La commedia umana di un passato quanto mai attuale
Illusioni perdute
un film di Xavier Giannoli
con Benjamin Voisin, Cécile De France, Vincent Lacoste, Xavier Dolan, Salomé Dewaels, Jeanne Balibar, André Marcon, Louis-Do de Lencquesaing, Gérard Depardieu, Jean-François Stévenin
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Una storia nella Parigi del 1820 che sembra ambientata oggi. La prima domanda che ci facciamo guardando il meraviglioso film di Xavier Giannoli è quanto abbia manipolato l’originale romanzo del grande Balzac. La risposta è semplice: pochissimo. La Commedia umana di una Francia che voleva dimenticare la Rivoluzione e restaurare il viziato potere aristocratico assomiglia in modo inquietante al mondo di oggi. Un po’ perché le emozioni umane non cambiano troppo col passare dei secoli, un po’ perché il potere dei “media” stava nascendo proprio in quegli anni, con tutto il suo corredo di falsità e corruzione che solo uniti portano al potere.
Potreste anche smettere di leggere la recensione e precipitarvi a vedere il film che è fantastico, ricco, divertente, intelligente, scritto benissimo e recitato ancora meglio da quattro generazioni dei migliori attori francesi. Insomma, promosso a pieni voti su tutti i fronti, un’opera che coniuga la tradizione e la modernità, che sprizza intelligenza, vivace, piacevole fino all’ultimo fotogramma, che fa venire voglia di rivedere il film per quanto è ricco e di (ri)leggere Balzac.
L’eroe di cui seguiamo le gesta è il giovane Lucien Chardon, de Rubempré da parte di madre ed è questo il cognome con cui si presenta perché ai quarti di nobiltà ci tiene, convinto che gli possano aprire le porte del bel mondo. Vuole fuggire dalla campagna di Angoulême dove lavora come tipografo, scrivendo poesie appena ne ha il tempo: il suo sogno è diventare scrittore. Innamorata dei suoi versi è Madame de Bargeton, sposata a un uomo molto ricco e troppo vecchio per lei. Sarà lei a incoraggiarlo e ad aiutarlo a trasferirsi a Parigi, diventando la sua amante.
La ville lumière offre tanto ma ruba anche molto e Lucien, bello ma ingenuo, passa dai fasti alle disgrazie, si fida di chi non deve, si destreggia nei salotti mentendo e seducendo, perde la testa per un’attrice plebea e si picca di farla diventare una diva del gran mondo. L’aristocrazia lo accoglie, lo manipola e poi lo butta via e Lucien deve trovare il modo per essere ancora importante e sarà così che scoprirà il potere del giornalismo.
Aiutato da compagni di cordata più smaliziati, comincia a scrivere per una delle tante gazzette dell’epoca, pronte a pubblicare qualunque articolo purché faccia scandalo. E quindi soldi. C’è differenza fra i giornalisti corrotti della Parigi durante la Restaurazione e i blogger/influencer di oggi? Non molta, visto che il fine per ambedue è lo stesso: successo, soldi, potere. E chi se ne frega di un’informazione corretta o di notizie verificate.
Lucien accetta i compromessi, ascolta Dépardieu, editore senza scrupoli che non sa neppure leggere ma sa fare quattrini, si destreggia fra dame disposte a farsi corteggiare ma pronte subito dopo a infierire, senza neppure cambiare espressione. Illusioni perdute in certi momenti ricorda L’età dell’innocenza per come apre le porte alla modernità. Con fastose scenografie e tanti bravissimi attori il film catapulta lo spettatore nei salotti più raffinati, nelle cene luculliane, in mezzo ai pettegolezzi più spregiudicati e fra i letti dove si consumano amori quasi sempre interessati. Forse è la Commedia umana, così come ha saputo raccontarla Balzac con fiumi di inchiostro, lo stesso che si vede nel film: parole, fogli su fogli, libri, poesie, resoconti, critiche feroci e strumentali. Insomma il mondo della cultura e dello spettacolo come ancora oggi domina il mondo e che spesso ha la meglio anche sulla politica. Tutto si può comprare, tutto si può vendere e quanto alle buone intenzioni lo si sa, servono solo per lastricare le vie dell’inferno.
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