RIFLESSI DI CINEMA

Una Principessa Sissi che vi sorprenderà

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Un film libero, femminile e anarchico, dove ogni inquadratura ricerca  la purezza e l’essenzialità che restituisce l'immagine dell’imperatrice Sissi lontana anni luce dalla sdolcinata iconografia in cui è stata sempre ingabbiata

Il corsetto dell’imperatrice

un film di Marie Kreutzer
con  Vicky Krieps  _____________________________________________________________

Quanta libertà può permettersi un autore nel raccontare un personaggio storico?  Secondo me una libertà totale, muovendosi nel più ampio spettro della sua creatività, mettendo in campo l’empatia e ogni emozione personale. Un autore infatti opera nel mondo della fantasia e non deve rispettare gli obblighi dello storico, un regista può fare appello a tutta la sua inventiva perché sta plasmando un film, non sta girando un documentario e neppure sta scrivendo un saggio. Ecco perché mi è piaciuto moltissimo il ritratto che Maria Kreutzer ha fatto di Elisabetta d’Austria, conosciuta da tutti come la principessa Sissi, che negli anni Sessanta aveva avuto sullo schermo con grande successo il volto delicato e capriccioso di Romy Schneider.

Marie Kreutzer si impossessa del personaggio di Sissi e lo racconta a modo suo, percorrendo la stessa strada battuta in passato da Sofia Coppola nel suo ritratto pop di Maria Antonietta o come ha fatto più di recente Susanna Nicchiarelli in Miss Marx, il bellissimo film sulla figlia del padre del comunismo. Anche la regista austriaca sceglie un’interpretazione molto personale, raccontando l’imperatrice Elisabetta d’Austria, moglie di Francesco Giuseppe, in un momento delicato della sua vita, quello del suo quarantesimo compleanno, nel 1877. Un giro di boa fatale per una donna dell’Ottocento, ancora di più per un personaggio iconico come lei, considerata una delle aristocratiche più belle del mondo, fonte di ispirazione per la moda e per gli artisti.

Sissi è insofferente alle regole, ma deve far fronte al suo ruolo, non può permettersi di invecchiare e neppure di perdere fascino, il simbolo della sua bellezza è il vitino da vespa e per conservarlo, visto che è tanto importante nelle occasioni pubbliche, deve far stringere sempre più il suo corsetto, a costo di non respirare, rischiando di svenire, accettando di non mangiare nulla perché così sacrificata dai lacci vomiterebbe. Del resto il cibo per lei era un optional, anoressica ante litteram, come le sante e le martiri, in una sorta di percorso di allontanamento da tutto quanto è materia. Tutto nella sua vita diventa eccentrico, neanche i figli capiscono la sua ribellione, più di tutte la bambina che guarda con stupore a ogni colpo di testa della madre, che fuma persino in pubblico, uno scandalo all’epoca.

Deve trovare il modo di sopravvivere e lo fa come può, cercando conforto presso antichi corteggiatori, rifugiandosi fra le braccia dell’adorato cugino Ludwig che, omosessuale, ha ancora più problemi di lei nel mondo ingessato e rigoroso dell’aristocrazia. L’imperatore Francesco Giuseppe non capisce la moglie, ne sopporta i capricci, si sottomette alle sue piccole follie mentre lei si dà da fare per trovargli qualche amante che possa sostituirla nel letto.

La principessa è attratta dal dolore e dalla follia, fa visita ai  feriti di guerra, si attarda nei manicomi, ma non riesce a trovare il suo posto nel mondo. Finché non si ribella. Lo ha fatto davvero? Lo immagina solo la regista? Di sicuro avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto obbligare la dama di compagnia più fidata a sostituirla nello occasioni ufficiali, nascosta da una veletta, stretta ancor di più nel corsetto e costretta a nutrirsi solo di te. Liberando così Sissi che può finalmente ingozzarsi di dolci. Solo un sogno? Forse lo sono anche le iniezioni di eroina che il medico le prescrive per lenire il mal di vivere. La sostanza di sintesi era stata scoperta da pochi anni e in effetti veniva utilizzata come analgesico, visto che se ne ignoravano i devastanti effetti collaterali.

Un film libero, femminile e anarchico, dove ogni inquadratura ricerca  la purezza e l’essenzialità, gli ambienti sono disadorni, come il set di uno spettacolo teatrale d’avanguardia, i gesti misurati, i viaggi dell’inquieta principessa raccontati per veloci puliti fotogrammi, quasi impressionistici.

Vicky Krieps, già sottile carnefice di Daniel Day Lewis in Il filo nascosto, si cuce addosso i panni di Sissi con un misto di empatia e crudeltà, facendo un ritratto fiammeggiante e tragico al tempo stesso, restituendo un’immagine dell’imperatrice lontana anni luce dalla sdolcinata iconografia in cui è stata sempre ingabbiata.

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