Abbiamo visitato la mostra “Caravaggio 2025” a Roma: vi raccontiamo, passo dopo passo, l’emozione di un incontro ravvicinato con i ventiquattro capolavori esposti che raccontano la luce, l’ombra e la verità di un genio che continua a toccare il cuore
I nostri passi rallentano mentre attraversiamo il grande cortile di Palazzo Barberini. L’aria è intrisa di attesa, il cuore un po’ stretto. C’è qualcosa di sacro in quel silenzio che precede l’incontro, qualcosa che somiglia alla soglia tra due mondi. Non è una mostra qualunque, e chi varca la soglia lo sente. È un pellegrinaggio nell’anima stessa della pittura. Qui, in queste stanze cariche di storia, torna a splendere una luce antica e inquieta che ha attraversato i secoli, carica di ombre e verità. È la luce di Caravaggio. E di un’esposizione che ha il sapore dell’unicità.
Sono passati esattamente settantaquattro anni da quel lontano 21 aprile 1951, quando nelle sale di Palazzo Reale a Milano, sotto la guida visionaria di Roberto Longhi, prende forma la prima storica esposizione dedicata a Michelangelo Merisi e ai suoi seguaci. Una riscoperta, una rinascita, un atto d’amore verso un artista allora dimenticato. Oggi, nel 2025, quell’amore si rinnova. Con una mostra-evento pensata per il Giubileo, “Caravaggio 2025” riunisce ventiquattro capolavori provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali. Un incontro irripetibile.
Narciso
L’ingresso nel percorso espositivo è un colpo al cuore. La prima sala accoglie i visitatori con un dipinto che è quasi un sortilegio: il “Narciso”. L’opera, con la sua atmosfera sospesa, rapisce chi guarda. Il giovane chino sull’acqua sembra specchiarsi anche nell’anima dello spettatore, invitandolo a un viaggio introspettivo tra luce e buio, tra apparenza e verità. Il riflesso è fragile, come la vita. Come l’arte di Caravaggio, sempre in bilico tra bellezza e disperazione.
I Bari
Nella stessa sala, “I Bari” mettono subito in scena il teatro umano che tanto affascina il Merisi. Due giovani truffatori, le carte, lo sguardo malizioso, la tensione trattenuta in un istante congelato. C’è già tutto: il realismo brutale, la narrazione tagliente, l’umanità colta nel suo lato più vero e ambiguo. Questo dipinto, un tempo gelosamente custodito a Palazzo Barberini, torna a casa. E con esso, la forza evocativa di una scena senza tempo.
Ritratto di Maffeo Barberini
Il percorso della mostra segue l’arco della vita e dell’opera di Caravaggio, dal suo arrivo a Roma intorno al 1595 fino alla morte drammatica a Porto Ercole nel 1610. A guidare i visitatori in questo viaggio ci sono capolavori raramente visibili, come il “Ritratto di Maffeo Barberini”, mai esposto finora. O come l’“Ecce Homo” recentemente riscoperto e ora finalmente tornato in Italia. E ancora, la prima redazione della “Conversione di Saulo” della cappella Cerasi, anch’essa difficilmente accessibile poiché conservata in una dimora privata.
Giuditta e Oloferne
Nella sala centrale spicca la celebre tela “Giuditta e Oloferne”. Qui il fulcro non è solo il gesto violento, ma l’urlo. Straziante, disperato, reale. Quello di Oloferne, colto nel momento preciso in cui la vita lo abbandona. La bellezza di Giuditta, serena e feroce, diventa il controcanto di quella morte. Ed è proprio con questo quadro che Caravaggio inaugura il suo stile tragico, scolpito nella carne e nell’anima, interrogando lo spettatore sul confine invisibile tra la vita e la morte.
Santa Caterina d’Alessandria
Poi c’è la “Santa Caterina d’Alessandria”, sontuosamente vestita, ritratta con un’intensità struggente. La modella è la stessa protagonista della “Maddalena” e di “Giuditta”, e ha forse il volto della celebre cortigiana di origine senese Fillide Melandroni. La tela rappresenta una svolta: qui, secondo il biografo Bellori, il pittore “ingagliardisce gli oscuri”, avviando il processo stilistico che lo porterà alla piena maturazione nelle opere della chiesa romana di San Luigi dei Francesi.
Flagellazione di Cristo
La “Flagellazione di Cristo” è senza dubbio tra le opere più importanti eseguite da Caravaggio a Napoli nel 1607: secondo quanto affermano le fonti, infatti, fu uno dei dipinti che decretò il successo del pittore nella città partenopea. Il dipinto è un capolavoro di luce e dolore costruito intorno alla bellissima e scultorea figura di Cristo il cui corpo, colpito ma fiero, emerge come una scultura vivente. La luce lo bagna, lo esalta, lo espone come un’ostia sacrificale incarnando l’umanità ferita e salvata.
Cena in Emmaus
Proseguendo, non si può non rimanere estasiati di fronte alla celebre “Cena in Emmaus”, che rappresenta il celebre episodio narrato nel Vangelo di Luca. Il dipinto venne eseguito da Caravaggio verosimilmente durante la sua permanenza nei feudi laziali dei Colonna, dove, nel 1606, si era rifugiato a seguito dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni. È un momento di rivelazione: Cristo benedice il pane, gli sguardi si intrecciano, l’emozione è palpabile. L’ombra e la luce danzano sulla tavola, sulle mani, sui volti. È una sacra quotidianità che rivela l’invisibile.
Martirio di Sant’Orsola
Infine, non possiamo non parlare del “Martirio di Sant’Orsola”, probabilmente l’ultima opera del pittore eseguita poco prima di partire per Roma nel 1610, viaggio che gli fu fatale e che diventa quindi il suo testamento pittorico. La scena è buia, salvo il volto della santa, illuminato come da una luna interiore a contrasto con l’ombra in cui sono avvolti i suoi aguzzini, tra cui spicca, illuminato dalla luce, l’autoritratto di Caravaggio che osserva la scena, catturato dal dramma del martirio: un autoritratto commosso e tragico. È l’addio di un artista che ha dipinto la vita con il sangue, la luce e la verità.
“Caravaggio 2025” non è solo una mostra. È un’esperienza che squarcia il tempo e svela l’anima. È una meditazione sulla luce che rivela e sul buio che cela, sull’istante eterno che solo la grande arte sa catturare. Di fronte a questi quadri, lo spettatore non è più solo un osservatore: è parte di un racconto, di un’emozione, di una vertigine. Caravaggio non si guarda, si vive attraverso il battito irripetibile della pittura più vera. E questa mostra, diventa il luogo dove il suo spirito torna a parlare. Con voce chiara, profonda, indimenticabile.
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CARAVAGGIO 2025
Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane,13 – Roma Fino al 6 Luglio 2025 Orari: dal lunedì al mercoledì 9:00-20:00
dal giovedì alla domenica 9:00-24:00 Prenotazione biglietti: clicca qui
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