
Gli “omini” di Keith Haring, ma non solo quelli
E’ sempre una grande emozione avere la fortuna di visitare la mostra di un grande artista. Che siate o meno appassionati di arte moderna, la straordinaria esposizione “Keith Haring – About Art”, allestita a Palazzo Reale di Milano è una di quelle mostre evento che vi arpiona l’anima, perché in ogni sala c’è l’anima dell’autore.
Attraverso le 110 opere esposte, si viene travolti dal significato e dalla profondità espressiva di questo geniale artista americano, ma il pregio di questa esposizione non è solo quello di mostrarci opere inedite, mai esposte in Italia e provenienti da molte collezioni private, ma soprattutto quello di mettere in luce il rapporto di Haring con la storia dell’arte.
Superate l’approccio banale e superficiale di chi vede in Haring solo l’artista degli omini dal tratto infantile, e approfonditene la conoscenza. Scoprirete così che il suo progetto fu quello di ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico e personale immaginario simbolico, che fosse al tempo stesso universale, per riscoprire l’arte come testimonianza di una verità interiore che pone al suo centro l’uomo e la sua condizione sociale e individuale.
Percorrendo le sei sezioni in cui è suddivisa la mostra (Umanesimo – Archetipi, miti e icone – Immaginario fantastico – Etnografismo – Moderno e postmoderno – Performance), conoscerete un artista impegnato nel restituire appieno le pulsioni opposte dell’uomo nel mondo, che testimonia associando il contenuto alla resa formale. L’importanza della storia dell’arte è presente e influenza ogni sua opera, tanto che a tale proposito afferma: “Sento che in qualche modo potrei continuare una ricerca e un’esplorazione che altri pittori hanno iniziato. Io non sono un inizio e non sono una fine, sono un anello di una catena”. A testimonianza di questo, accanto alle sue opere incontrerete quelle realizzate da Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Paul Klee, ma anche i calchi della Colonna Traiana, le maschere delle culture del Pacifico, i dipinti del Rinascimento italiano ed altre ancora.
Sì, perché è proprio osservando le opere di chi l’ha preceduto, che Haring realizza il suo immaginario fantastico, attraverso il quale costruisce il suo stile personale, ricco di simboli densi di significati. Non a caso è un grande ammiratore di Hieronymus Bosch, il più visionario pittore della tradizione artistica a cavallo tra 400 e 500, al punto di realizzare una gigantesca opera ispirata proprio a “Il giardino delle delizie” del pittore olandese.
Se osservate con attenzione alcune delle opere esposte, vi renderete conto che anche la scoperta di Picasso influì enormemente sulla sua produzione. Nella multiformità d’espressione dell’artista catalano, Haring riconobbe infatti quella stessa frenesia espressiva che lo indusse a sperimentare la sua arte ininterrottamente attraverso qualunque mezzo: pittura, scultura, disegno. Diceva: “Penso di essere nato artista, penso di avere la responsabilità di riuscirci. Ho imparato studiando la vita di altri artisti e studiando il mondo. Adesso vivo a New York City, che a mio parere è il centro del mondo, e il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Disegnerò il più possibile, per tutte le persone possibili e il più a lungo possibile. Disegnare è fondamentalmente sempre la stessa cosa: dai tempi della preistoria, unisce l’uomo e il mondo, vive attraverso la magia”.
Lungo il percorso espositivo, scoprirete poi, che se l’influenza della pop art fu indubbiamente importante, a differenza di Warhol e Lichtenstein, Haring non guardò mai ai fumetti per appropriarsene. Il concetto di copia e riproduzione seriale era estraneo alla sua poetica, a interessarlo era invece lo schema narrativo del fumetto, non l’immagine estrapolata e ripresa singolarmente decontestualizzata. Per questo motivo gli è sempre piaciuto definirsi uno story teller .
Lasciatevi travolgere dalla sua arte come espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo, ma soprattutto lasciatevi conquistare dai pensieri, dal cuore e dall’anima di colui che prima di essere artista era un uomo e che come tale usava nella sua arte l’elemento umano, rappresentandolo nella sua essenza attraverso un tratto grafico semplice, ma denso di significato.
Alla fine della visita sarete felici di averlo conosciuto meglio, proprio grazie alle sue opere, alle quali raramente dava un titolo, perché diceva: “Dipingo immagini che sono il risultato delle mie azioni personali, lascio ad altri il compito di decifrarle, di capirne i simbolismi e le implicazioni. E’ responsabilità dello spettatore o dell’interprete che riceve le mie informazioni farsi le proprie idee e interpretazioni riguardo”.
KEITH HARING. ABOUT ART
Milano, Palazzo Reale
Fino al 18 giugno 2017
Orari:
lunedì: 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
giovedì e sabato: 9.30-22.30
(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)
Ingresso:
Intero € 12 / Ridotto € 10 / Ridotto scuole € 6 /
Biglietto Famiglia: uno o due adulti € 10 a testa, bambini fino a 5 anni gratuito, bambini da 6 a 14 anni € 6
Siti internet:
www.palazzorealemilano.it
www.mostraharing.it
Fabio Pirrotta
8 Marzo 2017 at 8:38 pm
Perfetto e ineccepibile: grande articolo per un grandissimo autore