio Doria (1608)
Il celebre pittore Claude Monet, trasferitosi nel 1884 per qualche mese nel ponente ligure, si innamorò di Dolceacqua realizzando ben quattro dipinti: “… il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza …” affermò il Maestro. Il borgo è assolutamente da visitare: è un tuffo nella storia, ma anche nell’arte, nelle tradizioni del passato, nel buon cibo e nell’ottimo vino Rossese.
Images credits: ROMANO SILIPIGNI
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